di Marianna Peluso
Corriere di Verona, 30 novembre 2024
“Ai detenuti servono più cultura e formazione”. “La situazione delle carceri italiane riguarda tutti noi, al pari delle scuole e degli ospedali. Deve riguardarci perché potremmo finirci tutti, anche solo per un errore di giudizio. Il carcere è un concentrato dei problemi del mondo fuori”. Daria Bignardi, giornalista e scrittrice, autrice di “Ogni prigione è un’isola”, è intervenuta ieri all’incontro “Carceri. Emergenza diritti” promosso dal gruppo “Radici dei diritti” dell’ateneo scaligero. Il suo intervento, previsto in presenza al Polo Zanotto, per un contrattempo è diventato un collegamento online, inserito in un fitto panel a cui hanno assistito circa settecento studenti delle scuole superiori veronesi. “L’articolo 27 della Costituzione stabilisce che le pene non possano consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e debbano tendere alla rieducazione del condannato - sottolinea Bignardi -, ma è un equilibrio quasi impossibile da mantenere, per il sovraffollamento delle carceri e tutti i problemi che ne conseguono. Uno su tutti, i suicidi: con 83 suicidi contati dall’inizio dell’anno fino ieri, il 2024 si candida per diventare l’anno col numero più alto di suicidi in carcere”.
Un argomento scottante, su cui si è esposto anche Ivan Salvadori, docente di Diritto Penale dell’Università di Verona: “Il sovraffollamento porta ad atti di autolesionismo - dichiara -. Nella casa circondariale di Montorio si contano 600 detenuti, sebbene la capienza sia di 335”. Una condizione che si rispecchia, in scala, nel resto d’Italia. Al 4 novembre, ultimo dato disponibile del ministero della Giustizia, nelle prigioni c’erano 62.220 detenuti mentre la capienza sarebbe di 51.181 (a cui bisognerebbe sottrarre i posti inagibili, che quindi abbatte il numero di posti letto a 46.756). Un sovraffollamento causato anche dalle recidive che, però, potrebbero essere evitate. Come? Attraverso la cultura, l’acquisizione di competenze e di un ruolo nella società. “La formazione e la conoscenza - chiosa la direttrice della casa circondariale di Montorio, Francesca Gioieni sono gli unici mezzi per costruirsi un’identità”.
Nel carcere veronese, il diritto allo studio si concretizza in un’offerta didattica che va dalla scuola dell’obbligo fino ai corsi universitari, grazie a un accordo siglato a fine settembre tra l’Università di Verona, la casa circondariale di Montorio e un’ampia rete di enti impegnati nella promozione del recupero sociale delle persone sottoposte a provvedimenti giudiziari restrittivi. “In questo momento ci sono quattro detenuti che studiano per laurearsi - aggiunge Salvadori -. A breve entrerò come referente del progetto. Ci saranno anche studenti-tutor che affiancheranno gli studenti detenuti, supportandoli nel loro percorso di studi. Li metteremo in condizione di poter avere le lezioni registrate e di sostenere gli esami all’interno del carcere con i docenti dell’Univr”.
Un’altra novità bolle in pentola: “Il 13 dicembre, giorno di Santa Lucia, inaugureremo uno spazio colloqui a misura di bambino - svela don Carlo Vinco, garante dei detenuti del Comune di Verona -. È uno spazio già esistente, ma che è stato totalmente rinnovato, con disegni colorati sui muri e giocattoli, in modo che possa accogliere i figli dei detenuti in visita”.