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di Fabio Tonacci

La Repubblica, 17 dicembre 2023

La donna rischia 16 anni di carcere ed è detenuta in condizioni disumane. Roberto Salis ha scritto alla premier Meloni (due volte), al Guardasigilli, al ministro degli Esteri, ai presidenti di Senato e Camera, per un intervento diplomatico a tutela dei diritti di sua figlia: nessuno ha risposto. “Non mi ha risposto nessuno, finora…”. Roberto Salis è un padre che sta perdendo fiducia nella politica e nelle istituzioni italiane.

Ha scritto alla premier Meloni (due volte), al Guardasigilli, al ministro degli Esteri, ai presidenti di Senato e Camera, per un intervento diplomatico a tutela dei diritti di sua figlia, Ilaria Salis, 39 anni, maestra elementare e antifascista, chiusa da quasi un anno in un carcere di massima sicurezza a Budapest perché accusata di aver aggredito due neonazisti.

Detenuta in condizioni disumane, come la donna ha riferito in una lettera spedita ad ottobre. “Quando la trasferiscono per le udienze viene trattata come un cane”, racconta Roberto Salis, 64 anni, ingegnere, ex dirigente d’azienda. “Tenuta al guinzaglio da un poliziotto, mani e piedi legati con una catena. Ridotta così deve fare quattro rampe di scale. Per più di un mese, dopo l’arresto, ha dovuto indossare gli stessi vestiti e la stessa biancheria. Non le hanno nemmeno dato i farmaci per l’allergia scatenata dalle cimici nel letto”.

Cosa spera dal governo italiano?

“Che, attraverso i canali diplomatici, faccia pressione su Orban, per far rispettare i diritti di una cittadina italiana. La situazione in cui si trova Ilaria è oltre Kafka: è innocente, eppure rischia 16 anni di carcere per tentato omicidio, a fronte dell’accusa di aver fatto parte del gruppo che ha provocato a due uomini lesioni guarite in 5 e 8 giorni. C’è una sproporzione clamorosa. In passato il governo è riuscito a far cambiare i capi di accusa nel caso di un’italiana che in Kazakhstan era imputata di narcotraffico, quindi qualcosa si può fare”.

Sua figlia l’11 febbraio 2023 era a Budapest, ha partecipato al controcorteo organizzato per contrastare il raduno neo-nazi. Come fa a essere sicuro che non ha partecipato a quelle due aggressioni?

“Mi ha detto di non aver fatto niente e, da padre, le credo. Ha manifestato insieme ad altri contro dei nazisti, che orgogliosamente si definiscono così. La nostra famiglia ripudia la violenza e sarà la magistratura a stabilire se ha commesso reati. Questo però non cambia un fatto oggettivo: mia figlia, e Gabriele Marchesi, l’altro italiano imputato, sono dalla parte giusta della Storia. I nazisti, e soprattutto quei nazisti, sono dalla parte sbagliata”.

È stato scritto che Ilaria è esponente dell’area anarchica milanese. È così?

“Non è anarchica e non fa parte di Hammerbande, il gruppo tedesco che promuove assalti contro i fascisti. Ho letto le 800 pagine dell’inchiesta di Lipsia su Hammerbande e il nome di Ilaria non esce mai. È un’insegnante di scuola elementare e un’antifascista vera, militante. E io di questo sono orgoglioso”.

Ritiene che l’indagine ungherese sugli scontri dell’11 febbraio sia politicizzata?

“Il raduno per il cosiddetto Giorno dell’Onore, in cui vengono celebrate le SS, è sempre stato tollerato dal governo ungherese. Guarda caso nel primo anno in cui è organizzata una contromanifestazione, scattano le indagini…”.

Secondo lei perché non ha ricevuto risposta dal nostro governo?

“Non lo so”.

C’entra qualcosa il fatto che la premier sia molto vicina a Orban, e sua figlia sia dichiaratamente antifascista?

“Non riesco a capire che vantaggio avrebbe il governo a non fare niente. Anzi, promuovendo un’azione umanitaria per un’oppositrice politica avrebbe tutto da guadagnare, no?”.

Sta cercando di sottrarre sua figlia al processo?

“No, vorrei solo che le concedessero i domiciliari in Italia. È un suo diritto. Tramite i nostri avvocati abbiamo presentato domanda quattro volte, quattro volte è stata respinta per rischio di fuga. Devo pensare che gli ungheresi non si fidino del nostro sistema giudiziario. C’è però una decisione quadro dell’Ue che regola le misure cautelari, ma l’Ungheria non la sta applicando, per questo ho scritto al ministro Nordio”.

Come state vivendo questa situazione in famiglia?

“Passo il tempo a tradurre dall’ungherese gli atti d’indagine, perché non ce li hanno dati in italiano. Mia moglie, ex insegnante, si sveglia alle 4 di notte. E mi sveglio anch’io. Rimaniamo così per ore, con gli occhi a guardare il soffitto, aspettando che qualcuno ci risponda”.