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di Patrizia Maciocchi

Il Sole 24 Ore, 23 dicembre 2023

L’assenza di un mittente è indizio di pericolosità e giustifica la mancata consegna al destinatario, ma il giudice deve comunque valutare il contenuto dello scritto. L’assenza di un mittente nella posta indirizzata al detenuto al 41-bis è indizio di pericolosità, e va trattenuta. È, infatti, evidente lo scopo di nascondere agli organi di vigilanza l’identità di chi la spedisce. Per queste ragioni le missive possono essere “fermate”, una precauzione che tuttavia non esonera il giudice dal valutare l’effettiva pericolosità dello scritto in base al contenuto, al contesto comunicativo, al profilo del destinatario e alle modalità di trasmissione.

La Corte di Cassazione, con la sentenza 51399, accoglie il ricorso del Pm di Sassari, contro la decisione della Tribunale di sorveglianza, che aveva invece considerato fondato il reclamo di Alfredo Cospito contro il trattenimento di un telegramma. Missiva priva di firma indirizzata all’anarchico, detenuto al 41-bis, che da ottobre 2022 ad aprile 2023, ha fatto uno sciopero della fame contro l’applicazione del carcere duro nei suoi confronti. Cospito è stato condannato per aver gambizzato nel 2012 l’ad di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi e per tentata strage per aver piazzato due ordigni esplosivi fuori da una caserma di Cuneo nel 2006, anche se non ci furono né morti né feriti.

Le valutazioni da fare. Ad avviso del tribunale di sorveglianza il tenore del telegramma non era allarmante, e il no alla consegna a Cospito non era in linea - malgrado l’assenza di una firma utile a identificare l’autore dello scritto - con le esigenze di sicurezza e prevenzione dell’istituto di pena, in cui è detenuto quello che gli investigatori considerano il leader della Fai la Federazione anarchica informale, movimento composto da vari gruppi dediti all’intimidazione armata rivoluzionaria e ritenuto dagli inquirenti un’associazione per delinquere con finalità di terrorismo. Diversa la tesi del Pg ricorrente, secondo il quale, il Tribunale aveva sbagliato ad affermare la non pericolosità della corrispondenza anonima, quando proprio la mancanza di indicazioni sul mittente giustifica il no all’inoltro al destinatario, sottoposto al regime speciale del 41-bis. In più il Pg aveva denunciato l’assoluta illogicità della scelta del Tribunale di sorveglianza di riportare - all’interno del provvedimento con il quale accoglieva il reclamo di Cospito - l’intero testo, informando così il detenuto sul contenuto di uno scritto sottoposto a censura.

Le garanzie costituzionali - La Suprema corte accoglie il ricorso della procura, ma fa qualche distinguo. Per i giudici di legittimità l’assenza di firma legittima il sospetto di pericolosità e dunque rende lecito trattenere la posta. Ma il tutto va fatto nel rispetto dei diritti primari di rango costituzionale che riguardano la sfera privata e personalissima dell’individuo. Diritti che possono essere compressi o addirittura eliminati per alcune categorie di condannati, ma solo in via preventiva. Il rispetto dell’articolo 15 della Costituzione - secondo il quale la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione è inviolabile e può essere limitata solo con un atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie di legge - impone, infatti, che il controllo a cui la libertà di corrispondenza è sottoposta, non sia solo formale, ma concreta in base al contento della posta anonima. Tracciato il perimetro entro il quale il giudice deve muoversi, la Cassazione annulla, con rinvio, la decisione del Tribunale di sorveglianza e censura la scelta di rendere noto a Cospito il contenuto di uno scritto ancora sotto il controllo dell’autorità giudiziaria.