di Manuela Galletta
Cronache di Napoli, 7 febbraio 2015
A ottobre era stato disposto il ricovero ospedaliero, ma il provvedimento non è mai stato eseguito. Il diritto alla salute deve essere garantito. Anche se chi sta male e un detenuto. Nel caso di Ciro Mauriello, indicato dalla Antimafia come esponente di spicco degli Amato-Pagano e attualmente sotto processo per duplice omicidio, questo diritto è stato violato.
Lo gridano forte i parenti di Mauriello e il suo legale. Ma lo grida forte miche la dodicesima Sezione penale del Tribunale di Napoli (presidente Luigi Esposito) che in un duro provvedimento ha disposto l'apertura di un'indagine penale per verificare se ci siano state responsabilità nelle mancate cure che vanno assicurate al 47enne di Melito.
Accogliendo un'istanza dell'avvocato Maria Grazia Padula, che dallo scorso ottobre sta lottando affinché Mauriello venga trasferito in ospedale (in stato di arresto) come disposto ad ottobre, i giudici hanno rinnovato l'immediato ricovero del detenuto, ed hanno trasmesso gli alti in procura affinché vengano avviali degli accertamenti sull'amministrazione sanitaria del carcere di Secondigliano dove il detenuto è ristretto e sul II Policlinico dì Napoli, che da quattro mesi non apre le porte della struttura a Ciro Mauriello. La storia è semplice: il 24 ottobre i giudici della dodicesima sezione penale del Tribunale del Riesame di Napoli dispongono gli arresti ospedalieri per
Mauriello. riconoscendo - sulla scorta di una copiosi documentazione medica -che il 47eene necessità di cure che il carcere di Secondigliano non era in grado di assicurargli. Quel provvedimento. tuttavia, non è mai stato eseguilo. Di qui una dura battaglia dell'avvocato Maria Grazia Padula che presenta numerosi solleciti affinché il suo assistito venga trasferito in ospedale. Nessuno però sembra ascoltare le pretese, legittime. del legale. Neppure i giudici della Corte d'Assise di Napoli, dinanzi ai quali Mauriello e imputalo per il duplice omicidio di Fulvio Montanino e Claudio Salierno si mostrano sensibili alla situazione del detenuto: il 3 dicembre. infatti, rigettano una nuova istanza della difesa di concedere gli arresti ospedalieri all'affiliato agli Amato-Pagano.
A fronte del "no" della Corte l'avvocato Padula presenta ricorso al Riesame ed espone, dinanzi alla dodicesima sezione penale le difficoltà nell'applicazione di un provvedimento chiaro e perentorio. Si arriva cosi al 28 gennaio, quando il Riesame - il caso vuole che sia la stessa sezione cha già il 24 ottobre si era pronunciala sulla storia di Mannello - suona la sveglia e ribadisce il concetto già espresso quattro mesi fa: "Si dispone l'immediato ricovero provvisorio di Ciro Mauriello, fermo restando il presidio cautelare carcerario in atto, presso il II Policlinico di Napoli, ai fini delio stretto monitoraggi dei valori pressori da parte dei sanitari del relativo Centro per l'ipertensione, ove verranno effettuati approfondimenti diagnostici ed eventuali modifiche terapeutiche e verrà valutata l'opportunità di sottoporre l'imputato a denegazione renale".
Ma nel provvedimento firmato dal presidente Luigi Esposito e dai giudici a latere Stefania Amodeo e Daria Valletta c'è di più: c'è spazio per un intervento a gamba tesa nei confronti di chi sino ad oggi non ha ottemperato ad un procedimento dell'autorità giudiziaria. venendo così meno all'obbligo di rispettare il diritto alla salute di un cittadino. anche se questi è detenuto. "Si dispone - scrive il Riesame - la trasmissione degli atti al pm per le sue valutazioni in ordine ad eventuali responsabilità penali connesse alla mancata attuazione del ricovero disposto con provvedimento emesso da questo Tribunale il 24 ottobre". Chissà se adesso Mauriello riuscirà a beneficiare delle cure di cui necessita.
Ansa, 7 febbraio 2015
Il carcere di Iglesias è stato chiuso ieri sera per il freddo. Lo ha rivelato il deputato di Unidos Mauro Pili, che definisce "gravissima" la decisione presa dal Dipartimento amministrazione penitenziaria (Dap). Per l'ex governatore si tratta di "una vergognosa messa in scena legata al mancato funzionamento dei riscaldamenti del penitenziario iglesiente.
Una giustificazione che conferma l'incapacità totale del Dap Sardegna di governare il sistema carcerario sardo a partire dalle più elementari esigenze". Per Pili la decisione è "scellerata, irrazionale e grave", da qui l'appello al ministro della Giustizia. "Fermi questa decisione che costituisce - spiega - un errore tecnico sostanziale, proprio per la tipologia di reati che si scontano in quella struttura. Si tratta di un danno erariale gravissimo proprio perché resterebbe inutilizzata una struttura costata miliardi di lire funzionale alle esigenze del territorio e delle politiche di rieducazione dei detenuti".
Il parlamentare ricorda che nel carcere di Iglesias "sono ospitati prevalentemente detenuti protetti" ed è uno dei pochi istituti sardi "dove ai detenuti sono garantite condizioni di vivibilità consone ad un essere umano, come previsto Consiglio d'Europa".
Per Pili la chiusura della casa circondariale cittadina è "un danno economico" che "andrà ad incidere sull'economia" del Sulcis Iglesiente. "Per questo motivo - conclude - il ministro deve revocare il provvedimento di chiusura del carcere di Iglesias per evidenti incongruenze gestionali, organizzative ed economiche e predisporre un nuovo piano gestionale che preveda la salvaguardia di quelle strutture efficienti e necessarie a garantire una gestione razionale del sistema carcerario sardo".
di Denise Compagnone
Il Messaggero, 7 febbraio 2015
La Rems di Ceccano? Nascerà in viale Fabrateria Vetus, lì dove fa bella mostra di sé quello scheletro che negli anni 70 doveva diventare il nuovo ospedale. La precisazione è arrivata ieri dalla Asl di Frosinone, tramite il dirigente del Dipartimento disagio, devianza e dipendenze Fernando Ferrauti. Parliamo delle Residenze per l'esecuzione della misura di sicurezza che dal 31 marzo sostituiranno gli ospedali psichiatrici giudiziari, chiusi per legge.
Una di queste Rems, come anticipato dal Messaggero, sarà proprio a Ceccano, non nell'ala Mosconi, bensì in viale Fabrateria Vetus. Quello scheletro - ruderi oggi in preda al degrado e all'incuria - verrà abbattuto e al suo posto sorgerà la Rems: due reparti da 20 posti letto ognuno che si estenderanno su 3.000 mq complessivi e 2.000 di giardino.
La notizia, tirata fuori qualche giorno fa dall'ex consigliere comunale Angelino Stella, ha determinato molto sconcerto in città, soprattutto perché in molti parlavano con allarme carcere psichiatrico e di manicomio criminale. A far chiarezza su questo, ieri è intervenuto il dottor Ferrauti. Cosa sono esattamente le Rems?
"Una via di mezzo tra gli ex Spdc e le comunità terapeutiche attualmente esistenti. Non sono carceri, non ci sono camminamenti, non ci sono grate, né Polizia penitenziaria". I pazienti sono detenuti? "No, sono pazienti, persone che devono effettuare un percorso di cura prima di essere reintegrati nella società. Quelli che arriveranno a Ceccano sono ex detenuti, quelli che una nostra equipe tecnica ha già visitato più volte e dichiarato dimissibili. Ne curiamo tantissimi già da anni in provincia di Frosinone. La sola differenza è che dal 31 marzo avranno una struttura dedicata". Chi sono questi pazienti?
"Una trentina sono, perché vale il principio della prossimità delle cure". E coloro che sono dichiarati non dimissibili? "Saranno trasferiti nelle carceri di Rebibbia, Civitavecchia, Regina Coeli e Velletri, in aree a loro dedicate". Perché è stata scelta Ceccano? "Per due motivi: per eliminare lo scempio urbanistico che esiste da decenni in viale Fabrateria Vetus e per la decennale storia di grande accoglienza sul territorio nei confronti delle malattie psichiatriche". Questa sarà la Rems definitiva, che verrà realizzata entro 18 mesi dal prossimo 31 marzo. Ma il 31 marzo che succede? A Ceccano e Pontecorvo verranno realizzate due Rems provvisorie che ospiteranno rispettivamente 20 uomini e 11 donne (a Ceccano nell'attuale comunità terapeutica Priori che nel frattempo sarà trasferita a Frosinone e a Pontecorvo nell'ex Spdc).
Quali vantaggi? "Tre: aumenta la nostra offerta di cura, e Frosinone ha già la migliore assistenza sanitaria per la salute mentale del Lazio; creiamo circa 120 posti di lavoro e riqualifichiamo il territorio creando un indotto virtuoso per l'economia locale". Per questi scopi lo Stato ha destinato alla Asl di Frosinone 9 milioni di euro (di cui 1,5 per le strutture provvisorie). E l'Ala Mosconi, il rudere dietro l'ex ospedale Santa Maria della Pietà? "Anche quella - conclude Ferrauti - sarà ristrutturata con un apposito finanziamento e ospiterà la futura Casa della Salute, in particolare l'assistenza infermieristica".
di Chiara Capezzuoli
Il Tirreno, 7 febbraio 2015
Si chiama "Fuori area" il progetto promosso da Multicons e Asev al fine di reinserire i detenuti delle carceri in un contesto sociale lavorativo. I detenuti in questione saranno 12 tra uomini e donne che gli assistenti sociali sceglieranno nelle strutture circondariali Valdorme di Empoli e Gozzini di Firenze per consentire a queste persone un reinserimento sociale partendo dalle loro capacità lavorative pregresse.
"Siamo soddisfatti della realizzazione di questo progetto e crediamo possa davvero essere utile al reinserimento nel tessuto sociale e lavorativo di queste persone - commenta il presidente dell'Asev Stefano Mancini - l'Asev fornirà i corsi di formazione per le varie categorie lavorative".
Elettricista, fabbro, facchino, falegname: sono molti i lavori proposti dal consorzio di cooperative Multicons per i detenuti e tutti ovviamente retribuiti. "Area Fuori" è nato da due esigenze ben distinte che si sono unite in quest'unica risposta: da un lato il sovraffollamento delle carceri e dall'altro la necessità da parte delle pubbliche amministrazioni di svolgere la manutenzione ordinaria del proprio territorio a costi ridotti.
Grazie a questo progetto le amministrazioni comunali dell'Empolese Valdelsa potranno usufruire di manodopera a basso costo e rappresentare per questi detenuti e per la popolazione in generale motivo di soddisfazione e rivalutazione sociale. Purtroppo si sentono spesso frasi del tipo "i detenuti vivono a spese nostre e non fanno niente" con questo progetto il detenuto può ritenersi parte integrante della società e aver modo, quando la pena sarà scontata, di poter praticare professionalmente ciò che ha imparato a fare.
"Purtroppo ci sono sempre meno soldi da spendere in ogni amministrazione pubblica - dice il sindaco di Montaione e delegato dell'Unione dei Comuni al Sociale Paolo Pomponi - ma non dobbiamo perdere di vista il valore politiche o sociale delle nostre iniziative. Per tanto tutti i comuni dell'Unione, per quanto possibile, si impegneranno a far parte del progetto di rinserimento sociale dei detenuti".
A seconda del tipo di lavoro assegnatogli ogni detenuto avrà un tutor di riferimento e potrà lavorare da solo o in gruppo svolgendo un normale orario di lavoro dalle 8 alle 18 ed essendo prelevato e riportato al carcere dalla cooperativa sociale. "I lavori che i detenuti svolgono all'interno delle carceri non sono molto qualificanti - sostiene Margherita Michelini direttrice del carcere Gozzini di Firenze - per questo motivo sono molto contenta dell'opportunità che questo progetto dà ai detenuti e spero che ci siano sempre più possibilità di assumere e formare detenuti che abbiano poi sbocchi lavorativi a conclusione della loro pena".
Il progetto "Fuori area" può dunque essere un'ottima soluzione a due problemi che attanagliano l'Italia intera: il sovraffollamento delle carceri che di anno in anno è in continuo aumento e i costi di manutenzione ordinaria dei territori comunali che stanno diventando sempre più onerosi per le pubbliche amministrazioni.
di Sara Svolacchia
www.infooggi.it, 7 febbraio 2015
Aiutava i detenuti mafiosi del carcere di Siano a comunicare tra loro: così l'agente penitenziario Luigi Struzza, di 53 anni, guadagnava soldi e favori. L'uomo è stato arrestato qieri mattina grazie all'intervento della squadra mobile di Catanzaro e al momento si trova in carcere a Vibo Valentia con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione aggravata dalla finalità mafiosa. Non erano solo i detenuti del carcere a beneficiare dell'intervento dell'agente: Luigi Struzza permetteva anche le comunicazioni con l'esterno, agevolando lo scambio di informazioni tra gli uomini in cella e gli altri membri del clan Giampà di Lamezia Terme che continuavano a operare sul territorio.
A incastrare l'uomo, due diverse circostanze: le attività investigative svolte dalla squadra mobile, coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro, e la confessione arrivata proprio da parte di uno dei membri del clan, Giuseppe Giampà. Questi, accompagnato dalla moglie Francesca Teresa Meliadò, nipote di Luigi Struzza, ha denunciato le attività illecite dell'agente all'interno del carcere, spiegando come l'uomo fosse principalmente incaricato di fare di trasportare le comunicazioni scritte dai boss da e verso l'interno del penitenziario.
www.primapaginaonline.it, 7 febbraio 2015
Le telecamere del programma "L'Arca di Noè" in onda su Canale5 hanno filmato il lavoro svolto dalle insegnanti di Pet Therapy che mettono in contatto animali e detenuti. Una troupe del programma televisivo di Canale 5 "L'arca di Noè", condotto da Maria Luisa Cocozza, ha realizzato un servizio nel supercarcere di Marino del Tronto. Protagonisti i detenuti e i cuccioli del corso di Pet Therapy diretto da Chezia Carlini.
Lo speciale, che andrà in onda domenica all'interno del programma, dopo il Tg5 delle 13, è stato ambientato in parte nella sala conferenze della casa circondariale e in parte nel campo di calcio dell'istituto. Al microfono del giornalista Alessio Fusco, l'insegnante Chezia Carlini, che due anni fa ha portato per la prima volta nel carcere di Marino del Tronto il corso con i cuccioli, la sua collaboratrice, Valentina Irmici, proprietaria del Collie che partecipa alle lezioni, e i detenuti del giudiziario che seguono la Pet Therapy. Davanti alle telecamere, insieme al Collie, anche un cucciolo di coniglio.
Le insegnanti hanno spiegato come si svolgono le lezioni e quali risultati si ottengono dal contatto tra gli animali; i detenuti, infatti, sono impegnati a confrontarsi con regole da rispettare e da trasmettere e i ragazzi del circondariale hanno raccontato l'esperienza soffermandosi sulle emozioni e sul calore che i cuccioli sono in grado di offrire. Il servizio è stato realizzato grazie alla disponibilità della direttrice dell'istituto, Lucia Di Feliciantonio, del corpo di Polizia Penitenziaria e alla collaborazione di Teresa Valiani, direttrice di Io e Caino, il giornale dell'istituto.
www.gonews.it, 7 febbraio 2015
Prosegue la collaborazione l'Uisp Comitato di Firenze, Il Comune di Firenze, l'Azienda Sanitaria di Frienze , il Coni Toscano e la Direzioni Educative della Casa Circondariale di Sollicciano e dell'Istituto Mario Gozzini. Anche quest'anno sono previsti progetti mirati al coinvolgimento e al benessere psico-fisico degli ospiti della Casa Circondariale di Sollicciano e Mario Gozzini.
Grazie al progetto "Sport in Libertà" e il progetto "Sport in Carcere" l'Uisp prova a rispondere alle numerose difficoltà e criticità dell'ambiente detentivo, calibrando e modellando le varie proposte motorio-sportive nella maniera più attenta possibile cercando di proporre e attivare percorsi che stimolino la partecipazione, il movimento e la riattivazione di corpo e mente.
Sono previsti interventi di attività sportiva più o meno intensa rivolti a donne e a uomini, in singolo o di gruppo come momenti formativi ed educativi. È in fase di definizione Un programma ludico-motorio ricco e vario con le seguenti attività: Bodybuilding: attività di palestra con istruttori (per l'intero anno, incontri di 2h. dal lunedì al venerdì); Squadra calcio: formazione squadra calcio di detenuti seguita allenatori (per l'intero anno, incontri di 2 h ogni sabato); Danza-Terapia: laboratorio di danza rivolto alle detenute ospiti della Casa di Cura e Custodia (O.p.g. Femminile) tenuto da volontarie esperte (da gennaio a giugno, incontri 2h. ogni martedì); Danza-Movimento: laboratorio di danza e movimento rivolto alle donne della sezione femminile con una operatrice (da gennaio a giugno, incontri di 2h., ogni lunedì); Calcio - Torneo interno tra sezioni: torneo di calcio tra tutte le sezioni con la presenza di arbitri e operatori (da gennaio a giungo, ogni sabato); Vivicittà: corsa campestre per donne uomini dentro le mura del carcere con operatori e istruttori della disciplina (9 maggio 2015); Scacchi: corso di avviamento e perfezionamento agli scacchi rivolto ai detenuti della sezione 8 (tossicodipendenze), 11 e 12 tenuto da maestri (da gennaio a giugno, incontri di 2h., ogni mercoledì); Ping-Pong - Torneo interno tra sezioni : torneo di calcio tra le sezioni seguito da operatori e animatori. (da gennaio a giugno, 2 incontri di 2h., ogni martedì e giovedì).
A settembre, inoltre, è prevista l'organizzazione di ancora altre iniziative come Mini-olimpiade: corsa veloce, staffetta, salto in alto e lancio del peso; Corso arbitri di calcio; Attività di Circo-Teatro.
Gli obiettivi alla base dei progetti dell'Area Diritti Sociali sono: Creare momenti di aggregazione tra i detenuti, con i volontari, gli operatori e gli agenti di custodia coinvolti attraverso la realizzazione di attività sportive socializzanti; Stimolare il mantenimento ed il recupero psicofisico dei detenuti e rafforzare le abilità di base; Contribuire al recupero di autostima e consapevolezza; Promuovere l'attività sportiva come strumento di reinserimento sociale per permettere l'interiorizzazione di regole da rispettare quale esempio reale di regole sociali; Concedere gli strumenti per l'acquisizione di responsabilità e autonomia; Realizzare iniziative che mettano in contatto l'ambiente esterno con la realtà carceraria favorendo il superamento della reciproca diffidenza e la creazione di un rapporto solidale tra società e detenuti; Sollecitare ad adottare le occasioni formative, anche in ambito sportivo, come strumento di collegamento, inizialmente virtuale ma successivamente pratico, con l'associazionismo, il mondo del lavoro e la quotidianità della vita normale; Creare di un modello d'intervento replicabile. Oggi, sabato 7 febbraio partiamo con il Torneo di calcio tra le sezioni che proseguirà per 5 mesi.
www.tranilive.it, 7 febbraio 2015
Appello dei due sacerdoti andriesi a tutti coloro che prendono a cuore i problemi degli altri. "Nella consueta visita ai fratelli detenuti nella Casa Circondariale di Trani abbiamo recepito un bisogno: creare un Laboratorio Musicale. L'impegno ad accogliere nelle nostre comunità detenuti ed ex detenuti, che prestano servizio di volontariato in oratorio e in parrocchia, ha evidenziato la necessità di dare vita a laboratori creativi".
"Negli ultimi anni - proseguono Don Riccardo e Don Vincenzo - abbiamo intensificato la nostra azione per coloro che vogliono "davvero cambiare vita", tagliare i ponti con il passato, dare una sterzata alla strada che stavano percorrendo. Molti sono riusciti a redimersi, qualche altro magari no. Ma anche il Signore "ha lasciato le novantanove pecore per cercare quella smarrita".
"Nell'ambito delle iniziative atte a promuovere interesse e coinvolgimento dei detenuti della Casa Circondariale di Trani, vogliamo avviare un laboratorio musicale che impegni, coloro che si lasciano coinvolgere dal progetto, in un'avventura che li porterà a mettere a frutto le loro capacità artistiche e ad esprimere al meglio i loro talenti musicali.
La proposta nasce dal desiderio di stanare i detenuti dalle loro celle per vivere momenti di aggregazione e di utilizzo del tempo in un progetto formativo: stare insieme, interpretare insieme gli spartiti musicali, andare a tempo, aspettare il momento opportuno per entrare armonicamente con il proprio strumento nell'esibizione, ecc."
"Per vincere la noia o il dolce far niente, e perché la vita non sia un trascinarsi o un annaspare negli stagni della monotonia quotidiana, l'ispettore Giusto, che crede fortemente nella riabilitazione dei detenuti, mette a disposizione le sue competenze artistico-musicali per portare avanti il laboratorio musicale.
Sosteniamo la realizzazione di questo sogno! Servono però gli "strumenti" per concretizzare il progetto. Eccoli: n. 1 Clarinetto piccolo Mib; n. 6 Clarinetti SIb; n. 1 Clarinetto basso; n. 2 Sax contralto Mib; n. 2 Sax tenore SIb; n. 1 Sax baritono Mib; Grancassa per banda; Piatti per banda; Rullante per banda; n. 15 leggii; n. 30 bocchini. Quindi coloro che vogliono darci una mano a concretizzare il progetto o recuperando strumenti da amici e parenti o dando un aiuto economico per l'acquisto degli stessi, possono fare riferimento a don Riccardo Agresti (cell.: 347.2760787) oppure a don Vincenzo Giannelli (cell.: 339.3810514).
www.today.it, 7 febbraio 2015
Tragedia nella tragedia nella città britannica di Hull. John Heald, 53 anni, si è ucciso la notta prima della sentenza: era accusato di omicidio e stupro.
Era atteso in aula per partecipare al processo che lo vede accusato dell'omicidio della proprietaria di una "casa vacanze" e dello stupro di un'altra donna. Ma in aula, stamattina, John Heald, 53 anni, non ci è mai arrivato. L'uomo si è infatti suicidato nella sua cella all'interno del carcere di Hull. John Heald era sotto processo davanti alla corte di Hull per l'omicidio di Bei Carter e lo stupro di un'altra donna. La giuria era da nove giorni chiusa in un hotel nell'attesa di pronunciarsi sulla condanna dell'uomo. Oggi era atteso il verdetto ma Heald non è mai arrivato al cospetto della corte.
Ad annunciare la morte dell'imputato è stato, questa mattina, il giudice Richardson che ha salutato i dodici membri della corta annunciando la chiusura anticipata del processo: "L'imputato si è ucciso questa notte nella sua cella. Questa mattina mi hanno portato le fotografie scattate all'interno del carcere che provano la sua morte. Vedo dalle vostre facce che questa notizia vi ha sconvolto. Posso dirvi che anch'io, stamattina, non volevo crederci. Ora sarà Dio a giudicarlo".
di Karim Metref
Il Manifesto, 7 febbraio 2015
Re Abdallah. Il rispetto è dovuto a tutti i morti, quali che siano i loro meriti e le loro colpe in vita. Ma se muore un mafioso dobbiamo tutti andare dietro la sua bara e dire che era una brava persona? È quanto accaduto con il re saudita Abdallah.
Lo scorso 23 gennaio è morto il re dell'Arabia Saudita, Abdallah ben Abdelaziz al-Saud. Membro della dinastia al-Saud, figlio di re Abdelaziz Ibn Saud, il fondatore, grazie ai servizi britannici, dell'Arabia Saudita, uno stato inventato di sana pianta mettendo insieme due province dell'ex impero ottomano, il Najd e l'Hejaz, per servire i piani di divisione del mondo dei maggiori imperi coloniali di allora (e anche di adesso).
È stato il principe ereditario e regnante de facto dal 1995 al 2005 a causa dello stato di salute dell'allora re Fahd, suo fratellastro, per salire poi ufficialmente al trono a 71 anni dopo la morte di quest'ultimo. Con un patrimonio personale stimato in 18,5 miliardi dollari, è terzo nella classifica dei re più ricchi. Ma è alla testa di un clan di circa 25 mila persone che insieme controllano la più grossa fortuna del mondo. Un clan che gestisce il paese come una proprietà privata.
In effetti l'Arabia Saudita è l'unico paese al mondo che porta ufficialmente il nome di una famiglia. Questo clan scelto dagli inglesi perché legati a una rigida tradizione conservatrice e a una lettura ottusa dei dettami dell'islam: il Wahhabismo, che è un movimento politico-religioso fondato nel XVIII secolo da Muhammad ibn Abd al-Wahhab sulla base di una visione puritana e rigorista della tradizione musulmana che va contro la maggior parte delle altre dottrine dell'Islam e sopratutto va contro ogni forma di religiosità popolare e al tempo stesso contro ogni pensiero razionale o innovazione. L'ideale, quando si vuole mantenere un popolo arretrato e ignorante. Non a caso gli inglesi misero da parte le grandi famiglie dell'Hejaz che stavano cercando di andare verso forme di modernizzazione della loro società per scegliere i beduini del deserto dell'Hejaz e tra questi la famiglia più conservatrice e più arretrata di tutte.
Bisogna pur dire che in un clan così vasto e così ricco qualcuno di intelligente e di aperto c'è stato e ci sono stati anche timidi tentativi di cambio di direzione, ma sono stati repressi anche con la morte, quando è stato necessario.
Da quando è al potere, il clan ha mantenuto il paese sotto una cappa di piombo. La polizia religiosa gira in continuazione per far rispettare gli spietati dettami della loro pseudo morale religiosa, che obbliga le classi inferiori a vivere in un inferno dove ogni espressione di amore o di sessualità è repressa, mentre loro girano il mondo spendendo i loro miliardi in divertimento, alcol, droghe, sesso, gioco d'azzardo e altri vizi.
Nel paese più ricco del pianeta le differenze sociali sono estreme. Nessuno muore di fame ma le classi più povere sono giusto giusto al livello della sopravvivenza. Persistono varie forme di schiavitù di fatto e gli immigrati in modo particolare sono trattati come pura merce usa-e-getta, senza nessun diritto, nessun rispetto. Le donne sono recluse: non possono uscire liberamente, non possono guidare, non possono intrattenere rapporti sociali con maschi estranei alla propria famiglia. Chi esce dalle regole imposte dal regime, viene frustato nel migliore dei casi, nel peggiore può essere decapitato o lapidato pubblicamente.
È il caso, ad esempio del blogger 31enne, Raif Badawi, condannato a 10 anni di carcere, a pagare una multa di 270 mila dollari, e in più a 1000 frustate (che in queste settimane gli vengono somministrate al ritmo di 50 ogni venerdì dopo la preghiera di mezzogiorno). Tutto questo per aver osato criticare il regime sul suo blog.
In questi casi il silenzio dei milioni di #jesuischarlie diventa assordante come una cannonata. Dove sono le fiaccolate, dove sono le interrogazioni parlamentari, le prese di posizione delle istituzioni, i ritratti srotolati lungo la facciata dei comuni, come è stato giustamente il caso quando era il regime iraniano o sudanese a condannare qualcuno o qualcuna? Dove sono questi innamorati della democrazia e della libertà di espressione?
Ma peggio di quello che fa la famiglia Ibn Saud in Arabia c'è solo quello che fanno in giro per il mondo, da mezzo secolo in qua. Miliardi spesi per diffondere la loro ideologia arretrata, le loro idee storte della vita e della società. Tonnellate di libri, cassette video, dvd, cd, cassette audio distribuite gratuitamente. Scuole aperte in molti paesi poveri, nei quartieri più disagiati, in Asia e in Africa. Borse studio per i migliori di queste scuole nelle università del regno, per produrre sempre più imam oscurantisti e moltiplicatori delle loro idee malate. Ecco come in luoghi in cui 20 anni fa ancora molte donne di famiglie musulmane continuavano ad andare a seno nudo come tutte le altre, oggi sono arrivati i burqa ed è arrivato Boko Haram.
Ma oltre la diffusione della sola cultura dell'integralismo, il regno saudita e i suoi vicini degli emirati del Golfo hanno creato e finanziato tanti gruppi armati di fanatici in giro per il mondo, sfruttando il malessere vero di popolazioni oppresse per spingerle verso una radicalizzazione non in nome della loro oppressione ma in nome della loro diversità religiosa: dalla Cecenia alla Bosnia, dalle Filippine allo Xinjiang; dall'Algeria alla Nigeria.
Tutto questo però non viene mai nominato quando si parla di scontro di civiltà, di guerra al terrore. Il presidente François Hollande, una settimana dopo la marcia pseudo-repubblicana di Parigi, ha reso omaggio al re Abdullah salutando "la memoria di un uomo di Stato il cui lavoro ha profondamente segnato la storia del suo paese e la cui visione di una pace giusta e duratura in Medio Oriente resta più valida che mai". Visione di una pace giusta e duratura?
Perché si fa la guerra al terrore ma nello stesso tempo si va a braccetto con i capi terroristi? Perché si entra nello scontro di civiltà per difendere la libertà e si è nello stesso tempo alleati strategici del principale sponsor dell'oscurantismo di cui è accusato l'altro campo?
Molti dicono che dopo tutto, l'Arabia è un paese sovrano e ha il diritto di avere una propria politica estera. Anche diversa da quella dei suoi alleati. Ma la verità è che le monarchie del Golfo possono permettersi di avere le politiche che hanno perché hanno le spalle coperte. Ci ricordiamo tutti di come Saddam Hussein impiegò 24 ore per ridurre in polvere l'esercito del Kuwait. Se non fu per l'intervento di molte nazioni saggiamente allineate dietro ai padroni del mondo post guerra fredda, il Kuwait oggi non esisterebbe più e sarebbe semplicemente una delle province della repubblica irachena, dittatoriale sì, ma laica. È per la fine che fece Saddam che oggi l'Arabia Saudita e il minuscolo Qatar possono intromettersi nella politica interna della Libia, della Tunisia, dell'Egitto, dello Yemen e soprattutto della Siria. È perché hanno le spalle coperte dalla pesante presenza militare della Nato e di Israele nella regione che i paesi del Golfo, in testa l'Arabia saudita, possono avere un peso con l'iniezione di soldi, armi e mercenari, sulle politiche interne di vari paesi del mondo. Non c'entra niente la sovranità. C'entra un piano comune di gestione della regione e del mondo. Una gestione sotto il segno degli affari sporchi e della guerra infinita, fine a se stessa. Semplicemente perché i signori della guerra da una parte e dall'altra ne traggono ampiamente beneficio. Perché le famiglie ricche alla testa di più della metà delle risorse di questo pianeta non hanno né nazionalità, né colore, né religione, e quando uccidono (o fanno uccidere da un terrorista o da un soldato) non è per religione, non è per civiltà, e l'unico valore che difendono è quello dei loro conti nei paradisi fiscali.
Allora io dico che il rispetto lo dobbiamo a ogni morto, ricco o povero, sultano o figlio del ghetto. Ma nessuno mi venga a cantare le lodi del criminale morto. Perché chi va a piangere al funerale di un criminale, chi ne canta le lodi sono solo i suoi compari: i criminali.
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