www.gonews.it, 8 gennaio 2015
Dopo l'omelia del 6 gennaio, i radicali fiorentini Maurizio Buzzegoli, segretario dell'Associazione "Andrea Tamburi", e Massimo Lensi, componente del Comitato nazionale di Radicali Italiani, hanno voluto ringraziare l'Arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, per le parole sulla disumanità delle carceri.
di Petronilla Carillo
Il Mattino, 8 gennaio 2015
Un infermiere preso a pugno e un agente della polizia penitenziaria spedito in ospedale con una prognosi di dieci giorni per un problema al ginocchio. È l'esito dell'ennesima violenza avvenuta all'interno del carcere di Fuorni dove un detenuto ha picchiato i due uomini per "futili motivi".
È accaduto domenica scorsa ma soltanto ieri il fatto è stato denunciato dal segretario regionale del Sappe, Emilio Fattorello. Il detenuto in questione è di quelli definiti in lessico detentivo, "giudicabili", in carcere per reati comuni. Secondo la ricostruzione fatta dagli agenti della penitenziaria, l'uomo era finito in infermeria per essersi ustionato con l'acqua bollente mentre, in cella, preparava la pasta. Così è stato soccorso dall'agente poi ferito e da lui accompagnato in medicheria.
Qui, una parola tira l'altra, ha avuto un diverbio con l'infermiere per futili motivi e lo ha pestato con calci e pugni. L'agente penitenziario se n'è accorto ed è intervenuto ma il detenuto lo ha violentemente spinto causandogli problemi alla gamba, per i quali nei prossimi giorni sarà sottoposto ad ulteriori accertamenti.
"È nell'ennesimo atto di violenza all'interno del carcere di Fuorni - denuncia il segretario regionale Sappe, Emilio Fattorello - uno dei tanti. E tutto ciò perché, nonostante le nostre ripetute denunce, nulla si muove e l'organico resta sempre sottodimensionato". Per Fattorello la situazione a Fuorni è al collasso: "Sono almeno 25 le unità mancanti e in più c'è anche un problema organizzativo. Nel senso che ancora non siamo stati convocati dalla dirigenza per approntare un adeguato programma di organizzazione del lavoro, condizione indispensabile per garantire una maggiore qualità nell'attività professionale e una maggiore tutela e sicurezza sul posto di lavoro per il nostro personale".
E prosegue: "Non è la prima volta che a Salerno accadono episodi di questo tipo. Anzi. Spesso i nostri agenti si ritrovano anche a dover gestire detenuti con problemi psichiatrici. E se questa è la situazione nel carcere di Fuorni, non mancano i problemi a livello di amministrazione centrale: ancora non è stata istruita la pratica per il riconoscimento al collega delle lesioni riportate in servizio".
www.informazione.tv, 8 gennaio 2015
È uscito in questi giorni il quarto numero de "L'Altra chiave news", la rivista realizzata da alcuni detenuti nella casa circondariale di Fermo. Tema di questo numero, la vita tra dentro e fuori, il racconto di chi sta vivendo misure alternative per scontare la propria pena e di chi tenta la difficile ricostruzione di un percorso di vita positivo. Le fotografie portano la firma di Andrea Braconi che ha saputo catturare immagini in bianco e nero di grande impatto emotivo, i testi sono realizzati dagli stessi detenuti, una decina, che hanno chiesto di far parte della redazione.
Grande la soddisfazione della direttrice del carcere, Eleonora Consoli, che parla di una iniziativa che aiuta i detenuti a lavorare sul loro destino: "Siamo riusciti anche ad avere qualche risultato concreto, i detenuti lavoranti hanno avuto la possibilità di dipingere le camere detentive e la sezione, le prime di bianco e la seconda di un colore che dà luce. Con i fondi avuti dal Provveditorato regionale abbiamo aperto un locale comune per i detenuti del primo piano che non avevano spazi per la socialità e stiamo sistemando il tetto della palestra che nei giorni di pioggia creava problemi. Tra tante difficoltà si va avanti e i risultati si vedono".
Intanto sono appena trascorse le feste di Natale, l'ultimo giorno dell'anno è passata in visita ai detenuti il consigliere regionale Letizia Bellabarba che ha voluto augurare un anno migliore al gruppo della redazione de L'Altra chiave news. Una visita che i detenuti hanno particolarmente apprezzato: "L'abbiamo sentita veramente solidale e sincera, ha speso un po' del suo tempo in questi giorni di festa per noi e gliene siamo grati davvero, ci ha detto che apprezza molto gli sforzi che facciamo per reagire nel modo più positivo possibile a questa situazione. Già tante volte è stata tra noi per ascoltare le nostre esigenze e le difficoltà e per noi la sua vicinanza è importante, ci fa sentire persone come tutti e come tutti degni di attenzione".
www.varesenews.it, 8 gennaio 2015
Chi è in carcere non può utilizzare internet, mail e sms. L'unico modo per comunicare i sentimenti privatamente è la tradizionale lettera di carta. Il progetto "Dona un francobollo" serve a questo Chi è detenuto in carcere non può utilizzare internet, mail e sms. Può utilizzare il telefono solo per dieci minuti alla settimana e avere colloqui per un totale di 6 ore al mese. L'unico modo per comunicare i sentimenti privatamente con i famigliari è la tradizionale lettera di carta.
Il progetto "Dona un francobollo" serve a questo, un gesto semplice che può dare felicità ai detenuti. Per chiunque volesse contribuire si può lasciare il francobollo nell'apposita cassetta presso il carcere dei Miogni di Varese, consegnarlo ai volontari o al cappellano del carcere don Marco Casale presso la segreteria della parrocchia della Brunella (via Marzorati 5 Varese, dal lunedì al sabato dalle 10 alle 12 dalle 16 alle 18).
Nel caso si vogliano dare contributi e offerte economiche è possibile farlo a questo Iban: IT11P0306910810000028365132. Intesa San Paolo. L'associazione assistenti carcerari e il cappellano promuovono altre attività come la raccolta di vestiario maschile, prodotti per l'igiene personale e di cancelleria, oltre al corso di italiano per detenuti stranieri, la redazione del notiziario "9m news", la catechesi, l'animazione della messa domenicale e progetti per la manualità.
di Alessio Ante
La Nazione, 8 gennaio 2015
Questo è il lavoro di Ben e Buffy, la sensazione di libertà che sanno donare gli amici a 4 zampe di Do Re Miao. Vanno nel carcere Don Bosco a confortare i detenuti, sono i nostri amici a quattro zampe. "Ben e Buffy, due bellissimi Golden Retriever di 10 anni che fanno veri e propri miracoli - racconta Barbara Bollettini, presidente dell'associazione " Do Re Miao" che con orgoglio dichiara - il cane non ti chiede chi sei, cosa hai fatto o perché sei in prigione. Non ti giudica, ma offre ai detenuti la sua amicizia". Da anni infatti l'associazione ed i cani affiancano con costanza chi, ospite forzato del carcere Don Bosco, ha deciso di ripartire da zero. Basta una carezza, a volte, o qualche esercizio con Ben, Buffy ed i loro conduttori Flavio Langone e Francesco Romano, per avere la sensazione di libertà oltre le sbarre.
"Un ragazzo che prima di conoscere la nostra associazione aveva sempre rifiutato di seguire qualsiasi attività all'interno del carcere - continua la dottoressa Bollettini - quando ha conosciuto i nostri cani qualcosa è cambiato in lui. Qualche tempo dopo ha ottenuto gli arresti domiciliari e, grazie ai volontari e al direttore del carcere, gli è stato concesso il permesso di uscire per accompagnare i cani, chiaramente in orari stabiliti e controllati. Forse, senza Ben e Buffy, quel ragazzo sarebbe ancora vittima del clima di solitudine che attanaglia i carcerati.
di Antonio Angeli
Il Tempo, 8 gennaio 2015
Prima la "linea dura", poi la mano tesa in modo umanitario: la giustizia Indiana continua (ormai da molto tempo) a sferzare i nostri marò, Latorre e Girone, e poi a rassicurarli, con dimostrazione di amicizia. Un copione che va avanti ormai da tre anni.
Su richiesta dei legali di Massimiliano Latorre, la Corte Suprema indiana si è detta ieri disponibile a discutere l'eventualità di una proroga al permesso di restare in Italia per cure mediche concesso al marò italiano, ingiustamente accusato della morte di due pescatori nel Kerala. La notizia è stata pubblicata dal quotidiano "The Hindu".
L'udienza fissata dalla Corte si terrà il prossimo 12 gennaio che, casualmente, è l'ultimo giorno utile, visto che il rientro di Latorre era previsto per il 13 (anche se ha già ottenuto una mini-proroga di tre giorni, quindi avrebbe tempo per rientrare fino al 16).
La notizia è stata confermata dalla Farnesina: "L'Italia ha presentato una nuova petizione", ha detto il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ieri durante la commemorazione a Reggio Emilia della nascita del Primo Tricolore. "Le condizioni di salute di Massimiliano Latorre sono sotto gli occhi di tutti - ha aggiunto Gentiloni - l'altro ieri è stato sottoposto ad un nuovo intervento al cuore, quindi ci sono tutte le ragioni da parte dell'Italia per proporre una nuova petizione, cosa che abbiamo fatto stamattina e che verrà discussa lunedì".
Sulla vicenda dei marò Gentiloni, che sin dal suo insediamento ha precisato che questa per lui è una vicenda primaria, ha spiegato: "Si sta discutendo da tempo con l'India, i risultati finora ottenuti non sono stati soddisfacenti. Tuttavia il dialogo è in corso, dal punto di vista innanzitutto umanitario ci aspettiamo una risposta dalla Corte Suprema indiana alla richiesta che abbiamo fatto stamattina. Per il resto - ha detto ancora Gentiloni - continuiamo il dialogo con le autorità indiane che finora non ha dato risultati che ci aspettavamo: per questa ragione, prima di Natale, abbiamo richiamato il nostro ambasciatore per le consultazioni".
L'insoddisfazione di Gentiloni è ben giustificata: le autorità indiane sembrano adottare il sistema del "bastone e della carota": alternano momenti di estrema durezza, durante i quali alcuni politici sembrano dare per scontata la colpevolezza (mai dimostrata) dei nostri militari a dimostrazioni di cordiale disponibilità.
Il Cocer, il sindacato delle stellette, in merito ha chiesto un incontro con il governo e il senatore Maurizio Gasparri ha detto che "bene fanno i Cocer a chiedere un confronto sulla drammatica vicenda dei due fucilieri di Marina e ritengo più che doveroso che le commissioni Difesa di Camera e Senato incontrino i rappresentanti dei Cocer sul sequestro dei Marò. A tal fine - ha aggiunto - come membro della commissione Difesa e vicepresidente di Palazzo Madama, ho esortato i presidenti Latorre e Vito ad assumere le necessarie iniziative".
L'eurodeputato della Lega Nord, Mario Borghezio, afferma invece che "la questione legata al rientro in India del marò Latorre, tra scadenze e possibili rinvii dell'ultim'ora, dimostra che la misura è colma. Per questo lanciamo un ultimatum al Governo: è bene che quel fantoccio di Renzi sappia che i patrioti non resteranno con le mani in mano".
E ancora: "La decisione della Corte Suprema indiana di discutere l'estensione del permesso di Latorre il 12 gennaio non è un segnale distensivo, ma solo un modo degli indiani di prendere tempo, ingarbugliando ancora di più una situazione a dir poco ridicola - ha aggiunto Borghezio - Dopo i miei interventi nei confronti del presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz e del presidente dell'Afet Elmar Brok, prosegue il mio impegno al fianco dei nostri due fucilieri: parteciperò a Roma ad una conferenza per chiederne la liberazione, mentre la prossima settimana farò sentire la mia voce a Strasburgo. È il momento di agire".
Adnkronos, 8 gennaio 2015
Organizzato dall'Associazione Sovranità, che lancerà anche un boicottaggio dei prodotti indiani. "Il caso dei due fucilieri di Marina Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, da tre anni ingiustamente detenuti in India, solleva una questione di giustizia, di libertà e soprattutto di politica sovranista".
Per ribadire tutto ciò, l'associazione "Sovranità" affronterà il caso nel corso del convegno intitolato "I Marò sono innocenti e li vogliamo liberi subito!", che si terrà oggi, 8 gennaio, alle 17.30, presso il Centro Congressi Cavour a Roma, in via Cavour numero 50.
Alla conferenza interverranno il perito giudiziario Luigi Di Stefano, il generale di brigata Fernando Termentini, l'eurodeputato della Lega Mario Borghezio e il direttore de Il Tempo Gianmarco Chiocci. "Nel corso del convegno - spiega l'associazione Sovranità - verrà lanciata una campagna di boicottaggio dei prodotti indiani o prodotti in India, per far sì che la fermezza che non ha mostrato finora il governo sia mostrata dal popolo italiano".
di Paolo Padoin
www.firenzepost.it, 8 gennaio 2015
Un antico proverbio dice che tutto il mondo è paese. La saggezza del detto dei nostri nonni è confermata da un articolo apparso sul giornale parigino "Le Monde" in tema di sovraffollamento delle carceri. Sembra di leggere gli articoli che impazzano periodicamente in Italia quando diversi ministri della giustizia, che si succedono nell'incarico, promettono di ridurre il numero delle persone ospitate nei nostri penitenziari.
Cosa dice in sostanza il quotidiano francese? Che il sovraffollamento delle carceri è ancora una realtà in Francia, anche se il numero di detenuti al 1° dicembre è risultato in calo in confronto all'anno precedente. Le prigioni transalpine denotano un tasso di affollamento del 116 %, secondo le ultime statistiche della Direzione dell'amministrazione penitenziari pubblicate a dicembre. Ecco i dati principali.
La Francia contava 67.105 detenuti contro i 67.738 dell'anno 2013, con una diminuzione dello 0,9%. Di questi 12.441 sono in soprannumero, visto che le prigioni francesi dispongono di soli 57.854 posti , dei quali 979 sono costituiti da materassi posti sul pavimento. La percentuale di sovraffollamento risulta quindi del 116 %. Ben 12.660 detenuti sono ospitati in stabilimenti situati à Paris e in Ile-de-France, dove la densità è pari al 139 %, quella maggiore.
Le prigioni amministrate dalla Direzione interregionale di Marseille, con 8.000 detenuti, vantano il secondo surplus carcerario, pari a una percentuale del 112,5 %. Alla stessa data erano ospitati in tutti gli stabilimenti francesi anche 686 minori, di cui 465 in custodia cautelare e 221 condannati. Questa cifra è pià bassa rispetto al dicembre 2013, quando la Francia contava 737 minori reclusi nei suoi penitenziari.
L'Italia, secondo le statistiche del Consiglio d'Europa, nel 2012 era risultata nella top ten dei paesi con il maggior numero di detenuti rispetto ai posti disponibili. A fronte di 66.271 detenuti esistevano 45.568 posti. C'erano dunque 145 carcerati per ogni 100 posti. Peggio dell'Italia solo la Serbia, con un rapporto di quasi 160 detenuti per ogni 100 posti. La Francia si classificava all'8° posto. Ma la situazione da noi è migliorata nel corso del 2014, tanto che il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha potuto annunciare che: "Quest'anno si è affrontato con risultati importanti il sovraffollamento e siamo vicini alla chiusura della forbice tra detenuti e posti" che sono rispettivamente 54.050 e 49.494 (in due anni sono aumentati i posti). Nell'anno in corso, il 2015, l'obiettivo è quello di pareggiare posti e detenuti. Tenendo conto delle cifre la situazione francese è relativamente migliore di quella dell'Italia, anche perché occorre fare una considerazione supplementare. In Francia le leggi e i giudici sono molto meno di manica larga nei confronti dei delinquenti, per cui non molti la fanno franca. E in più politici, governi e ministri non fanno ricorso così di frequente a amnistie, indulti e depenalizzazioni come avviene nel nostro paese, per ridurre l'affollamento carcerario. Nel confronto quindi usciamo largamente perdenti sotto ogni profilo.
www.informazione.it, 8 gennaio 2015
Quattro detenuti sono stati condannati a morte e si trovano nel penitenziario di Wirogunan a Yogyakarta e sono in attesa dell'esecuzione, che avverrà entro la fine di questo mese. Il presidente può dare l'amnistia, ma da quando Jokowi è salito al potere ha sempre condannato. I quattro sono: Mary Jane Fiesta Veloso, Hardani, Khoirul Anwar e suo figlio, Yonas Revalusi.
Veloso è stato condannato a morte per il tentativo di far entrare in Indonesia 2.622 chilogrammi di eroina dall'aeroporto Adisucipto International Airport di Yogyakarta il 24 aprile 2010 e ha cercato l'amnistia da parte del presidente, ma non ha ancora ottenuto una risposta.
Hardani, un ex agente di polizia, Khoirul e suo figlio Yonas sono stati condannati a morte per lo stupro e l'omicidio di una studentessa di un liceo professionale in Yogyakarta nel 2013, anche loro hanno chiesto l'amnistia del presidente dopo che il loro appello è stato respinto dalla Corte Suprema.
Il capo della Legge e dell'Agenzia per i diritti umani in Yogyakarta, Endang Surdirman ha detto che in questa prigione ci sono quattro condannati a morte in attesa di esecuzione e sarebbe giusto che il presidente ripensasse alla legge e a punire in modo duro chi sbaglia, ma senza ricorrere alla pena di morte. Il Capo del penitenziario di Wirogunan, Zainal Arifin, ha detto che i quattro detenuti hanno sempre obbedito a tutte le attività quotidiane della prigione e sono stati autorizzati a frequentare la loro chiesa, professando la loro religione, Veloso è un cristiano, mentre gli altri tre sono musulmani.
Il Procuratore generale Prasetya ha recentemente dichiarato che il plotone di esecuzione avrebbe immediatamente eseguito la condanna a morte appena il presidente respingerà le richieste di amnistia fatte dai detenuti.
In questi giorni altri due condannati a morte, coinvolti in casi di droga, sono stati inviati in questo penitenziario e le esecuzioni in programma per il dicembre 2014 sono stati sospese per dare ai detenuti la loro ultima possibilità di presentare una revisione del caso o cercare l'amnistia da parte del presidente.
Il presidente Joko "Jokowi" Widodo, ha sempre rifiutato di dare l'amnistia per i crimini più gravi e per i casi di droga e ha recentemente ordinato l'esecuzione di diversi condannati a morte per far vedere la sua intolleranza verso questi detenuti.
www.ncr-iran.org, 8 gennaio 2015
La Resistenza Iraniana chiede all'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e a tutti i difensori dei diritti umani di intraprendere un'azione urgente per salvare la vita del detenuto politico Ali Moezi. Moezi è stato trasferito sabato 3 Gennaio dagli aguzzini del regime teocratico, dalla prigione di Ghezel Hessar ad una località sconosciuta.
Il 12 Ottobre 2014, gravemente malato, invece di essere portato in ospedale è stato trasferito in isolamento nella prigione di Evin a Tehran e sottoposto a torture per due mesi e solo poche settimane fa è stato riportato nella sezione 209 della prigione. Nonostante la condanna a 5 anni di prigione per Ali Moezi stia per scadere, gli agenti del Ministero dell'Intelligence e della Sicurezza intendono ostacolare il suo rilascio creando nuove false accuse.
I suoi aguzzini hanno minacciato di condannarlo a morte o di aggiungergli altri 5 anni di prigione per il reato di propaganda contro il regime. Le autorità hanno ripetutamente minacciato Moezi, che è il padre di due membri dell'opposizione iraniana attualmente a Camp Liberty in Iraq, dicendogli: "Alla fine morirai di una morte lenta in prigione e non uscirai vivo dal carcere".
Ali Moezi, già detenuto politico negli anni 80, soffre di varie malattie tra cui una grave malattia renale e un'ostruzione intestinale causata da anni di carcere e torture. Nel 2009 è stato arrestato per aver fatto visita alle sue due figlie a Campo Ashraf e condannato a due anni di prigione, più tre anni di pena sospesa.
A giugno 2011 è stato arrestato per la terza volta per aver partecipato al funerale di Mohsen Dokmehchi, membro dell'Organizzazione dei Mojahedin del Popolo Iraniano che fu torturato a morte dato che gli venne negato l'accesso alle cure mediche. Ali Moezi ha sempre subito enormi pressioni, torture fisiche e psicologiche per il suo sostegno al Pmoi.
La Resistenza Iraniana condanna l'esecuzione di un detenuto politico curdo
La Resistenza iraniana porge le sue condoglianze ai familiari e agli amici di Saber Mokhled Mavaneh, il detenuto politico curdo giustiziato all'alba del 6 Gennaio nella prigione centrale della città di Orumiyeh. La Resistenza Iraniana chiede al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, al Segretario Generale dell'Onu, all'Alto Commissario Onu per i Diritti Umani e agli altri organi competenti di condannare questa esecuzione criminale.
Ribadisce inoltre la sua richiesta di presentare il dossier su questo regime criminale alla Corte Penale Internazionale, in particolare quello sull'esecuzione di circa 120.000 prigionieri politici. Saber Mokhled era stato arrestato a Luglio 2012 con l'accusa di "Moharebeh", "atti contro la sicurezza nazionale" e "collaborazione con i partiti politici curdi che si oppongono al sistema". In seguito è stato condannato a morte. Mokhled era uno dei 27 detenuti politici curdi rinchiusi nella sezione 12 della prigione centrale di Orumiyeh, che dal 20 Novembre avevano praticato per un mese lo sciopero della fame, per protestare contro le misure repressive adottate dal regime contro i detenuti politici.
Segretariato del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana
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