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di Paolo Foschini

Corriere della Sera, 27 ottobre 2023

L’economista invoca tre interventi strutturali per il Terzo settore, prima di tutto la co-programmazione: “Ripristinare esenzioni e giustizia fiscale è necessario, ma conta di più il lungo termine”. “Certo che il fisco è importante, che discorsi. Anche per il Terzo settore, figuriamoci. Ma non è tutto. E non è la cosa più importante”. Naturalmente anche il professor Stefano Zamagni, padre internazionale dell’economia sociale, sta seguendo il dibattito in corso sulla Legge di Bilancio. “Che essendo fatta un anno per l’altro - spiega il prof - è pensata sul breve periodo. Ma è sul medio e lungo termine che il Terzo settore deve invocare le cose importanti. Con leggi ordinarie, non con quella di Bilancio. E sono tre: co-programmazione, rivoluzione culturale, Borsa sociale”.

Scusi, ripartiamo: il fisco...

“Ci mancherebbe, lo so che per una bella fetta del non profit è un tema caldo. La cessazione della qualifica di onlus prevista con la riforma del 2017 ha lasciato in un limbo tante organizzazioni che poi non si sono iscritte al Runts, il Registro unico del Terzo settore, facendo perdere loro le agevolazioni fiscali di prima. Va detto che per chi invece si è iscritto i vantaggi attuali sono superiori a quelli precedenti. E va detto anche, per carità, che la non iscrizione di molti è dovuta alla oggettiva difficoltà della burocrazia necessaria: una semplificazione delle procedure sarebbe già un formidabile passo avanti”.

Tutto qui?

“Ma no, ovviamente c’è il nodo con l’Europa che in sostanza dice da tempo: se voi italiani tagliate le tasse al non profit aprite la porta a una possibile concorrenza sleale verso il profit. Teoria con un pezzo di verità, sulla carta, ma non tiene conto della realtà italiana. Mi risulta però che il paziente lavoro di “spiegazione” da parte dei nostri sherpa nei confronti dei funzionari di Bruxelles stia andando avanti da molto tempo e potremmo essere vicini a una comprensione. Lo spero. Detto questo - e ripeto: tutto molto importante - c’è il resto. Che ha una importanza maggiore. Perché è sul medio-lungo termine che si giocano le partite vere”.

Qual è la prima?

“L’ho già detto altre volte, lo ridico: la traduzione in legge, da parte di Governo e Parlamento, dell’ormai famosa sentenza 131/2020 della Corte Costituzionale sul coinvolgimento del Terzo settore nella co-progettazione e co-programmazione delle politiche sociali in Italia. Perché le tasse sono importanti, ma sono spiccioli rispetto al fatto che il Terzo settore deve - ripeto: non ho detto può, ho detto deve, in osservanza ai principi della Costituzione richiamati anche di recente dal presidente Mattarella - potersi sedere ai tavoli con regioni, amministrazioni, governi, non semplicemente come “prestatore di servizi” ma per “partecipare alla decisione” sulle cose da fare e sul come farle”.

Parentesi: ma perché questa cosa si continua a dire e non si fa? Per inettitudine?

“Ma va là. È perché lo Stato e il mercato non vogliono accettare il passaggio dal modello bipolare in cui ci sono solo loro, Stato e mercato, a quello tripolare con dentro la società civile. Il Terzo settore però deve pretenderlo”.

Ok. Poi la cultura, diceva...

“Sì. Quello è uno scandalo tutto italiano. Possibile che un Paese col Terzo settore più imponente d’Europa in rapporto alla popolazione abbia un sistema universitario in cui il non profit è ignorato dalle facoltà di Economia? Bologna fa eccezione perché lì, quando ero preside, il corso di laurea in Economia sociale ce l’ho messo io 23 anni fa. Ma serve una legge per attivarlo in ogni Università con facoltà di Economia. Altrimenti quella sociale continuerà a essere considerata economia di serie B”.

E invece la Borsa sociale?

“Eh, altra cosa che invoco da undici anni. L’istituzione, in pratica, di una Piazza Affari del sociale. In cui chi vuole mettere dei soldi su un progetto possa farlo, acquisendo quote, con la libertà di rivenderle. Vorrei che qualcuno mi dicesse se esiste anche solo un motivo per non farla, questa cosa. Ma non c’è. Semplicemente son cose che a qualcuno dan fastidio. Ma prima o poi si faranno, perché come diceva Sant’Agostino la verità è come il leone: sa difendersi da sola”.