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di Niccolò Zancan

La Stampa, 11 febbraio 2024

Divise da guerra e croci celtiche in 4mila al raduno dell’ultradestra a Budapest: “Salis? Una terrorista”. Ma la contro-manifestazione la acclama e Tajani chiede conto del murale in cui è stata ritratta impiccata. Il primo a arrivare si chiama Gjula. Ha 54 anni, dice di essere un allenatore. Allenatore di cosa? “Lotta tattica armata”. Cosa pensa di Ilaria Salis? “È una terrorista”. Non è una terrorista. “Sì, ha scelto di picchiare alle spalle. È giusto che stia in carcere. Questa è la nostra legge. Deve essere condannata qui. Io quando sono stato a Roma non ho mancato di rispetto agli italiani”. Quali sono le sue idee politiche? “Estrema destra, sono un patriota”.

Cosa significa? “Sono per l’ordine”. Cioè? “Voglio che a Budapest arrivino i turisti, non i migranti”. E poi, cos’altro vuole? “Voglio una città pulita, dove le mie figlie bionde con gli occhi azzurri possano camminare liberamente”. La offende essere definito nazista? “No, non se la parola deriva da nazional socialismo”. Cosa ne pensa del muro costruito da Viktor Orban al confine con la Serbia? “Ha fatto un buon lavoro. Ma il mio amico Andras, qua a fianco, dice che mettere delle mine sarebbe costato molto meno”. I due sorridono sotto il pennone da cui sventola la bandiera ungherese. E quel sorriso d’intesa, quell’attimo, è qualcosa che fa gelare il sangue persino di più delle parole appena pronunciate. “Oggi saremo almeno in quattro mila”, dice l’allenatore di lotta tattica armata. “Patria e onore”, c’è scritto sul suo berretto nero. Quattro mila persone? “Vedrete, saremo anche di più”.

L’appuntamento è in cima alla collina di Buda, davanti al palazzo dell’ex museo di storia militare con questa incisione sulla facciata: “Per la patria fino alla morte”. Diventerà la sede del Ministero degli Esteri. Qui si stanno radunando centinaia di estremisti da tutta Europa per il “giorno dell’onore”. È quel giorno che ricorda la fine dell’assedio dell’Armata Rossa alla città di Budapest nel 1945. “Quando i nostri soldati si sacrificarono per non arrendersi ai russi. Ottocento sopravvissuti su ventimila”. Chi parla, adesso, è un professore di Storia, arriva da un paese che si chiama Esztergom. “Non sono nazista, la mia ideologia è la destra cristiana. Questa giornata serve a ricordare. Il popolo ungherese ha combattuto fino alla fine. Erano ragazzi. Erano stati arruolati per difendere la nostra patria”. Cosa farete? “Partiremo da qui e marceremo nei boschi, dormiremo fuori, ricorderemo i nostri soldati”.

Sembra un incubo. Arrivano vestiti con le mimetiche, hanno celtiche al bavero, divise da guerra, stemmi della Repubblica di Weimar. Gli elmetti e le bussole. Le racchette per camminare nei boschi e le borracce d’epoca. C’è anche una donna con il vestito da infermiera delle SS. Hanno travestito da gara campestre e rievocazione storica un’adunata di nazisti. “Io vengo dalla Germania, questo è tutto quello che devi sapere”, dice con gli occhi che spuntano da un passamontagna nero un uomo di mezza età. Germania, Svizzera, Romania. Alcuni all’Italia: “Dal Veneto”.

Tutta la collina di Buda è circondata da poliziotti schierati. Perché giù, da “Via dell’assedio” sta risalendo il corteo di chi non vuole che tutto questo passi sotto silenzio. È metà pomeriggio. Su uno striscione c’è scritto: “Stop nazi glorification”. Urlano insieme: “Noi siamo antifascisti!”. Il coro è in italiano, ma sono ragazze e ragazzi europei. “Lo facciamo per Ilaria. Per chiedere la sua liberazione”. Adesso gridano il suo nome: “Ilaria, Ilaria!”. Ilaria Salis aveva preso parte a questa stessa manifestazione nell’edizione del 2023. Un ragazzo al megafono: “È importante essere qui al castello di Budapest. Non lasciamo le piazze a loro. Da Riga, Sofia, Dresda. Lottiamo insieme. Non c’è mai stato così tanto bisogno di antifascismo”.

È per gli scontri e per i pestaggi che seguirono alla manifestazione dell’anno scorso che Ilaria Salis è stata arrestata. Avrebbe procurato ferite guaribili in otto giorni. Rischia vent’anni di carcere. In tribunale, in catene, si è dichiarata “non colpevole”. Un gruppo di amici partiti da Roma, ieri pomeriggio, è passato sotto l’istituto di detenzione di “Gyorskocsi utca” per farla sentire meno sola. Un anno in cella fra topi e scarafaggi. E ancora per quanto?

L’allenatore di lotta tattica armata, il nazista, non si sbagliava: quattro mila gli iscritti alla marcia. Quando alle cinque di pomeriggio hanno incominciato a scendere dalla collina in parata, in Ungheria si parlava di tutt’altro. Erano appena arrivate le dimissioni della presidente della Repubblica Katalin Novak, per quello che viene definito “lo scandalo pedofilia”. È apparsa in televisione con la bandiera magiara sul cuore: “Mi scuso con coloro che ho ferito e con tutte le vittime. Sono, ero e rimarrò a favore della protezione dei bambini e delle famiglie”.

La protesta montava da giorni. La presidente era accusata di aver concesso la grazia al vicedirettore di un orfanotrofio, tal André K., condannato a tre anni per aver coperto le molestie sessuali del suo superiore. È una storia che spiega l’Ungheria. Ilaria Salis che rischia vent’anni di carcere, il vicedirettore graziato. Il murale dell’antifascista italiana che campeggia in città: impiccata. “Abbiamo chiesto all’ambasciatore di fare delle verifiche su quel disegno”, ha detto ieri il ministro degli Esteri Antonio Tajani. “Il governo italiano sostiene e tutela la sicurezza della signora Salis”. Ma mentre succedeva tutto questo, i nazisti del 2024 accendevano torce nel bosco intorno a Budapest e illuminavano a giorno il cuore nero d’Europa.