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di Damiano Aliprandi

Il Dubbio, 18 agosto 2023

Garanti regionali e associazioni nelle carceri: sovraffollamento, ma anche lacrime per la salute fisica e mentale, invasione di topi e blatte e detenuti che entrano per scontare solo pochi giorni. Dalle visite di ferragosto effettuate dai garanti regionali, dalle associazioni come Nessuno Tocchi Caino e dalle delegazioni del Partito Radicale, emerge prepotentemente che il sistema penitenziario in Italia è allo sbando. Partiamo dalle parole di Maria Grazia Caligaris dell’associazione Socialismo Diritti Riforme Odv, le quali mettono in luce una situazione allarmante all’interno delle carceri sarde, sottolineando l’importanza di affrontare la questione anziché cercare soluzioni superficiali. L’alta percentuale di detenuti anziani è uno degli aspetti che richiede attenzione immediata.

La Sardegna si classifica al secondo posto in Italia per il numero di detenuti sopra i 70 anni, con il 3,32% del totale. Questa cifra supera la media nazionale del 2,02%, indicando una situazione particolarmente critica. Il fatto che i detenuti anziani siano così numerosi richiede un approccio più umano e attento alle loro esigenze. L’età avanzata comporta spesso necessità mediche e di assistenza specifiche che le carceri tradizionali potrebbero non essere in grado di fornire adeguatamente. La presenza di giovani detenuti tra i 18 e i 24 anni è un altro fattore preoccupante. Questo gruppo spesso manifesta problemi legati a disagio socio- economico, tossicodipendenze e disturbi psichici derivanti dall’abuso di sostanze. Una riforma efficace dovrebbe affrontare le cause sottostanti di questi problemi, cercando di indirizzare questi giovani verso programmi di riabilitazione e recupero invece che relegarli in un sistema carcerocentrico che potrebbe non offrire loro il supporto necessario.

La visita di Ferragosto della Garante regionale per i detenuti ed esponente del Partito Radicale Irene Testa, al carcere di Alghero, ha evidenziato ulteriormente le problematiche del sistema. La presenza di detenuti con disturbi psichiatrici e tossicodipendenze mette in luce la carenza di risorse e di personale addestrato per affrontare queste situazioni complesse. La richiesta di una riforma da parte della Garante è un segnale importante che non può essere ignorato. Inoltre, la contraddizione tra il sovraffollamento delle carceri e la sottoutilizzazione di strutture come la colonia penale agricola di Mamone evidenzia una mancanza di coordinamento e pianificazione. Questo sottolinea l’importanza di sviluppare un approccio detentivo concentrato sulla rieducazione, il recupero dei detenuti anziché sulla mera punizione, ma anche una adeguata amministrazione.

Infine, la mancanza di strutture adeguate per i detenuti con disturbi psichiatrici rappresenta un’ulteriore lacuna nel sistema. È essenziale investire nelle risorse e nel personale necessari per offrire il supporto adeguato a queste persone, garantendo loro la giusta cura e trattamento anziché relegarle in condizioni inadeguate. Una problematica, quest’ultima, segnalata più volte anche dal garante nazionale attraverso i suoi rapporti inviati all’amministrazione penitenziaria evidenziando “l’esigenza di avere nella Regione almeno un servizio di assistenza intensiva (Sai) in grado, in base alle caratteristiche strutturali, di proporre assistenza sanitaria ospedalizzata, seppure per brevi periodi, alle persone detenute”.

Il sistema penitenziario in Sardegna rispecchia d’altronde il problema generale che riguarda le patrie galere, e richiede una riforma profonda e coraggiosa. La concentrazione su soluzioni superficiali come l’utilizzo di caserme dismesse non risolve le sfide complesse che il sistema affronta attualmente. È necessario, prendendo in esame la questione sarda, un approccio che consideri le esigenze specifiche dei detenuti anziani, dei giovani con problemi psichici e tossicodipendenze, nonché dei detenuti con necessità mediche particolari.

Ma, dando uno sguardo generale, c’è anche il problema di detenuti che fanno ingresso in carcere per scontare anche pochi giorni. Che senso ha? È quello che si chiede Rita Bernardini di Nessuno Tocchi Caino che ha vistato, assieme a Maria Brucale, Carlotta Chiaraluce, Aloisa Felici e Silvia Mattaroccia, il carcere romano di Rebibbia Nuovo complesso. Ha potuto constatare che ben 971 detenuti su un totale di 1.246 detenuti definitivi presentano una durata della pena inferiore ai 4 anni. Questo rappresenta una percentuale significativa della popolazione carceraria di Rebibbia. Di questi, 321 detenuti hanno una pena compresa tra un giorno e un anno. Un numero leggermente superiore, 314 detenuti, ha pene comprese tra uno e due anni. La fascia di pena tra due e tre anni coinvolge 246 detenuti. Infine, 190 detenuti hanno una pena che varia tra tre e quattro anni. Non si comprende come sia possibile che rimangano in carcere, senza essere raggiunti da una misura alternativa. Ed è una problematica che riguarda numeri non indifferenti. Ricordiamo l’ultima relazione al parlamento del garante nazionale.

A giugno scorso, 1551 persone sono in carcere per scontare una pena - non un residuo di pena - inferiore a un anno, altre 2785 una pena tra uno e due anni. “È evidente - ha detto il garante Mauro Palma durante la presentazione della relazione al parlamento che una struttura complessa quale è quella carceraria non è in grado di predisporre per loro alcun progetto di rieducazione perché il tempo stesso di conoscenza e valutazione iniziale supera a volte la durata della detenzione prevista. Non solo, ma questi brevi segmenti di tempo recluso sono destinati a ripetersi in una sorta di serialità che vede alternarsi periodi di libertà e periodi di detenzione con un complessivo inasprimento della propria marginalità”.

A tutto questo si aggiunge il sovraffollamento e le condizioni igieniche degradanti. Nella giornata di ferragosto, il carcere di Poggioreale è stato il fulcro di un’ispezione da parte del garante campano dei detenuti, Samuele Ciambriello. I padiglioni Napoli, Italia, Genova e Firenze, che ospitano migliaia di detenuti, sono stati esaminati con occhio attento.

Ciò che emergerebbe da questa visita è un quadro di sovraffollamento e condizioni igieniche precarie come l’invasione di blatte e topi che solleva domande inquietanti sulla gestione della struttura e la dignità delle persone ristrette. I numeri parlano da soli: in una struttura con una capienza ufficiale di 1.639 posti, ben 2.064 detenuti erano presenti durante la visita. Questo significa che oltre 400 persone sono ristrette al di là della capacità dell’istituto. Questo sovraffollamento non solo crea problemi di spazio fisico, ma mette a dura prova anche le risorse umane, dal personale penitenziario al personale educativo e sanitario.

Il garante Ciambriello, elogiando il personale di polizia penitenziaria per aver agevolato la sua visita nonostante le difficoltà, dimostrando professionalità e dedizione, ha rilevato che le celle, progettate per ospitare un numero inferiore di detenuti, ora sono occupate da un numero eccessivo di persone. Ha portato all’attenzione delle autorità le condizioni inaccettabili in cui alcuni detenuti si trovano, con letti a castello affollati e spazi limitati che possono ospitare fino a 10- 12 persone.

La questione dell’igiene è un altro aspetto critico. Ciambriello ha segnalato la presenza di muffa e umidità in molte celle, rendendo gli ambienti insalubri e potenzialmente dannosi per la salute dei detenuti. La mancanza di docce calde è un’altra lamentela che ha sollevato, mettendo in luce le difficoltà quotidiane affrontate dai detenuti a causa di carenze strutturali. Ma ha anche espresso preoccupazione per la presenza di ratti e blatte all’interno del carcere, chiedendo un intervento immediato di derattizzazione e disinfestazione per affrontare questa problematica. Non manca la problematica sanitaria.

Ha sottolineato la necessità di fornire assistenza medica tempestiva e adeguata, garantendo che le cure mediche siano accessibili e di qualità. La presenza di detenuti con problemi psichici è particolarmente preoccupante, e Ciambriello ha sottolineato la necessità di rafforzare gli interventi di prevenzione, cura e sostegno per queste persone vulnerabili.