sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Simona Lorenzetti

Corriere della Sera, 20 giugno 2023

La richiesta dei magistrati per l’anarchico accusato dell’attentato alla scuola carabinieri di Fossano. “Si voleva uccidere. E si voleva uccidere molto più di un carabiniere. Non si è trattato di 4 o 5 buchetti sul muro”. La pianificazione e l’esecuzione dell’attentato alla scuola allievi carabinieri di Fossano sono, per la Procura generale di Torino, la rappresentazione plastica di quella “strage politica” di cui sono accusati gli anarchici Alfredo Cospito e Anna Beniamino. Il 6 giugno 2006 davanti alla caserma deflagrarono due ordigni artigianali, simili a quelli “usati in Medioriente” e secondo un “meccanismo in crescendo”: il primo meno impattante a fare da esca, il secondo “rafforzato” carico di bulloni per colpire. Il caso decise che non vi fossero vittime. “L’imputato non era in grado di intervenire e bloccare l’operazione, una volta azionata la miccia non si tornava indietro”, ricordano il procuratore generale Francesco Saluzzo e il sostituto Paolo Scafi. Che al termine delle due ore di requisitoria ribadiscono la richiesta di condanna all’ergastolo (con isolamento diurno per 12 mesi) per Cospito e a 27 anni e un mese di reclusione per Anna Beniamino.

Insomma, nessun passo indietro da parte dei magistrati che insistono sul massimo della pena per l’anarchico insurrezionalista, considerato l’ideologo della Fai/Fri. Piuttosto, sottolineano: “Cospito non merita alcuno sconto”. Facendo così riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale, che rispondendo a un’eccezione di legittimità sollevata dalla Corte d’assise d’appello aveva aperto la strada al bilanciamento tra l’attenuante della “lieve entità” e l’aggravante della “recidiva specifica” e di conseguenza a un verdetto alternativo rispetto al fine pena mai. “L’attentato - aggiungono - non ha fatto vittime perché i carabinieri non hanno capito cosa fosse successo al momento della prima esplosione. Altrimenti quando è deflagrato il secondo ordigno vi sarebbero stati almeno venti militari nel raggio di azione”. Chiosa Saluzzo: “L’atteggiamento della Procura generale non è di vendetta dello Stato nei confronti di Cospito, lo Stato non ha nulla di cui vendicarsi, lo Stato non si vendica nei confronti di alcuno. L’unica valutazione è sui fatti”.

Puntano, invece, al riconoscimento dell’attenuante della “lieve entità” i difensori degli imputati. L’avvocato Flavio Rossi Albertini, che assiste Cospito, rimarca che oltre ai morti “non ci furono nemmeno grossi danni e che l’unica parte lesa è il cassonetto dell’immondizia”. Per poi ripetere che l’attentato non “avrebbe mai messo in pericolo l’ordinamento dello Stato”. “Quell’azione - è la punzecchiatura dell’avvocato Gianluca Vitale, difensore di Beniamino - fu talmente pericolosa per la sicurezza dello Stato che all’epoca se ne accorsero appena le cronache locali”. Da ultimo: “Confidiamo che la Corte mantenga la linea del “fatto lieve” e che decida di conseguenza”.

I due imputati ascoltano in video-conferenza dalle carceri in cui sono rinchiusi. Entrambi prendono la parola prima che il processo si avvii a conclusione, scatenando così gli applausi dei compagni a cui è stato permesso di entrare in aula come rappresentanti del centinaio di anarchici che fin dal mattino stavano presidiando con striscioni e cartelli il Palazzo di giustizia. Il processo riprenderà il 26 giugno, quando è in programma la sentenza.