di Marta Serafini
Corriere della Sera, 7 gennaio 2015
Aperta una pagina Facebook dove i carcerati di Marsiglia hanno postato le immagini della loro vita quotidiana. "Tutt'altro che dura", secondo alcuni. Con un mazzo di banconote in mano sulla branda di una cella. Al telefono. Con l'hashish sul tavolo. Mentre giocano a poker come a Las Vegas. A torso nudo in pose da machi. I galeotti si fanno i selfie, come studenti di un qualunque liceo. E li postano su Facebook. Accade in Francia, a Marsiglia, dove alcuni detenuti del carcere de Les Baumettes hanno aperto un profilo social raccontando la loro vita quotidiana che appare tutt'altro che dura.
L'amministrazione penitenziaria francese ha aperto un'inchiesta sulla vicenda e la pagina Facebook, che si chiamava Mdr o Baumettes e aveva già raccolto 4.800 like, è stata chiusa (anche se ne esiste un nuova "versione"). "Il profilo è stato aperto da un detenuto appena rilasciato", ha spiegato una guardia a Le Figaro. "Ma le immagini postate sono state realizzate in carcere, non c'è dubbio.
Anche perché molti detenuti hanno il telefono". Il che costituisce una violazione del regolamento penitenziario francese che, come spiegato qui, vieta espressamente il possesso degli smart-phone. Una violazione che gli esponenti sindacali dei secondini giustificano con la mancanza di personale: "Siamo uno ogni 15o detenuti, troppo pochi per poterli controllare tutti".
Mentre si discute sulle cause di questa violazione, la direzione del carcere ha identificato tutti i prigionieri immortalati ma non è chiaro se saranno puniti per la violazione del regolamento anche perché si temono rivolte. La vicenda, sollevata dal giornale La Provence di Marsiglia, ha sollevato un grande dibattito in Francia sulle condizioni dei detenuti. Dalle immagini sembra infatti che chi è in carcere sia libero di fare ciò che vuole, dal gioco d'azzardo passando per la droga, fino all'uso del telefono per comunicare con l'esterno.
"La prigione delle Baumettes è diventata un centro vacanza", scrive il deputato marsigliese Eric Ciotti su Twitter. In realtà, secondo i dati ufficiali del ministero della Giustizia francese, il carcere è stato costruito per la detenzione di 1.373 persone su una superficie di oltre 30 mila metri quadri. Ma, come succede anche in Italia, la struttura in realtà è sovraffollata e a fine 2012 i prigionieri erano 1769 con celle di nove metri quadrati per 3 detenuti.
Inoltre negli Usa e in Gran Bretagna si discute da tempo se sia lecito o meno consentire ai prigionieri l'uso dei social network, proprio come viene permesso fare telefonate di tanto in tanto. E non è la prima volta che i detenuti vengono pizzicati a comunicare con l'esterno.
Una situazione simile a quella de Les Baumettes si è verificata qualche anno fa in un carcere di massima sicurezza britannico, dove un uomo minacciava attraverso i social i componenti di una banda rivale. Già, perché al di là del dibattito sul diritto dei detenuti a un uso di internet controllato o meno, resta il fatto che introdurre telefoni fra le sbarre è davvero facile e non sono mancati episodi di detenuti che hanno molestato attraverso i social le loro vittime che li avevano denunciati.
di Federico Fubini
La Repubblica, 6 gennaio 2015
La legge di stabilità riesce in una difficilissima quadratura del cerchio sui conti pubblici grazie ad un'arma in più: prevede entrate supplementari dalla lotta all'evasione per 3,8 miliardi di euro. È un'accelerazione dirompente, perché gli ultimi dodici anni avevano portato appena una decina di miliardi. Significa quadruplicare la velocità alla quale lo Stato attacca la montagna da 90 miliardi di euro e da cinque milioni di elettori dell'evasione fiscale.
di Carlantonio Solimene
Il Tempo, 6 gennaio 2015
Che poi, a dirla tutta, che una legge favorisca qualcuno è ovvio. Altrimenti sarebbe inutile farla. Il problema, semmai, sorge quando a beneficiarne è una sola persona e non - magari - un'intera categoria precedentemente svantaggiata. Di certo, comunque, non è questo il caso dell'articolo 19bis del decreto attuativo della riforma fiscale.
di Andrea Colombo
Il Manifesto, 6 gennaio 2015
Nessuna paternità per la norma che permetterebbe all'ex Cavaliere di ricandidarsi. Renzi promette di cancellare la "svista", ma intanto il decreto attuativo della delega fiscale rimane congelato. Per il toto Quirinale.
di Dino Martirano
Corriere della Sera, 6 gennaio 2015
Al ministero dell'Economia e delle Finanze lo schema di decreto legislativo che attua la delega fiscale, al quale in extremis verrà aggiunto il vagoncino della soglia di non punibilità sotto il 3% del reddito dichiarato, ha avuto una gestazione apparentemente tranquilla e trasparente. Ma ora è su Via XX Settembre che si addensano minacciosi nuvoloni carichi di veleni.
di Donatella Stasio
Il Sole 24 Ore, 6 gennaio 2015
Matteo Renzi, più che una marcia indietro, ha solo deciso di rinviare a marzo il decreto di Natale che all'articolo 19-bis depenalizza i reati fiscali se l'evasione non supera il 3% dell'imponibile. Ma non è detto che a marzo la norma battezzata salva-Silvio abbia perduto il suo potenziale "devastante" rispetto a processi in corso e condanne definitive.
Adnkronos, 6 gennaio 2015
"La tenuità del fatto non è affatto una depenalizzazione". A ribadirlo è il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Rodolfo Sabelli, intervenuto a "Voci del mattino" su Radio 1, a proposito del decreto legislativo del ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che prevede la non punibilità per i reati che hanno pene massime fino a 5 anni.
www.agensir.it, 6 gennaio 2015
"L'annuncio che a Frank Van Den Bleeken, ergastolano belga 52enne, da 30 anni detenuto per omicidi, stupri e violenze, sia stata concessa l'eutanasia che aveva lui stesso richiesto per la disperazione di non poter essere curato è una notizia che lascia sgomenti e che segna un punto di non ritorno nella democrazia".
Agenparl, 6 gennaio 2015
Sulla Gazzetta Ufficiale 5° serie speciale, n. 141 del 10 dicembre 2014, è stato pubblicato l'avviso d'aggiudicazione di un appalto pubblico indetto dal Ministero della Giustizia, dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, relativo alla fornitura di 2.000 magliette a favore della Polizia penitenziaria, modello polo a manica corta in tessuto ignifugo (resistente al fuoco) con la scritta ricamata "Polizia Penitenziaria", al valore finale dell'appalto - si legge sulla gazzetta - di euro 793.000,00, iva esclusa. Trattandosi di un acquisto di 2.000 magliette, facendo due calcoli, il costo unitario di ciascuna di esse peserebbe sui contribuenti per circa 480 euro iva inclusa.
Poiché il costo è apparso piuttosto elevato, Alessandro De Pasquale, Segretario Generale del Sippe - Sindacato Polizia Penitenziaria, il 19.12.2014, ha immediatamente inviato una email al vice capo vicario del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria dott. Luigi Pagano, chiedendo chiarimenti in merito all'assurda vicenda, lo stesso Pagano, rispondendo all'email del sindacato, dichiara di conoscere la notizia e che lunedì avrebbe dato i dati esatti della questione che - secondo quanto da lui dichiarato - non è nei termini così riferiti. Tuttavia, dalla data dell'email di Pagano sono trascorsi già tre lunedì e il sindacato non ha ancora ricevuto i dati promessi.
Leggendo però l'avviso di aggiudicazione, la questione però sembrerebbe essere proprio nei termini indicati dal Sippe e cioè che la Griffe Srl di Force (Ap), l'unica ad aver partecipato alla gara e quindi ad averla vinta, si aggiudica l'appalto per la fornitura di 2000 magliette ignifughe per un valore di euro 793.000,00 iva esclusa e cioè, circa 400 euro ciascuna.
Inizialmente, si legge nel bando di gara pubblicato nella gazzetta ufficiale serie speciale - contratti pubblici n. 67 del 16.06.2014, il valore stimato, iva esclusa dell'appalto delle magliette era idi 80.000,00 e cioè 40 euro ciascuna; nell'aggiudicazione, improvvisamente, si scopre che l'Offerta economicamente più vantaggiosa è di euro 793.000,00 iva esclusa.
Sarà un errore? Dopo l'intervento del Sippe, non si fa attendere quello del movimento cinque stelle della Camera dei Deputati che il 22.12.2014 presenta un'interrogazione parlamentare nella quale è stato chiesto al Ministro della Giustizia se ritenga opportuno valutare la sussistenza dei presupposti per inviare gli ispettori presso il Dap ai fini dell'esercizio dei poteri di competenza.
Alessandro De Pasquale, Segretario Generale del Sippe, auspica che possa trattarsi di un errore e che il Dap possa immediatamente sanare, pubblicando nuovamente l'aggiudicazione in Gazzetta con i dati corretti che il dottor Pagano ha promesso.
di Maria Elena Vincenzi
La Repubblica, 6 gennaio 2015
Mafia Capitale, nelle intercettazioni successive all'arresto le minacce degli intermediari con la 'ndrangheta Confermati i legami con i clan. Il capo della "29 giugno" ai suoi: "Adesso che sono in carcere non mettetevi a litigare".
Minacce di morte, pizzini e regole sulla successione. Roba da associazione mafiosa, per l'appunto, quella che ieri la procura di Roma ha depositato al tribunale dei Riesame, chiamato a decidere sulla revoca della custodia cautelare di Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, entrambi calabresi ed entrambi in carcere dall'11 dicembre scorso nell'ambito dell'inchiesta su Mafia Capitale (i giudici si sono riservati).
I due, accusati di associazione per delinquere di stampo mafioso, sarebbero il collegamento tra la banda guidata da Massimo Carminati e il clan Mancuso di Vibo Valentia. Un legame che avrebbe uno snodo centrale in Salvatore Buzzi, il ras delle cooperative capitoline, considerato dai pm il braccio finanziario del "Cecato". Parla chiaro l'informativa che i carabinieri del Ros del 3 gennaio: i legami con i calabresi c'erano eccome, secondo l'accusa.
Il 3 dicembre, giorno successivo ai primi arresti, Rotolo e Ruggiero (in quel momento ancora a piede libero, ndr) non si danno pace. Commentano gli arresti con gli amici, si preoccupano di non fare la stessa fine. E pensano alla gestione futura: già il giorno successivo alla retata, fissano un incontro per decidere che cosa ne sarà della Cooperativa 29 giugno, fino ad allora guidata da Buzzi.
Prima di andare alla riunione Rotolo incontra Franco La Maestra, ex brigatista condannato a 18 anni di carcere e coinvolto nell'omicidio di Massimo D'Antona, e uomo di fiducia di Buzzi. L'ex terrorista racconta: "Ieri l'ho visto (Buzzi, ndr). C'ha teso a specificare a noi de Giovanni (Campennì, ndr). .. ha detto... "quello non deve... non si deve neanche avvicinare..." le testuali parole so state queste mentre lo portavano via... "non voglio che Giovanni stia in mezzo ai piedi"... ci ha detto a me e a Salvatore (Ruggiero, ndr)". Giovanni Campennì, imprenditore, secondo i pm Giuseppe Cascini, Paolo Ielo e Luca Tescaroli è il collegamento tra Buzzi e la 'ndrangheta.
Non a caso Rocco e La Maestra si stupiscono delle parole di Buzzi e si chiedono se quest'ultimo non avesse appositamente voluto far individuare Campennì dalle forze dell'ordine. "E se l'è cantatu stu scemo di merda? - chiede Rotolo - I Mancuso u 'mmazzano". Sta di fatto che, proprio come nella tradizione mafiosa, Buzzi negli attimi prima di finire in carcere, riesce a dare le indicazioni sulla sua "successione" alla guida delle cooperative. Vuole escludere Campennì e decidere chi deve prendere il suo posto. "Mentre andava via - dice ancora La Maestra a Rotolo - m'ha guardato e m'ha fatto: "Me raccomando, non litigate. Tu sei il capo, mi raccomando, non litigate". Poi mentre andava via mi ha detto: "Ci vediamo tra due anni"... lui s'è già attrezzato".
Infine i pizzini. I militari del Ros ne hanno sequestrati alcuni a casa di Salvatore Ruggiero. In mezzo a una serie di ricevute di pagamento da parte della Cooperativa 29 Giugno, gli investigatori hanno trovato anche due pen drive, una lettera del 2004 in cui Buzzi invitava i suoi soci e dipendenti a votare Oriano Giovannelli e Nicola Zingaretti al Parlamento europeo e tre pizzini. Uno con la dicitura "Glok 179.21, uno con scritto "Rosario 29 giugno" e un terzo: "Fasciani". Probabilmente il riferimento è al clan che da anni gestisce la malavita di Ostia. Elementi sui quali ora il Ros è al lavoro.
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