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Corriere del Veneto, 8 marzo 2024

In carcere con i propri bimbi finché compiono tre anni. Questa è l’istantanea dell’oggi per tante detenute. Un tema spinoso e che si allarga alle problematiche specifiche della detenzione femminile in generale. Perché le donne in carcere sono una minima parte rispetto agli uomini: il 4,2% a livello nazionale, in Veneto un po’ di più ma comunque sotto il 6%. Essendo poche, il “sistema” già in crisi dell’universo penitenziario, le penalizza ulteriormente. I soggetti a maggior rischio suicidio, specifica Jessica Lorenzon dell’associazione Antigone, sono donne. Parte da qui la mozione della consigliera regionale del M5s Erika Baldin, dai numeri impietosi dell’emergenza per chiedere che i figli di donne condannate possano restare con la mamma fino ai 6 e non ai 3 anni e che lo possano fare fuori dall’ambiente carcerario, in strutture protette che esistono ma sono ancora troppo poche. Perché il carcere, spiegano anche i membri di altre associazioni intervenute ieri alla presentazione, come Nessuno tocchi Caino, si allontana sempre più dal principio della rieducazione previsto nella carta costituzionale. E per le donne è ancora peggio, spiega ancora Lorenzon, “alle detenute è impossibile anche solo iscriversi alle superiori”. I problemi, però, partono ben prima, spiega ancora Lorenzon, dalla negazione delle cure sanitarie, ginecologiche in primis: “È recente il caso di una detenuta alla prima esperienza in carcere che, neppure a fronte di emorragie notturne legate alla pre menopausa, ha potuto avere degli assorbenti igienici, s’è dovuta arrangiare con della carta”.