di Arrigo Cavallina
L’Arena, 21 febbraio 2023
Sull’Arena del 4 febbraio una lettera solleva il fondatissimo dubbio se l’insistenza sui luoghi, gli strumenti, i dettagli delle violenze e dei genocidi nazisti possa produrre, nei riguardi dei giovani, un effetto di spettacolarizzazione, come un Halloween che lascia segni superficiali di sgomento ma non approfondimenti di conoscenza e pensiero. Il lettore si fonda anche sulla sua esperienza di accompagnamento di giovani. Mi sono quindi interrogato sulla mia esperienza in un’iniziativa che l’associazione La Fraternità sta conducendo da qualche anno. Accompagniamo classi di studenti, prevalentemente di quinta superiore per sintonizzarci col programma di storia, attraverso la città e in collina per vedere i luoghi che sono stati di prigionia, di tortura, di deportazione e di morte nel biennio ‘43-’45 dell’occupazione nazifascista. Per ogni luogo, qualche ricordo significativo.
Così, seguendo un itinerario a piedi e tralasciando forzatamente altre deviazioni fuori mano, vediamo l’ex caserma Montanari, dove nel racconto di Bocchetta sono stati imprigionati centinaia di soldati italiani subito dopo l’armistizio e fatti evadere, attraverso la chiesa della SS. Trinità, con la solidarietà degli abitanti vicini. Sostiamo nell’atrio dell’ex palazzo Ina in Corso Porta Nuova, centro di comando delle SS, con le prigioni sotterranee di cui scrive anche Ferruccio Parri e le torture dei piani superiori. Proseguiamo verso quel che resta del carcere degli Scalzi, con l’obelisco ai partigiani dell’assalto per la liberazione di Roveda, e dall’altra parte della strada il bellissimo monumento, opera sempre di Bocchetta, quasi nascosto dagli olivi, al cappellano mons. Chiot, che tanto si è adoperato per i detenuti. Passando poi davanti a Castelvecchio, sede del processo e condanna a morte di Ciano e altri membri del Gran Consiglio del fascismo, sostiamo di fronte alla Sinagoga, nel cuore dell’antico ghetto, per raccontare le conseguenze delle leggi razziali e alcune vicende di esito diverso, ma più spesso di deportazione e morte di ebrei veronesi. Attraversando piazza Isolo ci si ferma davanti al grande Spino, monumento a memoria della Shoah. In piazza Martiri della Libertà guardiamo il palazzo che è stato sede del feroce Ufficio Politico Investigativo fascista e parliamo anche delle torture subite dal colonnello Fincato fino alla morte e del suo corpo buttato in Adige per nasconderla. Saliamo al Santuario della Madonna di Lourdes, che come forte S. Lonardo ha ospitato migliaia di prigionieri, destinati alla deportazione o alla fucilazione. Una porta e una stanza, dove entriamo grazie alla cortesia dei Padri Stimmatini, sono rimaste intatte, e lì nella penombra leggiamo qualche testimonianza e lettere di condannati a morte, non tralasciando di citare la figura del cappellano dei forti don Carlo Signorato, presenza importante di conforto, di aiuto e di capacità organizzativa. Per un breve sentiero scendiamo sulla “lasagna” fino a forte Sofia, ringraziando l’associazione omonima che ci permette di visitarlo nella sua splendida architettura militare austriaca. Tra i molti che anche qui sono stati imprigionati, abbiamo il racconto dello scrittore d’avventure Luigi Motta.
Di tanti altri luoghi possiamo solo dire ai ragazzi e chi vuole potrà visitarli autonomamente. Ancora il carcere a forte S. Mattia, il tiro a segno presso forte Procolo, dove è avvenuta la maggior parte delle fucilazioni; palazzo Corridoni vicino a Porta Vescovo, altra sede fascista di torture; altri edifici dove sono stati trattenuti prigionieri o deportati di passaggio, come in piazza Cittadella, le scuole Sanmicheli, il campo di concentramento di Montorio - Ponte Florio; e abbiamo narrazioni delle torture più selvagge alle Casermette di Montorio, oggi caserma Duca.
Nella mia esperienza, non mi pare che i ragazzi, da questo accumulo di scoperte e informazioni, si fermino alle impressioni superficiali. Anche le loro domande e osservazioni portano a capire che alla radice di tanta violenza sta la negazione di umanità ad intere categorie di persone, dagli ebrei agli zingari, dai disabili agli omosessuali agli oppositori politici, tutti nemici da sfruttare e sterminare. E solo da questo abisso arrivano a comprendere la portata delle affermazioni della nostra Costituzione, a partire da quella che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità”, umanità e relativi diritti riconosciuti assolutamente a tutti, perfino a chi ha davvero commesso i più gravi reati. E li vedo commossi quando concludiamo leggendo quel breve, famoso testo di Calamandrei, che non posso qui riportare interamente ma solo una frase: “Dietro ogni articolo di questa Costituzione (..) voi dovete vedere giovani come voi (..) che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa Carta”.