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di Alessio Campana

La Repubblica, 12 gennaio 2024

I due erano stati accusati di omissione di atti d’ufficio per non aver approfondito i fatti riportati dal Garante sui pestaggi avvenuti nel carcere, culminati col suicidio di un recluso. Il procuratore di Viterbo Paolo Auriemma e la pm Eliana Dolce agirono correttamente, il fatto contestato “non sussiste”: lo ha deciso il tribunale di Perugia che, questa mattina, ha prosciolto con formula piena i due magistrati viterbesi dall’accusa di “rifiuto o omissione d’atti d’ufficio”. per non aver indagato e approfondito le violenze che sarebbero avvenute sui detenuti del Mammagialla di Viterbo nel 2018 e culminati col suicidio di un detenuto in isolamento.

Nei loro confronti la procura perugina aveva dapprima richiesto l’archiviazione e poi, di fronte al gup, il non luogo a procedere. Era stato infatti il gip a disporre, dopo che la procura non aveva ravvisato illeciti, l’imputazione coatta dando vita al procedimento che si è concluso stamani. La contestazione nei loro confronti era appunto quella di “rifiuto o omissione d’atti d’ufficio”. Auriemma e Dolce, in particolare, erano accusati di non aver indagato in maniera approfondita sui fatti riportati dal Garante dei detenuti del Lazio in un esposto del 2018. Nel dettaglio, di non aver iscritto nell’apposito registro le notizie di reato che - secondo l’iniziale ipotesi accusatoria - sarebbero invece emerse da un esposto depositato l’8 giugno del 2018 e che conteneva dichiarazioni di detenuti che affermavano di aver subìto violenze in carcere, tra cui Hassan Sharaf, il ventunenne egiziano trovato impiccato nella sua cella d’isolamento. Il procedimento - riporta il capo d’imputazione che era stato formulato su ordine del gip umbro - venne iscritto dalla procura di Viterbo l’11 agosto del 2018 “nel registro modello 45 (fatti non costituenti notizia di reato) nonostante dallo stesso emergessero specifiche notizie di reato”. Da qui l’accusa di omissione di atti d’ufficio.

Tuttavia secondo la procura di Perugia, come detto, i due magistrati viterbesi avevano agito correttamente, per questo era stata richiesta l’archiviazione e poi, in udienza, il non luogo a procedere. Anche il difensore dei magistrati, l’avvocato Filippo Dinacci, di fronte al gup aveva chiesto il proscioglimento dei suoi assistiti. Esattamente quello che è avvenuto, con il tribunale di Perugia che ha prosciolto Auriemma e Dolce con una formula piena.