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di Silvana Cortignani

tusciaweb.eu, 20 luglio 2023

Appello del padre di un figlio detenuto psichiatrico, ricoverato da aprile nel reparto di medicina protetta dell’ospedale di Belcolle in attesa che si liberi un posto in una Rems, una delle strutture riabilitative sparse per l’Italia dove i pochi posti disponibili, meno di cento nel Lazio, sono sempre più richiesti e riuscire a entrare è sempre più una chimera.

Il figlio, un trentenne arrestato dai carabinieri il 10 marzo per rapina a mano armata, avrebbe fatto irruzione in un supermercato di Civita Castellana domenica 19 febbraio, in pieno giorno, armato di machete, durante il corso di gala del carnevale. Condotto a Mammagialla, in carcere è rimasto per circa un mese e mezzo dopo di che è stato trasferito presso il reparto di medicina protetta di Belcolle in seguito all’esito della perizia psichiatrica, secondo cui sarebbe incapace di intendere e di volere e socialmente pericoloso.

Motivi per cui il giudice ne ha disposto il ricovero in Rems, in attesa del quale, essendo incompatibile col carcere ma sottoposto a misura di custodia cautelare, è stato portato in ospedale. “Sarebbe dovuto rimanere nel reparto solo alcuni giorni, al massimo due settimane, in attesa di essere inserito in una struttura idonea. Invece dopo tre mesi è sempre lì, mentre le sue condizioni psicofisiche hanno subito un repentino peggioramento e si stanno aggravando di giorno in giorno, con difficoltà nella deambulazione, aumento smisurato del peso e riduzione della capacità visiva”, spiega il genitore.

“Dopo tre mesi mio figlio è sempre a Belcolle, costretto a vivere 24 ore su 24 chiuso in una stanza di due metri per due con un bagno, senza alcuna possibilità di uscire a prendere una boccata d’aria, come viene concesso a tutti i detenuti”. prosegue il padre. “È autorizzato a fare una videochiamata al giorno e io vado a trovarlo tutti i giorni, ma sta sempre peggio, sia a livello mentale che fisico. Ha le gambe atrofizzate per la mancanza di movimento e sta mettendo su peso in maniera preoccupante”, dice ancora.

“Un giorno si è scagliato contro la porta blindata, tanto per rendere l’idea delle sue condizioni sempre più preoccupanti”, sottolinea il genitore, la cui unica speranza al momento è che il figlio possa essere sottoposto al più presto a un percorso di recupero presso una Rems. “Sembrava si stesse per liberare un posto a Savona, invece niente. Dicono che non sia facile trovare una struttura con funzioni riabilitative adeguata al suo caso, anche perché è in misura. Noi siamo disposti ad andare ovunque, dal Trentino alla Sicilia, purché venga curato. Il percorso dovrebbe durare uno o due anni, ma se non si parte, non si arriva. Mio figlio ha sbagliato, è vero. Ha un passato difficile, è vero. Ma con il ricovero in Rems disposto dal giudice gli è stata data un’occasione per provare a rimettere le cose a posto. Invece si sta distruggendo in ospedale”.