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di Alberto Zorzi

Corriere del Veneto, 2 marzo 2024

Visita al carcere di Venezia delle associazioni, spunta un cappio. Ticozzi: intervenga il Consiglio. Lettera dei detenuti. Più di 230 persone sono detenute al carcere di Santa Maria Maggiore a Venezia, su una capienza di posti disponibili di 146. E rispetto a luglio dell’anno scorso nel penitenziario lagunare ci sono settanta reclusi in più. “La situazione è grave: un’impennata di sovraffollamento”, denuncia Rita Bernardini, presidente nazionale dell’associazione “Nessuno tocchi Caino” dopo la visita al carcere veneziano assieme a una delegazione della sua associazione, al Movimento Forense, a Radicali Venezia e al consigliere dem Paolo Ticozzi.

Un detenuto 23enne finito in terapia intensiva a Verona ha raccontato di essere stato ridotto in fin di vita da tre guardie e un gruppo di carcerati ha voluto scrivere una lettera denunciando la condizione “disumana e la mancanza di sicurezza nell’istituto”. “Abbiamo visitato le sezioni dove nelle stanze singole concepite per una persona ci sono due file di letti a castello a tre piani - sottolinea Bernardini -. Non c’è luce, mancano gli arredi e nelle sezioni al primo piano, a regime chiuso, in otto metri quadri stanno in tre”.

Tanti i malati psichiatrici, denuncia la presidente di “Nessuno tocchi Caino”, e numerosi i dipendenti da droghe. “Le guardie sono costrette a fare straordinari, con turni di otto ore anziché di sei, perché non c’è personale. Non si respira. La mancanza di spazio crea tensione e trattamenti degradanti”. In consiglio comunale, commenta Ticozzi, “il tema del carcere che non è mai stato affrontato meriterebbe una discussione. Ora c’è stato un episodio grave: un pestaggio con una persona che ha rischiato la vita che è una cosa intollerabile”.

Il tema della mancanza di spazi, di attività per i detenuti e di personale specializzato era parte della lettera con la quale una rappresentanza dei reclusi ha chiesto di sensibilizzare l’opinione pubblica. “Abbiamo visto che mancano psicologi, educatori, progetti e tutto questo aumenta le tensioni”, dice Laura Massaro presidente di Movimento Forense a Rovigo. È addirittura spuntato un cappio durante la visita, ha raccontato Bernardini, mostrato da un carcerato che voleva chiamare la madre in Senegal e se non glielo avessero concesso (poi ha potuto telefonare) minacciava il suicidio. Alla visita hanno partecipato anche alcuni architetti, per denunciare “il fallimento delle strutture, concepite per privare della libertà, al limite della pena corporale”, ha detto Sergio D’Elia, segretario nazionale di Nessuno tocchi Caino.

“A Venezia ci sono celle dove a malapena i tre metri quadrati previsti per ogni persona vengono rispettati”, precisa. Ne consegue che al Santa Maria Maggiore la malattia mentale è all’ordine del 60 per cento dei reclusi. “Serve tutta l’attenzione dell’opinione pubblica - conclude Samuele Vianello dei Radicali Venezia. Metteremo tutto il nostro impegno per trovare qualsiasi strada per migliorare la vita dei detenuti e di coloro che detengono”.