di Laura Tedesco
Corriere del Veneto, 5 agosto 2022
“Perdonami Leo, amore mio, sii forte, ti amo e scusami...”. Togliersi la vita a 27 anni nella solitudine di una cella quando sei giovane e bella, sai che presto tornerai libera e hai un fidanzato che fuori ti aspetta nella casa che avete da poco preso in affitto per convivere. Perché Donatella lunedì notte nel penitenziario veronese di Montorio si è rannicchiata sul letto fingendo di dormire e ha inalato dal fornelletto il gas con cui si è lasciata morire? Se lo chiede il suo Leo, “sconvolto e ancora incredulo”, se lo domandano attoniti i tanti amici e le compagne di cella “che l’adoravano”. A volerlo scoprire è anche la Procura scaligera che con la pm Maria Beatrice Zanotti ha deciso di aprire un’inchiesta e disposto l’autopsia per accertare dinamica ed eventuali responsabilità.
“Dona”, così la chiamavano tutti, è stata trovata esanime alle 8 di martedì mattina: le dovevano portare la terapia per i problemi di dipendenza con cui purtroppo stava lottando da tempo per “ripulirsi”, invece l’hanno scoperta “in rigor mortis”.
Secondo il medico se n’era già andata 4-5 ore prima: i dettagli li stabilirà l’esame autoptico che verrà effettuato al Policlinico di Borgo Roma unitamente ai test tossicologici. In carcere la tragica fine della 27enne ha gettato tutti nella disperazione, dal direttore al comandante, dagli agenti alle altre detenute: “Era impossibile non affezionarsi, era un’anima buona ma troppo fragile e così sensibile...”. Lo dimostrano le sue ultime parole, quelle che prima di volarsene via Donatella ha lasciato incise su un foglietto bianco, un messaggio traboccante di affetto per il suo Leo: “Amore mio, mi dispiace. Sei la cosa più bella che mi poteva accadere e per la prima volta in vita mia penso e so cosa vuol dire amare qualcuno ma ho paura di tutto, di perderti e non lo sopporterei. Perdonami Leo amore mio, sii forte, ti amo e scusami”.
Frasi che lacerano il cuore, un’ultima dichiarazione d’amore a cui Leo ora vuole rispondere così: “Una parte di me te la sei portata via e non tornerà mai più, non riuscirò mai a capire né smetterò mai di chiedermi perché. Come faccio ora senza di te? - domanda sconvolto il ragazzo della 27enne suicida - Dona, amore, ho sempre creduto in te e in noi, te l’ho dimostrato. Tu eri la mia casa, il mio riparo, la mia àncora, non ti avrei mai lasciato sola. Invece ora tu hai lasciato da solo me, con mille perché a cui non potrai mai rispondermi. Mi hai lasciato un vuoto che non potrò mai colmare con niente. Mi mancherai per tutta la vita, ti ho amato con tutto me stesso ma forse non era abbastanza, forse non sono riuscito a capirti fino in fondo nemmeno io”.
La conclusione del fidanzato è straziante: “Farei qualsiasi cosa per averti qui ancora, sei parte di me e lo sarai sempre amore mio. Mi manchi da morire, non sai quanto Dona... tuo Leo”. Anche l’avvocato Simone Bergamini, che difendeva la 27enne per i suoi guai con la giustizia legati ai furtarelli nei negozi per comprarsi la droga, è angosciato dalla notizia: “Donatella non era solo una persona che assistevo legalmente. Era una ragazza che mi aveva chiesto aiuto per scontare la pena in misura alternativa al carcere e per curarsi definitivamente dalla dipendenza che fin da giovanissima la spingeva a commettere i reati per i quali si trovava in istituto di pena.
La conoscevo da circa 12 mesi. Dall’età di 21 anni - rivela l’avvocato era uscita e rientrata in carcere varie volte, e anche per questo nel seguire la sua posizione vi è stata assoluta unità di intenti con gli operatori del Sert, gli educatori del carcere, i volontari e la Magistratura di Sorveglianza, che gli ha sempre concesso una possibilità. Il mio grosso personale rammarico rimane quello di non avere avuto la capacità, nei numerosi colloqui avuti fino a venerdì scorso, di intercettare il suo enorme disagio interiore e di sostenerla, per quanto possibile.
Il dispiacere è davvero grande e quando accadono fatti simili il senso di impotenza e di fallimento è totalizzante. La riflessione che ne segue è che forse - conclude il legale - il sistema penitenziario necessita di figure professionali più numerose e che possano seguire soggetti psicologicamente deboli, comprendendone il disagio e sostenendoli nel percorso di reinserimento, anche psicologico”.