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di Angiola Petronio

Corriere di Verona, 19 aprile 2024

Lo specialista del carcere in pensione. L’avvocato Simone Bergamini responsabile dell’osservatorio carcere della Camera Penale veronese e don Carlo Vinco, Garante dei detenuti a Verona, ieri insieme per l’appello lanciato dalla conferenza dei garanti per prevenire i suicidi in carcere. Il Garante dei detenuti ha letto i nomi dei 31 che dall’inizio dell’anno si sono tolti la vita nelle carceri italiane. L’avvocato Simone Bergamini ha spiegato come “sia stata abolita la pena di morte, ma non la morte per pena”.

Ieri l’appello della conferenza dei garanti e l’analisi sul carcere di Montorio, punto di osservazione psichiatrica per tutte le carceri venete, dove lo specialista è andato in pensione ed è sostituito da “esterni”, mentre continua il sovraffollamento.

Trentuno nomi. Ai quali non si è fatto in tempo ad aggiungere il trentaduesimo, che si è tolto la vita ieri. “Ormai non si fa più in tempo ad enumerare i casi si suicidio che si è subito costretti ad aggiornare l’agghiacciante elenco”, recita uno stralcio dell’appello. Nomi che ieri a Verona - e all’unisono nel resto d’Italia sono stati letti da don Carlo Vinco, garante delle persone private della libertà personale. I nomi di chi, dall’inizio dell’anno, si è tolto la vita in carcere. Ha letto anche quelli dei due “ristretti” che si sono suicidati nelle celle di Montorio a gennaio e febbraio, don Vinco, nella giornata scelta dalla conferenza dei garanti per lanciare quell’appello e chiedere “interventi urgenti” contro quelle morti. Contro quello “stillicidio insopportabile, al pari della sensazione di inadeguatezza delle attività di prevenzione” che ieri è stato denunciato anche dall’avvocato Simone Bergamini, responsabile dell’osservatorio carcere della Camera Penale veronese.

“In Italia abbiamo abolito la pena di morte, ma non siamo riusciti ad abolire la morte per pena”, ha detto. Chiedono, i garanti nel loro appello, “a tutti i parlamentari norme specifiche e urgenti e al ministro della Giustizia provvedimenti concreti in tempi rapidi, in aderenza con le parole del presidente della Repubblica “interventi urgenti, anche per tamponare l’emergenza”. Quella che si nutre dei suicidi, ma anche di quei tentativi che non entrano nelle casistiche, ma che raccontano in maniera altrettanto drammatica le difficoltà della reclusione. “Si deve alleggerire il carcere. In carcere si muore e si muore in carcere”, ha detto don Vinco che ha ricordato come tra le morti “da statistica” non siano contemplate neanche quelle di chi in cella si lascia andare, fino a perdere la vita.

L’indulto, l’amnistia, “un gesto forte dalla politica”, l’approvazione della proposta di legge a firma di Roberto Giacchetti per la liberazione anticipata speciale è quello che chiedono garanti e camere penali. Con quell’urgenza di “rientrare nella legalità” - annullata dal sovraffollamento - che nasce da quei 32 nomi, ai quali si aggiungono quelli dei 4 agenti di polizia penitenziaria che si sono tolti la vita dall’inizio dell’anno. E con la casa circondariale di Montorio, in cui tra un mese entrerà Papa Francesco, assurta a incubatoio di vite, asfittica di spazi e di personale. Cinquecento trentasette detenuti per 338 posti, Montorio. Che tra novembre e febbraio dello scorso anno di suicidi ne ha contati 5. Dove l’infermeria trabocca, dove le celle della terza sezione sono ormai tutte a tre letti e 4 delle 8 docce sono rotte.

Dove “il problema psichiatrico sta aumentando”. Con l’assurdo di una casa circondariale, quella di Montorio, che è punto di osservazione psichiatrica per tutte le carceri venete da cui arrivano - e restano per almeno un mese - i detenuti da monitorare, ma il cui psichiatra è andato in pensione e viene sostituito da colleghi “esterni”, in attesa che venga firmato il protocollo per attivare un gruppo di lavoro con l’Usl9 che segua da vicino le situazioni di pericolo, mentre chi tra i reclusi riesce ad entrare nella lista d’attesa infinita per un posto nell’unica Rems - la residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza - del Triveneto a Nogara, aspetta in una cella.

Con quella “promozione” a istituto di primo livello superiore che porterà ad avere un comandante stabile e, forse, più agenti di polizia penitenziaria “ma che poco andrà a incidere sulla qualità della vita dei detenuti”, ha sottolineato don Carlo Vinco. Mentre l’avvocato Bergamini che ha ribadito come vada “dato più spazio alle figure specializzate come medici, psichiatri, psicologi e operatori. Nelle carceri italiane siamo tornati alla condizione di dieci abbi fa, con sovraffollamento e problemi che hanno portato alla condanna dell’Italia da parte della Corte europea dei diritti umani”. Oggi pomeriggio in quel carcere, su iniziativa del presidente della commissione Giustizia Ciro Maschio, andrà in visita il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro che sarà accompagnato da una delegazione dei parlamentari veronesi di Fratelli d’Italia.