sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

Corriere del Veneto, 8 febbraio 2024

Suicidio di Bassem Degachi nel carcere di Santa Maria Maggiore, il pm chiede l’archiviazione dell’inchiesta. E non perché quel giorno non ci siano state omissioni ma perché non ci sono le prove che l’uomo di 39 anni di origini tunisine e residente a Marghera poteva essere salvato. La famiglia si oppone e l’avvocato Marco Borella, legale di Dagachi, ha già impugnato l’atto, convinti che con un intervento immediato avrebbe potuto salvare Bassem.

La tragedia risale al 6 giugno quando, nell’ambito della maxi operazione antidroga “Spiderman” le cui indagini sono iniziate nel 2018, Degachi è stato arrestato. L’uomo, che stava già scontando una pena in regime di semilibertà e attendeva l’udienza di settembre per l’affidamento in prova ai servizi sociali, aveva cambiato vita e alla notifica del provvedimento (ricevuto mentre stava uscendo dal carcere per andare a lavorare come faceva da un anno con la cooperativa Il Cerchio) ha telefonato - erano le 11.32 - alla moglie dicendole che si sarebbe tolto la vita. Lei ha cercato di persuaderlo e subito ha allertato il carcere, alle 11.48. Alle 11.52 è scattato il protocollo per il massimo controllo del detenuto. Ma nessuno sarebbe andato alla cella del trentanovenne. Un’ora dopo il ritrovamento del corpo e alle 13.50 è stata dichiarata la sua morte.

L’inchiesta, con tre indagati, su quanto avvenuto a Santa Maria Maggiore non avrebbe tralasciato alcun elemento: sono state controllate le registrazioni delle telecamere in cui si vede Degachi leggere qualcosa, probabilmente l’ordinanza di arresto, e poi rientrare in cella. Dove un altro detenuto l’avrebbe visto che ancora leggeva. Poi, dell’uomo non c’è più traccia, il bagno dov’è stato ritrovato non è visibile dall’esterno. La procura ha trasmesso gli atti al ministero per i provvedimenti disciplinari. (g. b.)