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varesenews.it, 9 gennaio 2024

Sguardi Ri-volti, un lavoro teatrale, nato da un’idea di cooperativa “Lotta Contro l’Emarginazione”, Fondazione Enaip che sta girando diverse città con l’obiettivo di far conoscere il mondo del carcere e avvicinarlo alla comunità. Sei donne e tre uomini sul palco. Pantaloni e magliette nere davanti a un pubblico che già molto prima dell’inizio dello spettacolo aveva riempito ogni spazio dei Magazzini Tumiturbi di via De Cristoforis a Varese. Solo due ragazze vestite tutto di bianco a rappresentare la giustizia. Quella con la bilancia e la spada, ma bendata perché spesso incapace di andare oltre a un sistema di regole rigide.

Un laboratorio teatrale che ha mandato in scena il gruppo di attrici e attori volontari con Gaia A., Roberta B., Francesca B., Lorenzo B., Evi B., Stefano B., Roberta C., Michela M., Simone R., Barbara T. e Mauro T. Alla regia di Michela Prando che insieme agli altri del progetto ha raccolto diverse interviste in carcere rivolte a chi ha commesso un reato o a chi lo ha subito.

Una rissa, un omicidio stradale sono solo il pretesto per raccontare gli stati d’animo dei protagonisti. La rabbia, la voglia di vendetta, il dolore, la disperazione si fanno strada tra gli attori che si chiedono spesso se esista una giustizia che possa riparare quanto successo. Tutto sembra infranto. I sogni e la purezza di un bambino di otto anni travolto da un’auto di una ragazza che non smette di dichiarare la propria onestà, l’essere una brava persona, l’aver avuto solo un istante di distrazione giustificato. Ma intanto un’azione, come le parole, diventano pietre e cambiano la vita di tanti. Così come la rissa scaturita da tensioni e da insulti generando una violenza come non si era mai vista.

Fatti che non possono essere cambiati, ma che non restituiranno le condizioni precedenti se la giustizia servirà solo a dar spazio al sentimento della vendetta. Le regole così, si sente ripetere spesso sul palco, sono figlie delle scelte della comunità, della cultura del momento. E allora torna forte il bisogno di pensare a quanto scritto nell’articolo 27 della nostra Costituzione che è assai differente dai brani letti di Platone e Aristotele dove si pensa che tutto si risolva con la punizione. “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

La riflessione porta a una visione diversa, a un bisogno di portare lo sguardo ad angolature diverse dando spazio al bisogno di riparare dolori partendo dalla dignità di ogni essere umano e cercando il punto di incontro tra chi ha commesso il reato e chi lo ha subito. “Non voglio più sentire quel rancido in bocca alimentato dal veleno della vendetta”. Pronuncia con forza una delle protagoniste. La giustizia riparativa diventa così un cambiamento di paradigma rigenerando relazioni. Non rimuove il passato ma lo utilizza mettendo le parti uno di fronte all’altro.

La serata era parte di un progetto sulla giustizia riparativa. Un lavoro teatrale, nato da un’idea di cooperativa “Lotta Contro l’Emarginazione”, Fondazione Enaip e la direzione della Casa Circondariale di Varese Miogni, e che sta girando diverse città con l’obiettivo di far conoscere il mondo del carcere e avvicinarlo alla comunità.