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di Angiola Petronio

Corriere del Veneto, 5 gennaio 2024

Polemica dell’associazione “Sbarre di zucchero” sul trattamento riservato al 22enne reo confesso del femminicidio di Giulia Cecchettin. La direttrice smentisce: “L’infermeria reparto a sé ma nessun trattamento di favore”. Tre. Talmente “invisibili” da essersi suicidati. Eterei, come gli altri 490. E uno, assolutamente “appariscente”. È su questa proporzione che trascorrerebbe la vita nel carcere di Montorio, a Verona. Quello in cui, come in tutti i penitenziari italiani, i detenuti sono accatastati per il sovraffollamento e la mancanza cronica di agenti di polizia penitenziaria.

Ma anche quello in cui dal 25 novembre scorso è detenuto Filippo Turetta, il 22enne di Torreglia, nel Padovano, reo confesso dell’omicidio della coetanea ed ex fidanzata Giulia Cecchettin che abitava a Vigonovo, nel Veneziano. Ed è su quei tre suicidi - per i quali è stato aperto un fascicolo in procura a Verona - e su quella presenza “ingombrante” che è tornata l’associazione Sbarre di Zucchero che si occupa dei diritti dei carcerati.

L’associazione accusa - “La linea di Sbarre di Zucchero sulla presenza di Turetta a Montorio è stata chiara dall’inizio - è scritto in un comunicato firmato da Monica Bizaj, Micaela Tosato e Marco Costantini -. Dopo aver reso noto il malumore che aleggiava tra detenuti, parenti ed avvocati, abbiamo scelto il silenzio ma, di fronte alla perdita di queste giovani vite (Farhady Mortaza, 30 anni, in cella da solo per problemi psichiatrici, Giovanni Polin, 34 anni, Oussama Sadek, 30 anni, anche lui isolato, in cella da solo nonostante precedenti atti di autolesionismo, a 3 mesi dal fine pena) non possiamo tacere di fronte al differente trattamento detentivo. Nel carcere di Verona c’è chi può trascorrere il tempo giocando con la Playstation e c’è chi viene abbandonato in una cella di isolamento...”. Chiede, l’associazione, di “capire perché esistano dei privilegi. Perché un diritto se non è per tutti diventa un privilegio a tutti gli effetti e noi non possiamo e non vogliamo far finta di nulla”.

La replica del carcere - Che si tratti di “privilegi” lo smentisce la direttrice della casa circondariale veronese. “Nessun trattamento di favore a Turetta. I detenuti che si trovano come lui in infermeria non hanno le occasioni di socialità che hanno gli altri. Pertanto hanno l’accesso a una Playstation. Questo non è un privilegio e, inoltre, di Playstation ne arriveranno altre a breve”, spiega Francesca Gioieni. “Privilegi”, quelli imputati a Turetta che gli stessi detenuti avevano negato, con una lettera aperta. “La popolazione carceraria - c’era scritto - non avrebbe acconsentito ad agevolazioni di favore rispetto ad altri”. Ma Sbarre di zucchero nel comunicato rilancia: “In un carcere dove manca praticamente tutto - occasioni lavorative, assistenza medica, con abuso di somministrazione di psicofarmaci, situazione igienico-sanitaria al limite dell’abitabilità, con celle insalubri, dove la doccia è presente solo in due sezioni, c’è una sezione con a disposizione la consolle dei videogiochi, mentre in tutte le altre sezioni regna il nulla più disperato, tanto disperato da portare al suicidio”.

Le giornate di Turetta - Lui, Filippo, le giornate le passa al primo piano della sezione infermeria dove è in osservazione. Non è in isolamento proprio per evitare, non potendo essere garantita una sorveglianza continua, che compia atti di autolesionismo. In cella è con un altro detenuto che gli fa da “tutore” e consigliere. Alla playstation sembra che non sia neanche interessato. Legge quei libri che gli sono stati dati in carcere. Lo stesso trantran quotidiano di ogni detenuto, in attesa delle valutazioni per essere spostato dall’infermeria a una sezione “normale”. Lì dove inizierà la sua reale vita da recluso.