sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Eugenio Pendolini

La Nuova Venezia, 4 dicembre 2023

L’episodio sabato sera nell’istituto di Santa Maria Maggiore. Materassi dati alle fiamme dopo le urla del detenuto che accusava di essere stato picchiato. Quando lo hanno visto con la corda intorno al collo, sono riusciti a tagliare il cappio e a salvargli la vita. Nel parapiglia successivo, l’uomo ha iniziato a urlare contro gli agenti: “Aiuto, mi stanno picchiando”. Le urla sono rimbombate per tutto il carcere, al punto da sollevare un principio di sommossa all’interno dell’istituto, con materassi dati alle fiamme e detenuti fatti spostare per evitare l’intossicazione da fumo. È quanto capitato sabato sera nel carcere di Santa Maria Maggiore, a Venezia. Allarmati i sindacati, con la Cgil che denuncia: “Siamo di fronte a una polveriera pronta ad esplodere in qualsiasi momento”.

Secondo le prime ricostruzioni, sabato sera due agenti di sorveglianza si sono accorti che un detenuto, all’interno della sua cella, era riuscito ad appendere una corda per suicidarsi. Intuita immediatamente la gravità della situazione, gli agenti sono intervenuti tagliando il cappio e salvandogli la vita. Nel momento in cui il detenuto ha messo a terra i piedi, si è impossessato di un manico di scopa con cui ha iniziato a picchiare gli agenti, tra cui un coordinatore della polizia penitenziaria. Gli agenti hanno cercato di calmarlo, tenendolo con forza, ma il detenuto ha iniziato ad urlare, accusando gli agenti di volerlo picchiare. È a quel punto che dentro il carcere è scoppiato il caos, come riportano i sindacati. Alcuni detenuti, infatti, hanno provato a dare fuoco ai materassi (ignifughi).

Poco dopo, gli agenti hanno fatto spostare quindici altri detenuti che si trovavano nei paraggi per evitare che si intossicassero con il fumo. Il detenuto che ha provato a suicidarsi è stato in seguito visitato in infermeria dove, secondo quanto viene riferito, non gli sono state trovate ferite o altro. L’uomo è stato portato dagli agenti in psichiatria.

“I detenuti con problemi psichiatrici non devono stare in carcere”, attacca Gianpietro Pegoraro, coordinatore Fp Cgil Veneto Polizia Penitenziaria, “Venezia ha bisogno di un incremento di personale, finora non è mai stato fatto nulla in questo senso. Le promesse non sono state mantenute, i sottosegretari dovrebbero visitare Venezia per capire le difficoltà che si riscontrano nella casa circondariale. Venezia non può essere lasciata sola, è una polveriera che può esplodere in qualsiasi momento”.

Da inizio anno, tre sono stati i suicidi all’interno del carcere. A inizio luglio, il brasiliano Alexandre Santos De Freitas, 45 anni, arrestato pochi giorni prima all’aeroporto Marco Polo è morto suicida in carcere dopo aver ingoiato un tappo di plastica e una pallina da calcio balilla. Quest’ultima lo ha ucciso perché si è fermata nella glottide impedendogli di respirare. Il tappo di plastica invece si era incastrato nell’esofago. Prima di lui, in giugno nel giro di dieci giorni, si erano suicidati Bassem Degachi, 38 anni, tunisino destinatario, nell’ambito dell’operazione su via Piave, di un’ordinanza di custodia cautelare, per reati commessi nel 2018. E poi era stata la volta di Alexandru Ianosi, che il 23 settembre 2022 aveva ucciso con 68 coltellate la moglie Lilia Patranjel a Spinea.