di Paolo Falconi
Il Tirreno, 30 luglio 2018
È il sogno del regista Armando Punzo per concretizzare il lungo e paziente lavoro col gruppo di detenuti del Maschio di Volterra che ha "rivoluzionato" il carcere. Trent'anni fa Armando Punzo ha concepito e battezzato una rivoluzione culturale e sociale: trasformare il carcere di Volterra in luogo di cultura.
Ancora oggi la cavalca senza scendere a patti, fermamente intenzionato a non lasciarsi distrarre da chi è incapace di andare oltre quello che vede con gli occhi e a non lasciarsi tentare da strade più facili. Così quella fortezza sulla sommità del colle etrusco è divenuto meno chiusa almeno per qualche pomeriggio di luglio di ogni anno. Con i detenuti della Compagnia della Fortezza che diventano attori e deliziano il pubblico (circa 200 persone) che hanno avuto l'autorizzazione a varcare i cancelli della casa di reclusione. È un piacere vedere questo gruppo, è un piacere veder muovere e recitare gli ospiti del Maschio, con un passato non esemplare (errare è umano... ecc.) dediti a una passione a cui mai, prima, avevano pensato.
Senza mai accontentarsi di quello già fatto, senza badare a premi e riconoscimenti, senza cedere alle lusinghe, il carcere di Volterra è per il regista Armando Punzo la sua casa, per quello che è un esilio volontario, un ergastolo voluto, una scelta di vita. Con tutte le sue energie, sta oggi lavorando per realizzare un sogno: creare il primo Teatro Stabile in un carcere. Sogno e necessità, lucida follia e concretizzazione di un'altra impossibilità: quello che da sempre ha segnato la storia di Armando Punzo.
Il traguardo dei trent'anni della Compagnia della Fortezza è quello di un percorso di crescita e affermazione che ai più sembrava utopia, oggi felicemente realizzata. E, allo stesso tempo, è uno spartiacque, occasione di celebrazione e riflessione per una esperienza che ha fatto tanto, ma che ha ancora tanto da dire. È il 1988 quando Punzo entra in carcere per condurre un breve laboratorio teatrale. Ritrova in esso il sud del mondo.
Rimane folgorato e non va più via. Comincia così una lunga storia di passione teatrale fatta di momenti entusiasmanti, di sfrenata creatività e rigorosa ricerca ma costellata da difficoltà e ostacoli in apparenza insormontabili, che solo la tenacia, la caparbietà e l'assoluta e quotidiana dedizione di Punzo riescono giorno dopo giorno ad abbattere. È così che ha avuto inizio l'avventura di Punzo in carcere con la Compagnia della Fortezza.
C'era ben poco da scommettere: un carcere tra i più duri d'Italia, nell'isolamento di Volterra e nell'invivibilità del quotidiano per via dei continui episodi di violenza tra i detenuti. Un carcere come tanti altri allora, come tanti altri nell'immaginario dell'uomo qualunque. Che senso poteva avere fare teatro in un luogo così lontano da ogni prospettiva culturale?
Che pretesa quella di lavorare con gente che aveva ben altri immaginari sociali e prospettive. Una vera sfida, in cui si lanciarono Armando Punzo, l'allora illuminato direttore del carcere Renzo Graziani e gli agenti di polizia penitenziaria (prima dubbiosi e poi divenuti i più strenui sostenitori) e che oggi è già storia: più di trenta spettacoli in trent'anni di vita; migliaia di persone che ogni anno chiedono di poter assistere alle repliche estive degli spettacoli in carcere; dal 2003 anni la possibilità di fare lo spettacolo (grazie all'applicazione dell'art. 21 dell'ordinamento penitenziario) nei maggiori teatri, festival e rassegne di tutta Italia.