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di Laura Tedesco

Corriere di Verona, 15 agosto 2023

Morte naturale o gesto estremo, lo chiarirà il medico legale. Stava per lasciare il carcere, “ma si sentiva abbandonato”: la lettera di disperazione. “Aveva il terrore di finire in strada”.

È stato trovato morto dal suo compagno di cella. Ed è giallo sulla fine di Cristian Mizzon, 44 anni: al momento non si escludono cause naturali ma neppure il gesto volontario. Sarà l’autopsia a fare chiarezza sull’accaduto. Ma l’associazione Sbarre di Zucchero scatena la polemica: “Nel penitenziario di Verona si continua a morire nel silenzio più assoluto”, afferma.

Cristian Mizzon mercoledì 9 agosto 2023, Donatella Hodo la notte tra l’1 e il 2 agosto 2022. Due morti giovani, troppo giovani - lui 44 anni, lei soltanto 27 -, entrambi nel carcere di Verona. Due vite prematuramente interrotte in cella a Montorio a distanza di 12 mesi, nel pieno di quella stagione estiva che statisticamente è quella a più elevato tasso di suicidi tra i detenuti. Ma mentre sul gesto volontario di Donatella non ci furono dubbi - si mise un sacchetto in testa, se lo strinse al collo con un elastico per capelli e inalò il gas del fornelletto da cucina, vuotando tre bombolette, dopo aver scritto una lettera d’addio al fidanzato per dirgli “Scusa, sei la cosa più bella che mi sei capitata, ma non ce la faccio più” -, sulle cause e la dinamica della improvvisa scomparsa di Cristian non c’è certezza.

Al momento non si escludono cause naturali (il 44enne non era mai del tutto uscito dal tunnel della droga, tuttavia non risulta che accusasse o fosse in cura per uno specifico disturbo di salute), ma d’altronde non ci sono elementi per confermare o negare il gesto volontario, forse - stando a delle voci - ingerendo la sera prima “troppe pasticche”: sarà quindi il medico legale a fare chiarezza.

È stato il compagno di cella a dare l’allarme al mattino, rendendosi conto che Cristian non apriva più gli occhi: inizialmente pare che il pm di turno volesse archiviare il caso come “morte per cause naturali” senza procedere all’autopsia: a sollecitarla sarebbe stata la direzione carceraria per dirimere ogni dubbio. “Cristian era un mio cliente da tanti anni, lo conosco bene, era stato più volte dentro e fuori dalla cella per una serie di piccoli reati, mai nulla di grave - lo ricorda commosso l’avvocato Simone Bergamini - Aveva avuto una vita difficile, l’ultima volta lo avevo visto 15 giorni fa. A Montorio stava lavorando e stava per tornare libero, non mi era sembrato una persona che potesse pensare di togliersi la vita”.

Intanto però scoppia la polemica, soprattutto per la “mancata visibilità” data alla notizia, emersa solo a distanza di 5 giorni. “Nel penitenziario di Verona si continua a morire nel silenzio più totale, nell’indifferenza generale, invisibili tra gli invisibili - interviene l’associazione Sbarre di Zucchero, fondata da Micaela Tosato e Monica Bizaj all’indomani del suicidio di Donatella -. La notizia della morte di Cristian Mizzon è stata taciuta, nascosta, ci è stata comunicata da una familiare di un altro detenuto, altrimenti la sua scomparsa non avrebbe valicato le mura di cinta dell’istituto scaligero”.

Come Donatella, anche Cristian aveva scritto una lettera di dolore, che nel suo caso però risale a qualche mese fa quand’era stata pubblicata su Verona Fedele: una lettera in cui il 44enne raccontava che “da bambino la madre aveva lasciato la famiglia, poco più avanti era morto il padre e così è rimasto solo e per vivere girovagava e sopravviveva di espedienti, finché ha rubato in un supermercato ed è finito in carcere. Questo è quanto aveva scritto - rivela Maurizio Mazzi - nella lettera in cui implorava che qualcuno gli per non sentirsi abbandonato da tutti. Allora tramite Fra’ Alberto, ho incominciato a scrivergli. Poi una volta mi ha risposto ringraziandomi e con toni disperati mi diceva che a novembre sarebbe uscito dal carcere e, non avendo nessuno a cui rivolgersi, avrebbe dovuto di nuovo girovagare per strada e questo lo angosciava molto, così lo comunicai a Fra’ Alberto e ho cercato di tranquillizzare Cristian, dicendogli che ci sono persone buone e avrebbe trovato possibilità di accoglienza. Infatti avevo telefonato per lui in posti che ospitano ex detenuti”.

Matteo Barbera, agente penitenziario di Montorio e sindacalista AlSiPPe, descrive Mizzon come “un bravissimo ragazzo, mai una discussione, sempre corretto con il personale, mi dispiace davvero tanto”, mentre gli attivisti di Sbarre aggiungono: “Non sappiamo se si sia trattato di suicidio o di morte per altre cause, quel che è certo è che Cristian aveva paura del dopo, perché il dramma di tanti, di troppi, non è solo la detenzione di per sé, ma ciò che li aspetta fuori, una volta espiata la pena. Lotteremo sempre contro il muro di gomma che vorrebbe tacere su questi drammatici e continui eventi. Non si può morire nel silenzio generale, quando la tua vita è nelle mani dello Stato”.

Un ultimo “ricordo triste” arriva dall’avvocato Bergamini: “Era un ragazzo sfortunato ma buono, sicuramente non cattivo, Cristian aveva delle fragilità che non era riuscito a superare però amava tanto pescare. Io ho ancora la sua attrezzatura da pesca in studio e la terrò in sua memoria”. Un triste ricordo di una persona “fragile ma buona”. Morta in cella a 44 anni.