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di Francesca Cisotto

varesefocus.it, 3 febbraio 2024

“La costruzione di progetti condivisi con le imprese per il reinserimento nella società degli ex detenuti attraverso il lavoro. Una priorità sociale, ma anche economica”. È così che il Prefetto di Varese, Salvatore Pasquariello, definisce la necessità di dotare il territorio di una strategia condivisa per il reinserimento nella società civile degli ex detenuti. Passaggio fondamentale per la costruzione di una provincia più inclusiva, ma non l’unico.

Prefetto Pasquariello, nel corso del 2023, la sua attenzione si è concentrata molto sul fronte del reinserimento nella società, attraverso il mondo del lavoro, delle persone che hanno commesso un reato. Da quale riflessione nasce questo impegno?

È una questione di estrema rilevanza sotto diversi profili. Il primo è quello giuridico-sociale; come indica l’articolo 27 della Costituzione, le pene devono tendere alla rieducazione del condannato e al suo reinserimento nella società. Coloro che si occupano dell’attuazione di questo articolo sono, innanzitutto, gli addetti ai lavori, come i Tribunali di sorveglianza, i Direttori delle carceri, la Polizia Penitenziaria, gli educatori e, più in generale, tutti coloro che operano all’interno degli istituti. La mia iniziativa, raccordandosi con quella dei predetti soggetti e con quella di tantissimi altri come, ad esempio, gli imprenditori e i sindacati, va ad accompagnare e a potenziare, dall’esterno del mondo carcerario, l’impegno di facilitare l’offerta di un lavoro ai detenuti e agli ex detenuti. Il secondo è quello economico-produttivo: siamo in una fase in cui c’è il lavoro ma mancano i lavoratori in tanti settori. Si potrebbe colmare, quindi, almeno in parte, il divario tra domanda e offerta di lavoro favorendo il reinserimento nella società e nel mondo lavorativo di queste persone che hanno, sì, commesso un reato, ma che possono, se adeguatamente formate, essere inserite nuovamente nel tessuto socioeconomico e produttivo.

Avvicinare il mondo carcerario a quello del lavoro è un essenziale passaggio nel percorso di rieducazione e di recupero della persona, non solo per permettergli di ripartire e di rifarsi una vita all’insegna di valori nuovi e con condotte “lecite”, ma anche per assicurare al resto della comunità una maggiore sicurezza pubblica, dato che coloro che escono dal carcere, ove trovassero subito un lavoro, nella stragrande maggioranza dei casi, non commetterebbero nuovamente reati, come evidenziano molte statistiche: quella del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro dello scorso anno, per esempio, evidenzia che l’occupazione lavorativa dei detenuti riduce drasticamente la recidiva, dal 70% al 2%.

Ha citato le realtà imprenditoriali. Che valore ha il loro impegno nel percorso di rinascita di un detenuto?

“Avviare” le persone detenute al lavoro, all’interno o all’esterno della casa circondariale, è anche un vantaggio per le imprese. Sì, perché, grazie alla cosiddetta Legge Smuraglia, possono usufruire, per ciascuna persona assunta, di un credito di imposta fino a 520 euro mensili e del 95% degli sgravi sui contributi previdenziali e assicurativi.

Benefici che, se colti, portano con sé anche una doppia utilità: la graduale uscita del detenuto dall’istituto, attraverso il lavoro, da un lato, riduce il sovraffollamento delle carceri e, dall’altro, favorisce un lavoro migliore per la Polizia Penitenziaria che, negli ultimi tempi, risulta avere un organico fortemente ridotto. È per questi motivi che, come Prefettura, lo scorso anno, abbiamo aperto un tavolo di confronto con la Magistratura di Sorveglianza di Varese, con i Direttori delle Case Circondariali di Varese e di Busto Arsizio e con i Comandanti delle rispettive Polizie Penitenziarie, con l’Ordine dei Consulenti del lavoro, con la Camera di Commercio e con tutte le altre parti sociali del territorio, come le associazioni datoriali (tra cui Confindustria Varese, ndr) e le organizzazioni sindacali. L’obiettivo è quello di stimolare un coinvolgimento sempre maggiore delle realtà istituzionali, imprenditoriali e sindacali con iniziative di informazione e sensibilizzazione.

Una seconda chance non è necessaria solo al mondo delle persone ex detenute. Ci sono tante altre situazioni di disagio, anche tra i giovani. Quanto è importante l’attenzione su questo aspetto?

A fronte della stragrande maggioranza di adolescenti e di giovani di ottime qualità e di grandi sogni, i dati che più ci preoccupano riguardano i cosiddetti “Neet”, cioè quella fascia di ragazzi e ragazze tra i 15 e i 29 anni, che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in alcun percorso di formazione. Sono tanti e molto superiori alla media europea.

Abbiamo il dovere, come “comunità educante”, di non assistere passivamente all’inerzia di quelli che non si danno da fare per progettare e realizzare il proprio futuro; ciò nuoce soprattutto a loro stessi direttamente, al loro benessere psico-fisico, alla loro crescita e alle loro famiglie. Dobbiamo “scovarli”, uno per uno, e invogliarli a riprendere in mano la propria vita, ad avere una speranza, degli orizzonti, acquisire consapevolezza dei propri talenti e saperli valorizzare. Ma deve essere un impegno soprattutto degli adulti, di ciascun adulto, di ciascun “educatore”. Tutti noi adulti siamo anche educatori: “L’educazione è una questione di cuore”, diceva Don Giovanni Bosco.

Alcuni ragazzi soffrono di disturbi sotto l’aspetto psicologico, altri si “ritirano dal sociale” e restano a casa, altri, al contrario, escono per far esplodere, in gruppo, la loro rabbia, spesso con delle risse. Non di rado ne conseguono gravi fenomeni come, ad esempio, forme di dipendenza da alcol e/o droga, bullismo, vandalismo, autolesionismo, disturbi alimentari, stati di ansia, attacchi di panico, uso disinvolto di psicofarmaci. Problemi, dunque, spesso anche di ordine e sicurezza pubblica.

Ma sullo sfondo vi è anche un’altra considerazione, direi di mera convenienza, su cui anche chi non è interessato al tema dell’educazione deve pur riflettere: con il calo demografico, da una parte, e con la mancanza di lavoratori, dall’altra, non ci si può permettere che tutti i giovani non siano inseriti nella società da protagonisti, con una propria funzione sociale ed economica. Come usiamo dire durante le nostre riunioni all’interno della “Conferenza permanente provinciale” (organismo che ha sede nelle prefetture), “non possiamo perderne neanche uno”. A tal proposito, insieme ai rappresentanti degli altri enti del territorio, ci riuniamo periodicamente e abbiamo dato vita ad un tavolo per affrontare congiuntamente il tema del disagio sociale giovanile per promuovere azioni sinergiche e più efficaci.

Quali progettualità ci sono sul territorio?

Il 27 giugno 2023 abbiamo sottoscritto il “Protocollo d’intesa per la promozione della legalità e per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni legati alle diverse forme di dipendenza, al bullismo, al cyberbullismo e alle altre forme di disagio sociale minorile”, che costituisce un percorso comune, condiviso da enti, istituzioni, uffici pubblici e associazioni per implementare e rafforzare le politiche di prevenzione e contrasto ad ogni forma di disagio giovanile che si manifesta con comportamenti devianti, per sostenere i progetti rivolti ai giovani e alle famiglie e per far crescere la cultura della legalità e del rispetto dei valori della vita e della salute. Nella riunione della conferenza permanente del 13 novembre 2023, invece, l’Agenzia di Tutela della Salute dell’Insubria, l’Ufficio Scolastico Territoriale e altri soggetti hanno illustrato le varie iniziative programmate, alcune delle quali finanziate dalla Regione Lombardia.

Abbiamo in corso o pronti per partire, in particolare, i seguenti progetti, tutti volti a creare delle occasioni per impiegare i ragazzi e le ragazze in attività sane e costruttive: “IGeneration”, un progetto dell’Azienda Speciale Consortile Medio Olona, che comprende delle attività come laboratori sportivi per togliere i ragazzi dall’isolamento virtuale. “Con Te Sto”, curato dal Comune di Luino, che propone gruppi di parola e di condivisione di esperienze per ottenere la restituzione di alcuni beni comuni che possono essere utilizzati dall’intera collettività. “Ragazzi di città - Young e senior”, con capofila il Comune di Saronno, è uno sportello di ascolto sia per gli studenti, sia per i genitori che talvolta hanno bisogno di consigli su come affrontare il disagio dei propri figli. “Sakido XP”, ideato dalla cooperativa sociale “L’Aquilone” di Sesto Calende, è volto ad aiutare quei ragazzi che vivono un grave isolamento sociale. “Influenza felice”, invece, è un progetto curato dal Comune di Varese per potenziare i centri di ritrovo dedicati agli adolescenti. Senza dimenticare il “Patentino digitale” e il “Brevetto digitale” per lo smartphone, come una sorta di certificazione di educazione all’utilizzo moderato e consapevole di Internet. A tal proposito, il Consiglio della Regione Lombardia ha da poco approvato all’unanimità una specifica mozione finalizzata a promuovere una legge regionale. In un contesto di utilizzo senza regole del web, tali progetti costituiscono importanti strumenti di educazione digitale all’uso consapevole dello smartphone che, infatti, se da un lato può rappresentare una preziosa risorsa educativa, di studio e di socialità, dall’altro può essere fonte di enorme pericolo per i minori, soprattutto se utilizzato in maniera impropria e oltre la giusta misura. I rischi per i giovanissimi, infatti, provengono anche dai tanti contenuti pornografici o violenti facilmente visualizzabili su Internet, che spesso inducono a comportamenti di emulazione e discriminazione fino ad arrivare a veri e propri reati. Poi, c’è anche il progetto proposto dall’associazione socioeducativa “Ragazzi on the road”, che già lo scorso anno ha coinvolto vari ragazzi tra i 16 e i 20 anni in alcune attività in affiancamento alle Forze dell’Ordine, alle Polizie locali, al 118, ai Vigili del fuoco e ad altre Istituzioni (due ragazzi hanno fatto anche l’esperienza di Prefetto e di Sindaco per qualche ora). Un’”esperienza di realtà” e un importante progetto anche nell’ottica della promozione della sicurezza stradale; i ragazzi, infatti, nell’affiancare come volontari le pattuglie della polizia locale e le ambulanze dei soccorritori durante gli interventi di prevenzione e soccorso attuati sul campo, possono comprendere i rischi connessi al mancato rispetto delle regole della sicurezza stradale vivendo in prima persona le esperienze di chi quotidianamente opera nell’ambito della prevenzione e della sicurezza. Il progetto “Carpe diem”, invece, è finalizzato a fornire supporto sia a quei minori e a quei giovani con problematiche di dipendenza che vengono convocati dalla Prefettura per un colloquio a seguito di segnalazioni da parte delle Forze dell’Ordine, sia ai loro genitori, con la collaborazione gratuita di due psicologi. Il bacino delle problematiche che riguardano i giovani è molto ampio, ecco perché è importante il coinvolgimento e il raccordo di tutti gli attori del territorio, dagli enti pubblici a quelli privati, fino alle associazioni e agli oratori delle parrocchie per affrontarle e soprattutto prevenirle.