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di Francesco Brun

Corriere del Veneto, 29 ottobre 2023

La vicentina: qui non solo reati ma persone. Voglio essere un seme. Una vita di spaccio e furti, poi un’altra vita dietro le sbarre del carcere ma anche sul palcoscenico di una carriera teatrale che le ha regalato soddisfazioni e riscatto. Ora Elena, 44 anni, di Altavilla vicentina, detenuta a Vigevano, sta affrontando una terza sfida: ha un tumore, potrebbe uscire di prigione ma non ha una casa. La sua lettera è stata pubblicata sui social e subito ha ricevuto offerte di ospitalità.

“Sono stata una criminale, per guadagnarmi la vita, nella prima parte della mia esistenza... Poi ho lottato per provare a cambiare il mondo, o meglio, migliorare la società. Adesso mi trovo in un’altra tappa: sono solo una donna e, domani, come qualsiasi altra donna sarò solo un cumulo di vermi e scomparirò”. Inizia con queste forti parole la toccante lettera di Elena, quarantatreenne originaria di Altavilla Vicentina, attualmente detenuta nel carcere di Vigevano: deve scontare una pena di 19 anni e 4 mesi, conseguenza di una lunga carriera di furti, anche negli ospedali, spaccio e narcotraffico.

La lettera è stata inviata a “Sbarre di Zucchero”, un’associazione che si batte per i diritti dei carcerati, che l’ha resa pubblica sui social per far conoscere la storia di Elena e aiutarla. È uno scritto profondo, pregno di sentimento, dal quale emerge tutto lo sconforto di chi si trova privato della libertà in un momento critico della propria esistenza. La donna è infatti affetta da un cancro in fase avanzata, condizione che l’ha portata a pesare meno di 40 chili per un metro e 75 di altezza, e per il quale lo scorso maggio è stata giudicata incompatibile con la permanenza all’interno di una struttura carceraria.

Allo stesso tempo, però, il fatto che non disponga di un domicilio e che sia stata giudicata inabile a qualsiasi impiego (nonostante avesse dichiarato di voler lavorare) hanno fatto scattare un vero e proprio cortocircuito giuridico. Il Tribunale di sorveglianza di Milano ha infatti respinto l’istanza presentata dai legali della donna, i quali avevano chiesto una detenzione alternativa visto il suo stato critico di salute. Elena, però, non solo non dispone di un’abitazione, ma non può lavorare e non ha una famiglia alle spalle; è non è stato nemmeno possibile reperire, tramite l’intervento dei servizi socioassistenziali, un alloggio o una struttura disposte ad accoglierla. Un vicolo cieco.

Alla base di questa problematica ci sarebbe il fatto che nessun ente preso in considerazione è in grado di garantirle le cure adeguate per la malattia e perciò, nonostante il parere negativo della direzione sanitaria, al momento Elena si trova ancora in cella. Nella lettera, la donna si immerge in una profonda riflessione sul senso della vita e della libertà, soprattutto in relazione alla sua condizione di detenuta. “Non posso vedere un mondo migliore se il male alberga dentro di me - le sue parole -, sotto gli occhi di tutti e nell’indifferenza di tutti. Nell’iniquità, quella detentiva, tra esseri umani e detenuti! Dove hai sin troppo tempo per lamentarti e nessuno ha tempo per ascoltarti! Dove sei un numero a prescindere da chi eri prima di esserlo, quel numero. Dove il tuo passato conta solo verso la Giustizia, non verso la tua vita vera”.

Dopo un periodo vissuto di espedienti, Elena ha cercato il riscatto attraverso il teatro, portando avanti una proficua carriera di attrice e arrivando a realizzare degli spettacoli per il Comune di Milano. In seguito alla diffusione dell’appello a darle una mano, con tanto di codice Iban (diffuso sui vari canali social da “Sbarre di Zucchero” e che ha superato le 30.000 visualizzazioni su TikTok) si sono registrate le prime risposte. Prima un uomo di Verona, che si ricordava di lei e che si è proposto di aiutarla, e poi un’offerta da Vicenza, da parte di un ragazzo con problemi di tossicodipendenza che vive in un appartamento protetto messo a disposizione dalla cooperativa Insieme: il giovane si è proposto di metterla in contatto con i vertici dell’associazione per poter garantire alla 43enne una condizione migliore.

Leggendo con attenzione il manoscritto, quella di Elena appare comunque come una vera e propria battaglia per la giustizia, destinata soprattutto a chi si troverà in quella situazione dopo di lei. Dopo aver citato alcuni versi di Alda Merini, che affrontano il tema della detenzione, la donna chiude la lettera con queste parole: “Ed allora spero di essere risparmiata dai vermi, e, sottoterra essere quel seme necessario alla società per guardare al carcere non solo nei reati ma nelle persone che lo abitano”.