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rainews.it, 21 novembre 2023

La tragedia domenica pomeriggio a dieci giorni dal caso precedente. Il compagno di cella uscito per l’ora d’aria. Le lenzuola strette attorno al collo e annodate alle sbarre. Erano le quattro del pomeriggio di domenica quando Giovanni Polin, 34 anni, ha deciso di togliersi la vita nel carcere di Montorio, a Verona. Stessa scelta, dieci giorni fa, di un altro detenuto, deceduto poi in ospedale. Polin, che aveva 34 anni, era stato arrestato di recente a seguito della denuncia per maltrattamenti sporta dalla ex compagna. L’uomo è solo l’ultima vittima di un’emergenza di cui si fatica a invertire la rotta. In Italia il 2022 è stato l’anno nero dei suicidi nei penitenziari: 84 le vittime. Mai così tante dal 1992. Quest’anno, con Polin, i casi sono arrivati a 63.

Suicidio nel carcere di Verona: detenuto si è tolto la vita a Montorio, di Andrea Aversa (L’Unità)

Due suicidi in dieci giorni presso il penitenziario veneto, il terzo dal mese di agosto. Anche in questo caso non c’è stata alcuna comunicazione da parte dell’amministrazione penitenziaria o del Garante per i diritti dei reclusi. Ancora un suicidio in carcere, ancora a Montorio, penitenziario di Verona. Si è trattato del secondo caso in dieci giorni. E anche questa volta, senza il contributo dell’associazione Sbarre di zucchero, la notizia non sarebbe stata resa pubblica. È evidente che il silenzio e l’indifferenza sono diventate il metodo prediletto dell’amministrazione penitenziaria veronese. Una sindrome che pare abbia contagiato anche il Garante per i diritti dei detenuti. È stato così per il giovane Cristian Mizzon lo scorso agosto. Lo stesso è accaduto dieci giorni fa per un cittadino di origine afgana e con problemi psichiatrici. E in questo modo siamo arrivati a 55 suicidi avvenuti nelle carceri italiane dall’inizio dell’anno. Insomma, la mattanza di Stato continua senza fine.

I fatti sono accaduti verso le 16 della giornata di ieri. Secondo quanto riportato da Sbarre di zucchero, il detenuto in questione aveva 25 anni ed era cittadino italiano di adozione. Il giovane era recluso presso la prima sezione del carcere veronese di Montorio. “Come le volte precedenti, carcere e garante dei detenuti non ne hanno fatto parola. Perché questo silenzio? Cosa impedisce loro di informare su questi gravissimi e troppo frequenti eventi tragici?”, ha scritto in una nota il direttivo dell’associazione. Dieci giorni fa è toccato a un uomo di origini afgane ma con cittadinanza austriaca (perché rifugiato politico). Addirittura in questo caso era stata diramata la notizia di un suo salvataggio. Invece, la vittima si era impiccata e il suo decesso era avvenuto due giorni prima della diffusione di quelle comunicazioni.

Il detenuto era affetto da problemi psichiatrici. Come spesso accade in Italia, le persone con tali patologie invece di essere destinate a strutture sanitarie adeguate vengono sbattute in carcere. E questi sono i risultati. Lo scorso agosto, sempre nel carcere di Montorio (il penitenziario dove si è tolta la vita Donatella Hodo), è deceduto il giovane Mizzon. A raccontarci l’inferno che c’è all’interno della struttura, è stata l’attivista Micaela Tosato: “A Montorio sono due le emergenze che meriterebbero particolare attenzione. La prima è quella dell’assenza di lavoro. La cooperativa che si occupava di organizzare le attività professionali nel carcere è stata fatta fuori dopo tanti anni di collaborazione. Il motivo? Anomalie fiscali emerse, così, improvvisamente. Poi c’è l’abuso della terapia, con la somministrazione troppo facile di farmaci pesanti. Ma non è da trascurare la questione igienico - sanitaria: sono solo due le sezioni che hanno la doccia in cella. Immaginiamo 20-25 persone che in un’ora devono farla e condividerla”.