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di Laura Tedesco

Corriere di Verona, 29 dicembre 2023

L’impegno per i detenuti: relatore a un convegno a Verona a gennaio. “Chi ha sbagliato, chi ha commesso reati, è giusto che paghi in carcere, ma deve pagare con dignità...”. Lo ha detto Pietro Maso, il veronese di 52 anni che ne ha scontati 22 in carcere, più altri 5 in semilibertà, per aver assassinato il 17 marzo del 1991 a Montecchia di Crosara il padre e la madre con la complicità di tre amici giovanissimi. Lo hanno fatto per denaro, per l’eredità: uno dei delitti più atroci della storia moderna.

“Se io a 18-19 anni avessi incontrato una persona con un vissuto importante, anche in negativo come il mio, parlandoci magari avrebbe potuto smuovere qualcosa in me, smuovere quel tanto che quella sera avrebbe potuto fermare la mia mano assassina - ha rivelato Maso in un’intervista esclusiva appena concessa al caporedattore del Tg5 Carmelo Sardo e trasmessa in streaming sui canali social dell’associazione per i detenuti Sbarre di Zucchero - Ecco, se il mio reato, il sangue dei miei genitori, può servire a qualcosa, io spero che serva a sconfiggere il male che ho fatto e fermare qualsiasi altra persona che si trovi nel baratro. Non solo nel baratro perché ha commesso dei reati, ma anche nel baratro dell’infelicità, della solitudine della vita, specie in questi giorni natalizi di festa. Il fatto stesso che una persona sia infelice è già di per sé una morte. Non è facile compiere un percorso per svuotarsi e liberarsi dal male, è più facile tornare indietro e ricascarci, ma la tenacia e il continuare a scavare in se stessi ascoltando gli altri vuole dire fare un cammino interiore di crescita”. Ripensando alle tante lettere di ammirazione che riceveva in carcere nonostante l’efferata crudeltà del male perpetrato, Maso ha spiegato che “non pensavo che così tante persone provassero il mio stesso disagio, mi ha spaventato molto sapere che non ero l’unica mela marcia ma ce n’erano tante altre con il mio stesso pensiero”.

E una volta uscito dal carcere dopo averne passati 22 dietro le sbarre, cos’ha provato Maso sentendosi urlare “assassino” dalla folla? Com’è stato il suo reinserimento tra la gente libera? “Al di là di certi episodi, tipo quando vai in un ristorante e ti invitano a non tornarci più, c’è una frase che mi guida e cioè “conoscere per amare”. Ecco, fin dall’inizio, ho avuto un pensiero quando sono uscito dalla cella ed è questo: “Io ho fatto un cammino per rientrare nella società, ma la società ha fatto lo stesso percorso per accettarmi?” Mi accorgo che molte persone sono rimaste ferme al Maso del 1991”. E oggi il Pietro 52enne come si pone di fronte a “quella” sera del 1991 in cui si è trasformato in assassino? “Ci ripenso tutti i giorni, soprattutto la sera quando ripercorro la giornata e mi riprometto di migliorarmi il giorno dopo, per me ricordare quella sera del 1991 vuole dire impegnarmi a fare di meglio il giorno dopo”.

A proposito del discusso istituto della “giustizia riparativa” introdotto dalla riforma Cartabia, per Maso “chi ha subìto il male, chi ha perso una persona cara, ritroverà la pace e la serenità solo incontrando e abbracciando il carnefice, il quale ovviamente dovrà prima aver compiuto un percorso di ravvedimento interiore”: com’è accaduto a una figlia di Aldo Moro che ha detto “i miei amici che hanno ucciso mio padre”.

Il giorno dopo la condanna a 30 anni di reclusione in primo grado, “la mattina ho pensato “o la faccio finita o indosso le scarpe e inizio il mio percorso per tornare nella società”. Ecco, io ho scelto la seconda strada”. E a proposito dell’escalation di suicidi in carcere, “voglio dire che i detenuti si trovano in custodia e quindi vanno seguiti e sorvegliati. Se uno di loro si toglie la vita significa che lo abbiamo condannato non a 8-10 anni di reclusione, ma alla pena di morte”.

Commentando l’ora di dialogo con Maso, secondo l’intervistatore Carmelo Sardo “Pietro si è messo a nudo, affrontando tutti i temi che gli ho proposto, con una vivida intelligenza che mi ha colpito molto. Ora, ognuno è libero di pensarla come crede, per carità, ma non dimenticate che - sottolinea il caporedattore del Tg5 - la nostra costituzione, all’articolo 27, prevede che il carcere debba tendere alla rieducazione di chi ha sbagliato. Ecco, Pietro Maso, come molti altri prima di lui, ha scontato la sua condanna, ha pagato il debito con la giustizia, e non è più il reato che ha commesso: oggi è un uomo nuovo che la società deve riaccogliere; ma la società è pronta?”.

Di certo, il Maso 52enne farà ancora parlare di sé, sia per il suo ebook “La pietra scartata, un uomo nuovo, racconti dal carcere”, sia per il suo prossimo impegno come relatore in incontri pubblici. Il primo appuntamento è già in calendario per il 24 gennaio, quando Maso parteciperà con il deputato Flavio Tosi, la consigliera comunale Patrizia Bisinella e l’imprenditore Antonio Alestra a un evento sulla formazione e il lavoro in carcere, “Sprigioniamo il lavoro”, moderato dall’avvocato Simone Bergamini e organizzato da Sbarre di Zucchero.