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di Laura Tedesco

Corriere Veneto, 28 agosto 2022

Donatella Hodo si è tolta la vita nel carcere di Montorio la notte tra l’1 e il 2 agosto. La famiglia e le amiche: “Rivoleva il figlio ma quando vide che non c’era nulla da fare ci fu il crollo”.

“Nel 2014 le strapparono Adam, il bimbo che aveva appena dato alla luce. Lei non si riprese mai più, la morte di Dona iniziò in quel preciso momento di 8 anni fa”. Il male oscuro di Donatella Hodo, il trauma mai superato che le rabbuiava la mente gettandola nello sconforto? Il dolore profondo che l’ha sopraffatta nella solitudine della sua cella del carcere veronese di Montorio, portandola a togliersi la vita la notte tra l’1 e il 2 agosto scorsi ad appena 27 anni, nonostante stesse per tornare in libertà e il fidanzato Leonardo la stesse aspettando nella casa dove sarebbero andati a convivere?

Amiche ed ex compagne di cella di Dona non hanno dubbi: perché la 27enne, assalita improvvisamente dalla tristezza, ha scelto di andarsene così? “Le portarono via quel figlioletto che aveva atteso con tanta felicità, un trauma immane che non ha mai superato”. Quando lo concepì aveva quasi vent’anni.

La gravidanza portata avanti in carcere - Donatella portò avanti la gravidanza, la prima e unica della sua vita, mentre si trovava reclusa in una cella di quel carcere di Montorio da cui già allora entrava ed usciva per qualche furtarello nei negozi. “Non vedeva l’ora che il piccolo nascesse, lo aspettava con impazienza e gioia, aveva già scelto il nome”, ricordano le compagne di detenzione della 27enne che due settimane fa si è lasciata morire nel penitenziario scaligero di Montorio inalando del gas dal fornelletto, in preda a una crisi notturna di solitudine e sconforto. Con il suo gesto estremo e la sua storia di sofferenza, con la sua lotta per liberarsi dalla droga e quell’ultima dichiarazione d’amore lasciata in cella al fidanzato (“Perdonami Leo, sei stato la cosa più bella”), Donatella ha lasciato il segno. Fu lei, “lei e nessun altro” a scegliere il nome del nascituro: lo chiamò Adam.

Il figlio portato subito via alla ragazza che aveva 20 anni - Lo diede alla luce in ospedale, era sano come un pesce. Ma non glielo lasciarono godere neppure un attimo: “Le venne tolto subito, finì in adozione - denunciano le amiche della 27enne. Non permisero neppure al padre di Dona di prendersene cura, nonostante il genitore si fosse dichiarato disponibile a occuparsene per il tempo necessario alla figlia per riprendersi e riordinare la sua vita”.

Annalisa, ex compagna di detenzione, ricorda: “Conoscevo Dona di vista, la vedevo in città, ci si scambiava due chiacchiere ma niente di più… poi il 9 settembre del 2013 mi è arrivato un residuo pena da scontare e l’ho trovata in carcere a Montorio. L’ho vista con un seno prosperoso che non aveva mai avuto e, nonostante ci tenesse particolarmente alla linea, aveva un pancino rotondo che lasciava trapelare una gravidanza”.

La compagna di cella: “Dopo che le hanno tolto il bimbo si è buttata giù” - Fu Annalisa a insistere per farle effettuare il test: “Dopo le analisi, ecco il verdetto: “sì, sei incinta!”. Dona era felice ma allo stesso tempo spaventata... finché arriva la sospensione della pena. Il giorno in cui è stata scarcerata - la descrive Annalisa - Dona era raggiante, bella più che mai. Ma qualcosa poi è andato storto, in poco tempo si è ritrovata di nuovo per strada e con le sostanze a farla da padrone, comunque lei non ha mollato, ha combattuto e quando le si sono rotte le acque si sono attivati, hanno chiamato l’ambulanza, lei è arrivata in ospedale e ha partorito un bel bambino che ha chiamato Adam...”. Donatella “voleva quel piccolo e ha cercato in tutti i modi di tenerlo andando in terapia, ma non è stato abbastanza, glielo hanno tolto e lei è precipitata di nuovo in un baratro ancora più profondo. Ha combinato delle stupidaggini - prosegue l’ex detenuta - che l’hanno riportata a Montorio...È arrivata in cella distrutta, disperata con l’ennesimo fallimento a farle da zavorra sulle spalle, io la spronai, la consolai, le sono stata vicino, le urlavo in faccia che lei ce l’avrebbe fatta, che non si doveva abbattere... lei poi si riprese”.

I tentativi per riavere il figlio e il baratro - Donatella “uscì dal carcere e dalla morsa che la stringeva. Da quel momento - spiega Annalisa - il suo obiettivo diventò uno solo: “devo riprendermi mio figlio”, ripeteva Dona. Ma la burocrazia non glielo permise e le venne comunicato che Adam sarebbe stato dato in adozione. Ecco, io credo che quello sia stato l’inizio della sua fine...”.

Una rivelazione a cui il papà della 27enne suicida, Nevruz Hodo, annuisce affranto: “La nostra famiglia era vicina a Dona in ospedale, ci eravamo resi disponibili a tenerlo con noi finché lei si fosse ristabilita, ma il piccolo fu preso dai servizi sociali e nemmeno a noi fu permesso di fare nulla”. Uno strazio per tutti, un cordone ombelicale strappato, una separazione forzata che l’ha “gettata a terra”: Donatella “ha iniziato a morire in quel momento del 2014...”.