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di Mario Di Vito

Il Manifesto, 24 gennaio 2024

Diplomazia a piccoli passi, si punta al ritorno in Italia. Lunedì a Budapest intanto comincia il processo. La diplomazia si muove a piccoli passi per Ilaria Salis, prigioniera a Budapest da quasi un anno perché accusata di aver aggredito insieme ad altri due neonazisti ungheresi ai margini di una manifestazione in memoria delle azioni militari delle SS durante la seconda guerra mondiale. Roberto Salis, nella giornata di ieri, è stato ricevuto dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, che gli ha offerto qualche rassicurazione sull’impegno del governo. “Non è stata una chiacchierata inutile - ha detto il signor Salis -, anche se non ho ancora visto un piano d’azione. Almeno però abbiamo finalmente un canale diretto e Nordio mi è sembrato sinceramente vicino alla famiglia”.

L’idea è di riportare Ilaria Salis in Italia per farle scontare qui la custodia cautelare, magari agli arresti domiciliari, in attesa che la giustizia ungherese faccia il suo corso. Già nella giornata di lunedì, a Bruxelles, il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva richiesto al suo omologo di Budapest Peter Szijjarto di “trovare soluzioni alternative al carcere”.

“Sono riuscito a parlare con mia figlia - ha raccontato ancora Roberto Salis dopo l’incontro con Nordio -, è contenta e mi ha detto che magicamente, dopo 11 mesi, domani riceverà la visita dell’ambasciatore italiano. Che evidentemente si è accorto della situazione”. E poi, sulle condizioni dietro le sbarre di sua figlia: “Uso ancora l’avverbio magicamente, ora magicamente Ilaria è stata coinvolta in alcuni laboratori che se non altro la tengono impegnata in carcere”.

La magia grazie alla quale la situazione ha cominciato a cambiare - anche se è presto per parlare di risultati concreti a - è frutto dell’attenzione che l’opinione pubblica ha cominciato a riservare per il caso di Ilaria Salis e della sua difficile situazione in carcere a Budapest (il padre parla in maniera esplicita di “tortura” a tal proposito): cimici, topi, scarafaggi, cibo di dubbia fattura e provenienza, catene, guinzagli, abbandono pressoché totale. Particolari che la donna ha svelato in due lettere recapitate ai suoi avvocati italiani Eugenio Losco e Mauro Straini.

Per settimane la vicenda è sembrata sospesa in un limbo, poi, anche con la costituzione di un comitato promosso tra gli altri dalla senatrice di Avs Ilaria Cucchi, in tanti hanno cominciato ad occuparsene e, in qualche modo, a preoccuparsene. Anche il governo ha cambiato posizione: dal disinteresse iniziale è passato in breve alla linea della prudenza (“Dai tempi del caso Baraldini non abbiamo buona fama per le estradizioni”, aveva detto Nordio in parlamento) e infine all’intervento.

“Mia figlia merita una comunicazione diretta da parte dei rappresentanti dello stato - questo il commento ancora di Roberto Salis - è evidente che c’è stato un grosso problema di comunicazione tra le nostre istituzioni e l’ambasciata italiana in Ungheria, che ha avuto un ruolo fondamentale dato che sia al ministero degli Esteri sia a quello dell’Interno non sono arrivate le comunicazioni corrette”. Lunedì mattina a Budapest comincerà il processo a Ilaria Salis, ma adesso a contare è anche quello che accade fuori dal tribunale.