sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Marco Bresolin

La Stampa, 23 settembre 2023

La replica di Roccella: “Il nostro disegno di legge risponde al richiamo”. I dati italiani sui procedimenti giudiziari relativi alla violenza sulle donne vengono definiti “preoccupanti”. Perché c’è “una percentuale persistentemente elevata di procedimenti penali relativi a violenze domestiche e sessuali che vengono interrotti nella fase delle indagini preliminari” e dunque non sfociano in un processo. Non solo: nel nostro Paese c’è “un uso limitato delle ordinanze cautelari e un tasso significativo di violazione delle stesse”. A lanciare l’allarme è il comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, l’organizzazione internazionale che rappresenta 46 Stati e che esamina l’attuazione delle sentenze della Corte europea per i diritti dell’uomo.

Il comitato dei ministri ha inoltre “invitato le autorità italiane a proseguire gli sforzi per ampliare e diffondere ulteriormente la formazione mirata in materia” all’interno del suo sistema giudiziario riservando “una particolare attenzione alla specializzazione dei giudici preliminari”. Nello specifico, Strasburgo chiede di “avviare attività specifiche per promuovere l’uso di un linguaggio giudiziario sensibile alle differenze di genere”. Roma dovrà fornire informazioni su tutte le questioni sollevate “entro il 30 marzo del 2024”.

Il sistema italiano è finito sotto la lente con tre accuse precise. La prima: “Mancato rispetto dell’obbligo positivo di valutare correttamente il rischio di vita nei casi di violenza domestica e di garantire una risposta tempestiva adeguata”. La seconda: “Sessismo nella percezione del fenomeno della violenza contro le donne, anche nelle decisioni giudiziarie, con conseguente vittimizzazione secondaria”. E infine: “Impunità per gli atti di violenza domestica, dovuta a una combinazione di passività giudiziaria e di modifiche al regime di prescrizione”. Il verdetto precisa che “le informazioni fornite dalle autorità non consentono una valutazione completa della situazione”.

Oltre alle critiche, però, il Consiglio d’Europa riconosce anche i progressi che sono stati fatti negli ultimi anni in questa materia. Per esempio si “prende atto con soddisfazione delle misure adottate” e in particolare “delle modifiche al Codice di procedura civile, dell’adozione del terzo piano nazionale e del rinnovo del monitoraggio parlamentare del fenomeno”. Al tempo stesso si “sottolinea l’importanza di assicurare che l’impatto delle misure adottate garantisca una risposta rapida ed efficace delle forze dell’ordine e della magistratura”.

Il Comitato ha inoltre “accolto con favore” l’adozione della legge 53 del 2022 “che ha istituito un sistema integrato di raccolta dati sulla violenza di genere, rispondendo così alla richiesta” di Strasburgo e ha “invitato le autorità a garantirne l’effettivo funzionamento e la portata”.

“Il disegno di legge varato dal governo - ha replicato la ministra per la Famiglia, Eugenia Roccella - interviene proprio su questi nodi in quanto potenzia le misure di prevenzione e cautelari e soprattutto, per la prima volta, fissa tempi rigorosi e stringenti per la loro applicazione e per la valutazione del rischio da parte della magistratura”.

Il Comitato - che non ha nulla a che vedere con l’Unione europea - si è espresso sulla situazione generale in Italia, ma partendo dall’esame di tre casi specifici relativi ad altrettante donne che sono state vittime di violenza domestica e sessuale che poi non sono state adeguatamente protette oppure che sono state oggetto di vittimizzazione secondaria.

La decisione resa nota ieri impone all’Italia di trasmettere a Strasburgo le informazioni relative ai processi in questione entro il 15 dicembre, chiede di “concludere rapidamente i procedimenti penali contro gli aggressori” e di effettuare “una valutazione delle autorità competenti sulla possibilità di avviare un’indagine sulle minacce di morte ricevute da una delle donne e sui maltrattamenti subiti dai suoi figli”. Inoltre esprime “preoccupazione per il pignoramento” di un risarcimento per danni morali a una delle vittime che era stato disposto dai giudici di Strasburgo, dopo che la donna aveva vinto la causa alla Corte europea dei diritti dell’uomo.