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di Valentina Santarpia

Corriere della Sera, 8 febbraio 2024

“Un vuoto prepotente”. Gli appunti scritti dopo l’arresto, il racconto dei primi giorni passati a dormire e vomitare, la fatica dell’abituarsi ai riti carcerari innaturali. E l’auto-incoraggiamento: “Coraggio Ila! Sempre a testa alta e con il sorriso”. L’arrivo nel “mondo infero e dimenticato”, gli sguardi “persi e vuoti” dei detenuti, lo sfinimento e il vomito dei primi giorni. È straziante il racconto che Ilaria Salis fa, in una raccolta di appunti raccontata dal Tg3, delle sue prime giornate in carcere, nel febbraio dello scorso anno, dopo essere stata arrestata perché sospettata di aver partecipato ad un’aggressione contro due neofascisti.

Ed è così che l’hanno apostrofata, all’ingresso del carcere, l’11 febbraio scorso: “Antifa? Duce! Mussolini!” - questa è l’accoglienza che ricevo nell’atrio e sono anche le ultime parole che riesco a comprendere prima di essere travolta dalla Babele ugro-finnica- scrive la maestra italiana 39 enne che abbiamo visto in catene in tribunale qualche giorno fa - (...). Tre giorni di fermo e spostamenti ripetuti: Cegléd e poi di nuovo Budapest. Il tribunale e mi mandano in galera. Davvero, galera”.

Quando fa il suo ingresso in carcere, la “invade un vuoto prepotente e il tempo inizia a dilatarsi”: “I colori tetri e stinti, la penombra, l’aria viziata, latrati dei carcerieri, i rituali di ingresso: tutto questo spettacolo rimarrà impresso con tinte sinistre dentro di me. Guardo gli occhi, il volto di chi si trova a varcare l’infausta soglia al mio fianco: sono lo specchio della mia inquietudine, del mio smarrimento, delle mie paure”. Il rituale di consegna degli oggetti personali, la consegna del materasso arrotolato e legato con un lenzuolo, gli spostamenti continui a cui verrà sottoposta: “Ogni passo, che mi spinge più in profondità in questo tartaro, è un passo che non vorrei compiere mai”. E non la rassicurano gli agenti con i volti coperti dal passamontagna: “In seguito scoprirò che qui esiste un corpo speciale della Penitenziaria, che indossa un’uniforme paramilitare e un passamontagna nero”.

I primi sono i giorni più tremendi: “Per giorni non capisco assolutamente niente di ciò che mi succede intorno. Sono talmente sfinita che mi addormento in continuazione e quando cerco di metter qualcosa sotto i denti vomito tutto all’istante. Sogno tanto e sono sogni davvero coinvolgenti: mi sogno sempre libera e in giro per monti, mari e città. Ogni volta al risveglio, nella branda, mi guardo intorno e mi ritrovo mestamente a fare i conti con la realtà: purtroppo era solo un sogno!”. Abituarsi ai rituali da detenuta non è semplice: come la donna che ogni mattina batte le sbarre con un martello per assicurarsi che siano intatte, o la necessità di fermarsi di fianco alla cella e farsi perquisire prima di andare da qualche parte. “Le regole e gli usi carcerari sono tutto fuorché naturali e intuitivi. Ne capisco meno di niente e non mi preoccupo più di tanto: è già abbastanza complicato riuscire a sopravvivere”.

La percezione del tempo è completamente falsata. “Il tempo scorre in modo molto strano: le giornate non passano più, ma i giorni si susseguono veloci. Non ho mai idea di che ore siano e anche i giorni sono tutti uguali, per cui si rischia di confondersi. Non avendo una matita, nei primissimi giorni faccio un piccolo strappo su foglio di carta tutte le mattine. Mi guardo in quello che probabilmente dovrebbe avere una funzione di specchio, ma, più che riflettere le immagini, in realtà le deforma, e mi dico: “Coraggio, Ila! Sempre a testa alta e con il sorriso. E quando uscirai di qui sarai più forte di prima”. Ma dopo un anno Ilaria è ancora lì: e in una “tiepida mattina di febbraio, dopo aver passeggiato all’aria aperta”, con la testa che a volte inizia a viaggiare, lontano fuori dalle gabbie”, cercando di “ricordare e trattenere sensazioni per me ormai lontane: il profumo dell’erba, il tocco lieve di una carezza”, le viene lo slancio di prendere in mano le lettere risalenti a un anno fa: “Dopo un anno provo a leggere, scrivere, scomporre e ricucire questi materiali”, gli appunti di quando “è iniziata la mia discesa in questo mondo infero”.