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di Angiola Petronio e Roberta Polese

Corriere del Veneto, 6 febbraio 2024

“Serve più assistenza, sia psichiatrica che psicologica”. Così don Carlo Vinco, Garante dei detenuti, dopo il quinto suicidio a Montorio da novembre. “Gli ero stato vicino, sono andato 4 volte a trovarlo in ospedale quando era ricoverato per il tentato suicidio all’inizio di gennaio. Aveva una situazione personale molto difficile. E non si è trattato di un caso di emulazione. È stata una sua decisione”. La voce è scorata. Sfibrata da quanto in quel carcere dove lui - don Carlo Vinco - è il Garante per le persone detenute, sta accadendo. Cinque suicidi da novembre all’altro giorno, quando a togliersi la vita - impiccandosi in cella è stato un detenuto ucraino di 38 anni.

“Cosa stia succedendo a Montorio è la domanda che ci stiamo ponendo tutti. È da tempo che il clima è teso e difficile, come in tutte le carceri italiani. Le risse sono continue e sono stati evitati un sacco di incidenti più gravi. Quei 5 suicidi non sono direttamente collegati alla situazione della casa circondariale, ma ci travolgono e ci lasciano allibiti. Creano uno scoramento che prende tutti, dai detenuti agli agenti di polizia penitenziaria”. Ragiona, don Vinco, che “ci sono state proteste anche giuste che hanno portato a proposte altrettanto giuste, ma che si limitano alla sfera lavorativa e occupazionale. Credo che la questione dei suicidi vada trattata con una dimensione professionale più ampia. Servirebbe un maggiore aiuto sia psichiatrico che psicologico”. Che il clima a Montorio sia teso lo ribadisce anche la Cgil funzione pubblica di Verona, che da tempo ha proclamato lo stato di agitazione della polizia penitenziaria e dal 23 gennaio ha chiesto un incontro con il prefetto. Il segretario generale Antonio De Pasquale ricorda “la carenza cronica di 70 unità di polizia penitenziaria, l’insufficiente presenza di personale medico, paramedico e specialistico con particolare riguardo al numero esiguo di ore destinate agli specialisti in psichiatria e psicologia”. Mentre l’Unione Camere Penali Italiane ha deliberato tre giorni di astensione per il 7, 8 e 9 febbraio “per promuovere una forte sensibilizzazione dinanzi alle vergognose e ingiuste condizioni di detenzione”, Verona Radicale ha organizzato un presidio a Montorio per giovedì alle 17. Sabato 17 febbraio alle 10,30 davanti a Comune, sarà la volta del presidio di Sbarre di Zucchero e Ristretti Orizzonti.

Quel Ristretti Orizzonti che da 24 anni raccoglie i dati sui decessi dei detenuti e stila il report “Morire di carcere”. Dati che raccontano come il 2023 è stato l’anno nero dei suicidi in carcere, e il trend del 2024 non promette nulla di buono. A parlare sono i numeri: nel 2022 i suicidi nelle carceri venete erano stati 4, due a Verona e due a Padova. Nel 2023 sono stati 9 e Verona detiene la maglia nera con 4 casi, seguito da Venezia, tre suicidi nel solo mese di giugno e Treviso e Vicenza con un caso ciascuno. Tra gennaio e febbraio del 2024 due carcerati si sono tolti la vita a Verona e uno a Padova. Il dossier, consultabile on line, non racconta solo di numeri. Accanto a ogni nome, c’è una storia, una persona, una vita interrotta.

“Quello di Montorio è il carcere in cui sono consentite meno attività rispetto alle altre strutture detentive - spiega Francesco Morelli, il volontario di Ristretti Orizzonti che cura il dossier “Morire di carcere”. A Verona la Casa circondariale detiene persone che hanno pene molto basse, in questo caso è difficile creare percorsi riabilitativi a lungo termine - spiega - nella casa di reclusione di Padova, al contrario, ci sono molte più attività. E non è un caso che al Due Palazzi di Padova nel 2023 nessun detenuto si è tolto la vita: qui infatti lavorano molte cooperative in grado di sostenere percorsi di studio e lavoro fino alla fine della pena.

“Stiamo facendo una ricerca in questi mesi per capire la motivazione che spinge un detenuto a non togliersi la vita - spiega Morelli - a fronte di una lunga privazione della libertà è da chiedersi che cosa dà senso alle giornate delle persone detenute: il lavoro, lo studio, poter parlare con la famiglia una volta al giorno. Il carcere di Bollate è un esempio: lì ci sono molte opportunità per i detenuti, e infatti si è registrato un solo suicidio in dieci anni”.