di Michele Giorgio
Il Manifesto, 10 gennaio 2015
Condannato a 10 anni di carcere e a una multa di un milione di Riyal (circa 225.500 euro), Badawi dovrà subire in totale 1000 frustate nelle prossime 20 settimane. Ma l'alleata Riyadh, responsabile di gravi violazioni dei diritti umani, resta intoccabile per i paesi Occidentali.
Ai media occidentali piace riferire dell'Arabia saudita solo a proposito dell'aumento o del calo, come in questo periodo, del prezzo del greggio. Poco e male si parla del ruolo che tanti cittadini di questo Paese ultraconservatore - alleato di ferro degli Stati Uniti e delle politiche dell'Occidente in Medio Oriente - svolgono nella crescita dell'estremismo religioso, con generosi finanziamenti ad istituzioni e organizzazioni legate al wahabismo e al salafismo radicale. Washington lo sa ma tace si tengono strette le "storiche" relazioni con la famiglia Saud. E poco si dice anche delle sistematiche violazioni dei diritti umani e politici in Arabia saudita dove, peraltro, il 2015 è cominciato con sei esecuzioni capitali: il 2014 si era chiuso con 87 condanne a morte eseguite.
Ieri un blogger, Raif Badawi, in carcere dal 2012, è stato frustato sulla pubblica piazza a Gedda, davanti alla moschea al Jafali, perché riconosciuto colpevole di "insulti all'Islam". A denunciarlo è Amnesty International, sottolineando che la sentenza è stata eseguita nonostante gli appelli internazionali per annullarla. Badawi, condannato a 10 anni di carcere e a una multa di un milione di Riyal (circa 225.500 euro), dovrà subire in totale 1.000 frustate nelle prossime 20 settimane, dopo la preghiera del venerdì.
Il blogger in realtà viene punito non per aver offeso l'Islam piuttosto per aver preso di mira nei suoi articoli alcune figure religiose di primo piano. Frustate e altre forme di punizione corporale sono vietate dal diritto internazionale. Ma a quanto pare la libertà di espressione è un diritto che l'Occidente difende solo a casa sua mentre tace se viene violata da regimi autoritari e brutali che fanno i suoi interessi economici e strategici, come l'Arabia saudita.
Nova, 10 gennaio 2015
Sheikh Ali Salman, il leader dell'opposizione nel Bahrein, ha esortato dal carcere i manifestanti a continuare nelle proteste contro il governo, dichiarando che "le richieste della gente sono giuste e legittime". Lo riporta l'emittente "Press Tv" secondo quanto sarebbe stato riferito da Salman durante una conversazione telefonica con la sua famiglia.
L'arresto del leader, avvenuto due giorni dopo essere stato rieletto alla guida di al-Wefaq, principale partito di opposizione, ha scatenato la rabbia di molti manifestanti a Manama che sono stati dispersi dalle forze del regime attraverso l'uso di proiettili di gomma e gas lacrimogeni. Al-Wefaq ha detto che "gli agenti della sicurezza hanno esercitato un uso eccessivo della forza contro i manifestanti che protestavano pacificamente per chiedere la liberazione di Salman, nel sobborgo di Bilad al-Qadeem, provocando diversi feriti". Da metà febbraio 2011, nel Bahrein, migliaia di manifestanti continuano a chiedere alla famiglia reale di Al Khalifa di cedere il potere e consentire l'istituzione di un sistema democratico.
di Roberto Saviano
L'Espresso, 9 gennaio 2015
Carceri, tortura, aborto, disabilità, matrimoni gay, fecondazione eterologa, eutanasia. Tutti temi scomparsi dal dibattito pubblico dove trovano spazio solo le questioni che riguardano i politici. L'Italia è un Paese in cui il dibattito pubblico è dettato unicamente dall'agenda politica. Se un'inchiesta coinvolge politici, allora assume centralità, se uno scandalo coinvolge politici, i media se ne occupano. Le priorità della politica diventano le priorità del Paese.
di Francesco Grignetti
La Stampa, 9 gennaio 2015
Secondo i dati del ministero della Giustizia a fine anno in Italia c'erano 53.623 detenuti in 49.635 posti. Nel 2010 erano 67.961 costretti a vivere in spazi per 45.022. Il sovraffollamento delle carceri sembra davvero un'emergenza del passato.
Adnkronos, 9 gennaio 2015
"Ho sottoscritto convintamente, assieme ad alcuni colleghi, un'interrogazione al ministro della Giustizia Orlando presentata dall'on. Anna Rossomando, nella quale chiediamo al Guardasigilli di dare continuità ai progetti di recupero e rieducazione dei detenuti attraverso l'attività lavorativa in carcere". Lo annuncia in una nota il deputato veneto del Partito Democratico, membro della commissione Giustizia, Alessandro Zan.
Adnkronos, 9 gennaio 2015
"La terribile strage di Parigi conferma i reali pericoli per la sicurezza nazionale che anche il nostro Paese corre per le minacce del fondamentalismo integralista e il terrorismo internazionale. E per assicurare e garantire la sicurezza nazionale, anche nelle sue articolazioni periferiche, non si possono ridurre mezzi e risorse alle Forze di Polizia e dell'Ordine".
Ansa, 9 gennaio 2015
"Rinnovare alle cooperative sociali tuttora operanti nelle carceri l'appalto per la gestione delle cucine: ben dieci anni di risultati positivi di questa esperienza (i dati rilevati fin qui evidenziano un calo della recidiva dal 70% al 2%) rischierebbero di essere persi, insieme alla possibilità di estendere l'iniziativa su tutto il territorio nazionale, perché la sperimentazione scadrà il 15 gennaio 2015, termine prorogato al 31 gennaio del medesimo anno".
di Michael G. Jacob (Giallista inglese residente a Spoleto)
Il Garantista, 9 gennaio 2015
Ho scritto lettere al presidente della Repubblica, a diversi giornali incluso Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano e Il Foglio. Ho segnalato il caso su Facebook, Twitter e a Prima Pagina, Rai 3. Volevo che si parlasse di un caso di accanimento giudiziario. Finora, nessuno mi ha risposto.
di Tiziana Maiolo
Il Garantista, 9 gennaio 2015
Lui continua a dirsi innocente. Ma se la Procura è convinta di avere prove inconfutabili perché usa questi metodi barbari? Alla fine lo dice anche lui: "Dal 16 giugno, il giorno del mio arresto, le hanno provate tutte per farmi confessare. Speravano che prima o poi sarei crollato... ho ricevuto pressioni fortissime, hanno cercato di convincermi in ogni modo a confessare, hanno provato a allettarmi con il conto degli anni".
di Fausto Cerulli
Il Garantista, 9 gennaio 2015
Mi rendo conto di andare controcorrente, rispetto al linciaggio mediatico cui è stata sottoposta Veronica, la madre di Loris. Parto dalla carcerazione preventiva, oltre tutto in una sezione riservata per non essere maltratta dalle altre carcerate, anche esse partecipi di una condanna senza processo. La carcerazione preventiva, come anticipo di una pena che potrebbe non essere inflitta da un processo è già un segno di barbarie della nostra ingiusta giustizia, misura ignota ai sistemi giudiziari più avanzati.
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