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di Giovanni Bianconi

Corriere della Sera, 7 giugno 2023

Pestaggi, insulti: 5 i poliziotti messi agli arresti domiciliari. Un agente ha urinato su un fermato a terra, dicendo ai colleghi: “So io come svegliarlo”. Un altro poliziotto ha raccontato alla fidanzata al telefono le vessazioni nei confronti dei detenuti nell’“acquario”, la stanza dei fermati: “Violenti e sadici”.

La prima “tortura” contestata in ordine di tempo è quella contro un fermato italiano, e risale al 22 agosto scorso: percosse varie e poi un “vigoroso schiaffo sul volto tale da fargli perdere i sensi per dieci minuti”, con successivo calcio da parte di un collega “istigato a infierire”; la seconda è del 21 ottobre, nei confronti di un cittadino africano apostrofato come “tunisino di merda, figlio di puttana, cosa ci fai qui?”, colpito con lo spray urticante al momento del fermo e poi preso a calci quando scendeva dalla macchina, con annessa “azione degradante consistita nell’avere, uno dei poliziotti, urinato sulla parte lesa distesa a terra dopo aver proferito le espressioni ‘so io come svegliarlo”; la terza sarebbe avvenuta il 26 ottobre a carco di un altro cittadino africano, stavolta chiamato “marocchino di merda” e “bastardo”, colpito con un calcio; la quarta è della notte tra il 9 e il 10 novembre e ha riguardato ancora un africano preso a “calci, sberle e spintoni”, anche lui riempito di spray urticante e con la minaccia di spruzzarglielo anche “nel culo”.

Sono gli episodi riassunti nell’atto d’accusa del giudice dell’indagine preliminare che ha mandato agli arresti domiciliari cinque poliziotti in servizio alla Questura di Verona, di età comprese fra i 24 e i 44 anni, messi sotto inchiesta dai loro stessi colleghi della squadra mobile dopo che - nell’ambito di un’altra inchiesta nella quale era sorto il sospetto di una perquisizione “compiacente” a carico di alcuni albanesi inquisiti per tentato omicidio e altri reati - in alcune intercettazioni si parlava di percosse nei confronti di persone fermate.

In particolare uno degli indagati, l’agente non ancora venticinquenne, “ripetutamente descriveva al telefono alla propria fidanzata, con evidente compiacimento, la commissione, da parte sua e di altri colleghi, di condotte gratuitamente violente e sadiche nei confronti di soggetti privati della libertà personale, anche solo per identificazione, spesso trattenuti nella stanza fermati, denominata cinicamente ‘L’acquario’ per la presenza di una parete in plexigas attraverso la quale il personale di polizia era ed è in grado di osservare ‘i pesci’ rinchiusi’ “.

Per accertare i fatti i funzionari della stessa Questura, d’accordo con i pubblici ministeri della Procura, hanno messo sotto intercettazione telefonica e ambientale i poliziotti sospettati, e attivato le telecamere in alcuni uffici da loro frequentati, oltre che visionato le immagini registrate dall’impianto di videosorveglianza nella stanza-fermati chiamata “acquario”.

È stato dunque lo stesso Corpo di appartenenza, guidato dal questore Roberto Massucci, che ha fornito ai magistrati il materiale per procedere alle contestazioni e agli arresti nei confronti dei poliziotti indagati, ma ha pure allontanato dai rispettivi impieghi una ventina di altri agenti considerati responsabili di omissioni o coperture in favore degli accusati, procedendo a un immediato trasferimento ad altri incarichi in attesa degli sviluppi dell’inchiesta penale.

“È innegabile - scrive il giudice nell’ordinanza di custodia cautelare - che tutti gli indagati abbiano tradito la propria funzione comprimendo i diritti e le libertà di soggetti sottoposti alla loro autorità, offendendone la stessa dignità di persone, creando essi stessi disordine e compromettendo la pubblica sicurezza, commettendo reati piuttosto che prevenirli, in ciò evidentemente profittando della qualifica ricoperta”.

In uno dei casi di violenza, due poliziotti sono accusati non solo di aver picchiato una persona sottoposta a fermo di identificazione, ma anche di averla costretto a urinare nella stanza fermati, scrive il Gip di Verona nell’ordinanza nei confronti degli indagati, sottolineando che gli stessi l’hanno poi l’hanno spinta in un angolo facendola cadere a terra e usandola “come uno straccio per pulire il pavimento”.

Inoltre il gip aggiunge “un’altra amara considerazione”, relativa a un particolare: “I soprusi, le vessazioni e le prevaricazioni poste in essere dagli indagati risultano aver coinvolto in misura pressoché esclusiva (tranne un caso, ndr) soggetti di nazionalità straniera, senza fissa dimora ovvero affetti da gravi dipendenze da alcol o stupefacenti, dunque particolarmente ‘deboli’”. Una circostanza che, secondo il giudice, “da un lato ha consentito agli indagati di vincere più facilmente eventuali resistenze delle loro vittime, e dall’altro ha rafforzato la convinzione dei medesimi di rimanere immuni da qualunque conseguenza di segno negativo per le loro condotte, non essendo prevedibile nella loro prospettiva che alcuna delle persone offese si potesse determinare a presentare denuncia o querela pronto”. Senza fare i conti, però, con i colloqui causalmente registrati dalle microspie attivate per un’altra inchiesta, e con la determinazione a indagare a fondo - una volta emersi i primi sospetti - della stessa Questura di cui facevano parte.