di Antonio Ciccia Messina
Italia Oggi, 16 luglio 2020
Pubblici ministeri a guardia della privacy nelle intercettazioni. Al bando anche le espressioni offensive non rilevanti per le indagini. È quanto precisa la Procura della Repubblica di Milano, con una circolare (prot. 163/20 del 6 luglio 2020), a firma di Francesco Greco, nella quale si impartiscono direttive a proposito delle norme introdotte dal decreto legge 161/2019.
Sotto la lente dei magistrati milanesi c'è l'articolo 268 comma 2 bis del codice di procedura penale. Per attuare compiutamente questa disposizione, la procura di Milano sottolinea che spetta al pubblico ministero assicurare che la polizia giudiziaria effettui una rigorosa selezione delle intercettazioni rilevanti e utilizzabili a fini processuali. In dettaglio, il pubblico ministero e la polizia giudiziaria devono tenersi in costante contatto, anche informale, al fine di non documentare intercettazioni manifestamente irrilevanti o inutilizzabili. Quando vengono in evidenza casi dubbi, gli agenti operanti devono tempestivamente sottoporli alla valutazione del pubblico ministero, anche per le vie brevi. Il magistrato deve vagliare il contenuto delle intercettazioni e decidere se inserirle o meno nei verbali o nelle annotazioni in quanto effettivamente rilevanti.
Sulle spalle del pm c'è anche la responsabilità di impedire che nei verbali di trascrizione siano riportate espressioni lesive della reputazione delle persone o quelle che riguardano dati personali definiti sensibili dalla legge, salvo che si tratti di intercettazioni rilevanti ai fini delle indagini. Molto opportunamente la circolare corregge una imprecisione dell'articolo 268 citato del codice di procedura penale, che impropriamente parla di "dati sensibili" (termine risalente all'abrogato articolo 4 del Codice della privacy). Ora si deve parlare, infatti, di "dati particolari".
Una nota alla direttiva in commento, pertanto, precisa che per dati sensibili devono intendersi quelli riferibili alle categorie particolari di dati, elencati all'articolo 9 del Regolamento Ue 2016/679 (Gdpr) e cioè i dati personali che rivelino l'origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l'appartenenza sindacale, nonché dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all'orientamento sessuale della persona.
La direttiva assegna alcuni compiti direttamente alla polizia giudiziaria. E precisamente nei brogliacci di ascolto non si devono riportare espressioni lesive della reputazione, o dati sensibili, e non rilevanti ai fini delle indagini, limitandosi a indicare, se possibile, i soggetti coinvolti e inserendo l'avvertenza "conversazione non rilevante relativa a dati personali sensibili" ovvero "conversazione/parte di conversazione lesiva della reputazione". Medesime cautele devono essere osservate nei casi di conversazioni con difensori o con parlamentari e di conversazioni irrilevanti ai fini di indagine.
di Paola Rossi
Il Sole 24 Ore, 16 luglio 2020
Corte di cassazione - Sezione III penale - Sentenza 15 luglio 2020 n. 20900. La Cassazione ha annullato il sequestro preventivo di oltre 78 milioni di euro a carico di una nota casa farmaceutica che aveva ottenuto il rimborso dell'Iva versata in occasione dell'acquisto di attività e del portafoglio clienti di una sua società italiana - impegnata nel campo della produzione di vaccini - a essa collegata orizzontalmente.
La Cassazione con la sentenza n. 20900 depositata ieri ha ritenuto errata la visione del tribunale per aver proceduto alla misura cautelare in base alla contestazione del reato ex articolo 4 del Dlgs 74/2000 relativo alle imposte dirette e all'Iva, perché lo stesso giudice della cautela - nell'affrontare la vicenda - aveva affermato in primis che l'operazione in realtà costituiva una cessione di ramo d'azienda dalla consorella italiana a quella belga con la conseguenza che l'imposta evasa sarebbe stata in realtà quella di registro. Per cui nel rinvio della decisione l'inquadramento corretto dell'operazione va posto alla base della decisione sul comportamento eventualmente illecito della società che aveva chiesto e ottenuto il rimborso dell'Iva pagata unitamente al corrispettivo in base al regime Iva comunitario.
Sciogliere il sospetto - manifestato dallo stesso giudice - che la società e il suo rappresentante abbiano voluto costruire l'apparenza di un'operazione Iva invece di una soggetta all'imposta di registro è presupposto di legittimità per l'applicazione di una misura cautelare sull'Iva ottenuta a rimborso dalla società in base a richiesta al Fisco italiano. Presupposto di legittimità che appare mancante come rilevato dallo stesso ricorrente.
Il caso - L'operazione contestata consisteva nella cessione da parte della società di diritto italiano di tutta l'attività di commercializzazione e distribuzione dei prodotti forniti dalla consorella belga, affidando alla cedente solo la produzione di materie prime e di semilavorati destinati alla produzione dei farmaci gestita fino all'immissione sul mercato alla società con sede in Belgio. Legittimo il dubbio del giudice sulla circostanza che più che di beni vi fosse stata la cessione di attività imprenditoriali sottoposte a imposta di registro.
di Eleonora Fagnani
news-town.it, 16 luglio 2020
Un numero verde dedicato al mondo del carcere, ai disagi dei detenuti e dei familiari, con l'obiettivo di offrire supporto a chi la pena l'ha già scontata e spesso si ritrova a vivere in condizioni di estrema difficoltà, senza casa e lavoro.
Si chiama "Oltre il carcere" ed è l'iniziativa realizzata dall'Isola Solidale in collaborazione con il garante dei detenuti della Regione Abruzzo e con la presidenza del Consiglio regionale. Il numero verde totalmente gratuito (800-938080) sarà attivo a partire dalla prossima settimana, dal lunedì al sabato dalle 9 alle 18, e si avvarrà della rete solidale presente nella regione, in particolare dell'associazione Roccaraso Futura grazie alla quale l'Isola solidale ha attivato la sua seconda sede dopo quella principale di Roma. Le richieste di aiuto saranno prese in carico da un team di volontari altamente qualificati e formati nell'ambito del progetto.
A presentare l'iniziativa con il consigliere Segretario dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale Sabrina Bocchino, il Garante dei Detenuti della Regione Abruzzo, Gianmarco Cifaldi, il presidente dell'Isola Solidale Alessandro Pinna e il presidente dell'associazione "Roccaraso Futura" Alessandro Amicone.
Per Cifaldi l'attivazione di questo servizio rappresenta "un momento di crescita per la nostra Regione. Il numero verde - ha specificato - offrirà servizi all'interno del carcere andando a semplificare tutta una serie di passaggi burocratici che il detenuto doveva sopportare per dialogare all'esterno. Adesso attraverso un link veloce i detenuti si potranno collegare con l'Ufficio del Garante regionale, dove troveranno persone giovani e competenti a sostenerli. Un servizio - ha sottolineato il Garante dei detenuti - teso ad allargare le tutele anche alla familiarità del detenuto: un segnale di ulteriore apertura al mondo della detenzione".
L'Isola Solidale, presente nella Capitale con una struttura di 40 posti che ospita persone condannate agli arresti domiciliari, in permesso premio o che, giunte a fine pena, si ritrovano prive di riferimenti familiari e in stato di difficoltà economica, ha deciso di attivare questo ulteriore servizio durante il lockdown, quando sono emerse in tutta la loro evidenza le innumerevoli criticità degli istituti di pena e le difficoltà patite dai detenuti.
"Durante il lockdown molti dei detenuti fatti uscire per motivi di saluti si sono trovati spaesati, senza riferimenti, senza aiuti né soldi - ha spiegato Pinna - molti di loro hanno impiegato mesi per avere effettiva disponibilità del conto corrente, e spesso parliamo di poche centinaia di euro.
In quei giorni ci siamo confrontati con una condizione sociale ed economica disastrosa. Abbiamo quindi avviato anche un'attività di sostegno alimentare, economico e psicologico che verrà messa a regime con l'entrata in funzione del nostro numero verde, un'iniziativa resa possibile soprattutto grazie all'aiuto delle persone ristrette ospitate nella struttura".
"Questo servizio - ha affermato Alessandro Amicone - rappresenta un concreto e indispensabile aiuto per le persone che si trovano in questo periodo ancora di più in difficoltà. L'emergenza sanitaria ha stravolto le nostre vite e per chi esce da una situazione detentiva, già privo di punti di riferimento e spesso senza nessun familiare né una casa, sapere che c'è chi può aiutarli e orientarli significa spesso una salvezza. Con l'Isola Solidale stiamo portando avanti bellissimi progetti di assistenza e li ringrazio per il grande lavoro che fanno ogni giorno per contenere il disagio e prevenire con ogni mezzo anche l'eventuale rischio di recidiva".
vocedinapoli.it, 16 luglio 2020
La vittima, Luigi Rossetti, aveva 40 anni. L'uomo è stato trovato impiccato. Inutile qualsiasi tentativo di soccorso. Il triste annuncio del Garante per i diritti dei detenuti della Campania Samuele Ciambriello. Ancora un suicidio in carcere per quella che è di fatto una mattanza silente e di Stato. È il quinto suicidio in cella avvenuto in Campania dall'inizio dell'anno.
di Franco Ferrandu
L'Unione Sarda, 16 luglio 2020
Paolo Agri, 30 anni, era stato sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio. Il pm chiede l'archiviazione, la famiglia si oppone: contenzione superflua. Per la Procura di Sassari la morte di Paolo Agri, legato nel letto del reparto di Psichiatria del Santissima Annunziata, è avvenuta per cause naturali. Un evento imprevedibile che non necessita di ulteriori approfondimenti. L'inchiesta su eventuali responsabilità dei sanitari è quindi da archiviare.
Per la famiglia del 30enne sassarese, deceduto il 3 settembre del 2018 pochi giorni dopo il trasferimento in ospedale con un trattamento sanitario obbligatorio chiesto dal Centro di riabilitazione Santa Sabina di Pattada, la vicenda deve invece essere ancora chiarita. In particolare per quanto riguarda l'uso della cosiddetta contenzione meccanica, dei pazienti psichiatrici.
Paolo Agri sarebbe rimasto legato a mani e piedi al letto, in posizione supina, per più di 16 ore. Un fatto che può aver causato problemi respiratori di tale gravità da portare al decesso. Nei giorni scorsi a Sassari si è svolta un'udienza: da una parte la Procura e dall'altra la famiglia, rappresentata dalle avvocate Maria Teresa Spanu, Anna Ganadu e Antonella Calcaterra.
Quest'ultima, milanese, ha già seguito procedimenti simili. Ada Agri, la madre di Paolo, due giorni dopo la morte del figlio aveva presentato un esposto alla Procura e il sostituto procuratore Paolo Piras, aperto un fascicolo, aveva disposto l'autopsia. Per il perito della Procura, il medico legale Franco Lubinu, si era trattato però di "morte cardiaca improvvisa".
Così, in brevissimo tempo era stata chiesta l'archiviazione dell'inchiesta. La famiglia ha deciso di opporsi. Nella memoria difensiva consegnata al Gip c'è una nuova perizia del medico legale Paolo Gasco. Secondo quest'ultimo l'esame necroscopico non ha evidenziato segnali certi riferibili a una causa cardiaca della morte, ma ha evidenziato segni evidenti di problemi polmonari.
E la lunga contenzione a letto in posizione supina sarebbe stata il fattore principale che ha determinato l'insufficienza respiratoria e quindi l'arresto cardiaco. Non solo: viene respinta la considerazione della Procura secondo cui la contenzione del paziente era giustificata dalla straordinarietà della situazione.
Nell'atto di opposizione alla chiusura indagini viene citata una sentenza del 2018 della Corte di Cassazione, relativa alla morte in condizioni simili dell'insegnante elementare Franco Mastrogiovanni. La Corte ha stabilito che la contenzione meccanica non è un atto medico perché non ha l'effetto di migliorare le condizioni di salute del paziente.
Serve solo a tutelare il paziente e le persone che sono a contatto con lui. Ma in questo caso, per l'avvocata Antonella Calcaterra, non ci sarebbero state le condizioni. Secondo le testimonianze e il diario clinico Paolo Agri sarebbe rimasto legato dalle 10.30 del mattino fino alle 4.45 del giorno dopo, ora della morte. E alle 17.30, slegato per mezz'ora, non avrebbe dato segnali preoccupanti, tanto che alle 22 non si è resa necessaria la terapia farmacologica. Il Gip Antonello Spanu ha ascoltato le ragioni della famiglia e si è riservato di decidere.
di Simona Musco
Il Dubbio, 16 luglio 2020
La verifica dopo la denuncia della Camera penale. L'Ucpi: "necessario definire una nuova autorevolezza della giurisdizione". La battaglia dei penalisti di Venezia ha prodotto un risultato: l'invio degli ispettori, da parte del ministero della Giustizia, alla Corte di Appello della città lagunare, dove ora dovranno svolgere accertamenti preliminari sui presunti casi di sentenze copia e incolla scritte ancor prima della discussione. Un fatto denunciato dalla Camera penale di Venezia, guidata da Renzo Fogliata, che ha trovato l'appoggio di tutti i penalisti del Veneto e dell'Unione delle Camere penali italiane, che ieri, schierandosi a fianco dei colleghi, ha ribadito la necessità di chiarire quanto accaduto.
Le sentenze "preconfezionate" - Il fatto, stando a quanto denunciato dagli avvocati, è tanto semplice quanto grave: le sentenze di circa sette processi sarebbero state scritte - in due casi in toto, con tanto di intestazione e dispositivo - ancor prima che pm e difese potessero esprimersi in aula. Sentenze, tutte, di rigetto degli appelli con liquidazione delle spese in favore della parte civile già determinate e indicazione del termine di deposito delle motivazioni, nonché relazioni con motivazioni già strutturate per il giudizio di rigetto dell'appello.
Un malinteso, secondo la presidente della Corte d'Appello, dovuto alla prassi di inviare - sulla base di "schemi autorizzati dal Csm e dalla Cassazione" - bozze di ipotesi di decisione, predisposte dal giudice relatore. Spiegazione che non ha convinto l'avvocatura, decisa a fare chiarezza. Tant'è che sulla stampa locale, sottolinea l'Ucpi, "il presidente di Sezione, dottor Citterio, addirittura rivendica paternità e metodo di queste motivazioni precompilate, che non si sottrarrebbero per ciò stesso al ripensamento collegiale, ma contribuirebbero, se condivise, ad implementare l'efficienza produttiva della Corte".
Bonafede invia gli ispettori - Dopo la denuncia della Camera penale, le udienze sono state rinviate al 2021, con la sostituzione del relatore. Ma intanto la macchina ministeriale si è mossa, nel mentre si attendono le decisioni del Csm, al cui Comitato di presidenza i laici Stefano Cavanna (Lega) e Alberto Maria Benedetti (M5S) hanno chiesto l'apertura di una pratica per "effettuare un'approfondita istruttoria" e "conseguentemente, accertare l'eventuale sussistenza di fatti e/o condotte rilevanti nell'ambito delle competenze del Consiglio, nonché al fine di adottare le iniziative meglio ritenute".
Intanto la Giunta dell'Unione stigmatizza il fatto, ritenuto "gravissimo" e meritevole "di nette iniziative sul piano della verifica disciplinare dei comportamenti dei soggetti coinvolti". Puntando il dito contro una parte della magistratura italiana, che avrebbe "evidentemente abbandonato l'essenza codicistica del giudizio di appello, prospettandone - in una visione efficientistica e violatrice dei diritti - una nuova natura di giudizio meramente cartolare, affidato ad un solo componente del Collegio, in violazione dei principi di contraddittorio sulla prova, di oralità e di pubblicità, che secondo il dettato normativo contraddistinguono la seconda fase del procedimento".
L'Ucpi: "È il momento di intervenire sulle garanzie difensive" - Insomma, per i penalisti italiani, la vicenda di Venezia altro non è che l'esempio di un modo di intendere il processo che relega la difesa ai margini, disattendendo il principio del contraddittorio e che vorrebbe "il giudizio di appello affidato ad un Giudice monocratico, ordinariamente camerale e, nelle ipotesi più estreme, l'introduzione del canone della reformatio in peius. Un sistema processuale dunque - afferma la Giunta - che presuppone l'imputato sempre colpevole per come giudicato nell'unico grado di merito, all'esito del quale deve interrompersi anche la prescrizione".
L'ispezione, però, non basta. La richiesta dell'Ucpi è rivolta anche alla magistratura, alla quale chiede di schierarsi e condividere "una riflessione sulle prassi degenerative in grado di appello e sul recupero dell'effettività del secondo giudizio". Ma anche per "definire una nuova autorevolezza della giurisdizione, a partire da riflessioni su modelli, diritti, senso delle decisioni, attraverso interventi sul piano ordinamentale e per l'effettività delle garanzie difensive".
di Paola Calvano
Il Centro, 16 luglio 2020
Il deputato Grippa (M5S) visita la struttura con Smargiassi e interroga il ministro: servono più agenti e personale sanitario. Finisce sulla scrivania del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede la delicata vicenda della Casa lavoro di Vasto.
Al termine di una visita nella struttura, il deputato del M5S Carmela Grippa ha chiesto al guardasigilli più agenti e più personale sanitario. Nella casa lavoro le tensioni e la preoccupazione non accennano a placarsi. Lunedì a Torre Sinello è arrivata la parlamentare del Movimento 5 Stelle, accompagnata dal consigliere regionale Pietro Smargiassi, ha visitato la struttura e incontrato gli operatori.
"Valutata la situazione", dice Grippa, "ho richiesto al ministero più personale e adeguati presidi anti contagio". I malumori all'interno e fuori dal perimetro del carcere di Vasto sono iniziati dopo la decisione delle autorità di istituire a Vasto una sezione quarantena per tutti gli arrestati in Abruzzo. Dura la reazione del Sappe, sindacato di polizia penitenziaria.
Gli agenti hanno dichiarato lo stato di agitazione e proclamato lo sciopero della mensa. Le proteste delle organizzazioni sindacali della polizia penitenziaria non sono sfuggite a Grippa, che ha deciso di farle arrivate all'attenzione del ministro della Giustizia attraverso una sua interrogazione. Il parlamentare lunedì ha voluto vedere di persona quello che accade a Torre Sinello ed è arrivata a Vasto.
"L'emergenza Covid 19 nel nostro Paese", ha ricordato Grippa, "nonostante i dati che parlano di una situazione in miglioramento, non è del tutto superata. Proprio per questo ho ritenuto opportuno chiedere al guardasigilli attraverso una interrogazione di adottare opportuni provvedimenti, per garantire per tutto il periodo della sussistenza della sezione Covid nell'istituto vastese, l'implementazione di agenti di polizia penitenziaria e di personale sanitario. Sono richieste di buon senso che sono necessarie dopo che ho avuto modo di rendermi conto personalmente della situazione della Casa circondariale durante la una visita ispettiva".
"È importante", insiste il deputato del M5S, "che si agisca nel pieno rispetto e applicazione di ogni prescrizione per contrastare il contagio e che le attività all'interno dell'istituto siano organizzate con la massima accuratezza con lo scopo di prevenire eventuali rischi per l'incolumità degli ospiti e degli addetti ai lavori che operano nella struttura". Durante la visita, la parlamentare ha rinnovato la piena e fattiva collaborazione istituzionale per eventuali criticità che dovessero presentarsi.
di Andrea Aversa
vocedinapoli.it, 16 luglio 2020
Condannato a 20 anni, Giosuè Belgiorno è stato dichiarato incompatibile col regime carcerario lo scorso aprile. Il delitto è stato crudele. La colpa tra le peggiori: uccidere una persona. Ma se la Costituzione con l'Articolo 27 afferma che, "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato", la giustizia nei confronti di Belgiorno Giosuè si è trasformata in tortura.
Ricapitoliamo un pò la vicenda. Lo scorso aprile Belgiorno insieme a Emanuele Baiano e Mariano Riccio, sono stati condannati a 20 anni di carcere.
L'accusa è stata di omicidio. La vittima è Antonino D'Andò ammazzato a causa di un'epurazione interna al clan Amato-Pagano. Nella vicenda sono coinvolti anche Ciro Scognamiglio e Mario Ferraiuolo. Tutti insieme, con Riccio mandante dell'agguato e gli altri esecutori materiali dell'assassinio, a marzo rivelarono in Tribunale di essere colpevoli e di conoscere il luogo dove erano sotterrati i resti di D'Andò.
Sempre ad aprile il Tribunale del Riesame, Decima Sezione, aveva concesso gli arresti domiciliari a Belgiorno. Quest'ultimo è affetto da una grave patologia, la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla), malattia che lo rende di fatto incompatibile con il regime carcerario.
Ma Belgiorno, una volta che la condanna è diventata definitiva, è stato portato di nuovo in carcere (a Secondigliano, ndr) al regime di detenzione ordinaria. "È la morte dello Stato di Diritto - ha affermato l'avvocato difensore Raffaele Chiummariello - in pratica il mio assistito è stato sequestrato. Con la liberazione anticipata Belgiorno potrebbe essere scarcerato ma il Magistrato di Sorveglianza ha fissato l'udienza ad ottobre".
Il legale ha anche depositato l'ordinanza che dichiara l'incompatibilità con il regime carcerario e l'urgenza del caso motivata da ragioni cliniche, "ma per parlare con il Magistrato bisogna inviare una mail e attendere che sia fissato un appuntamento. Perché la giustizia è burocrazia e non più certezza della pena e del diritto - ha dichiarato Chiummariello - l'udienza fissata per luglio ci sarà ad ottobre e intanto a settembre Belgiorno terminerebbe di espiare la pena".
di Gianpaolo Sarti
La Repubblica, 16 luglio 2020
A metà mattina, seduto a una scrivania sommersa da carte, libri e giornali, il gip Massimo Tomassini si lascia andare a una riflessione. "Libertà è partecipazione"? Macché Gaber, per favore no.... o... "Liberi da che cosa", come canta Vasco?... Sì, già meglio. O forse...Lenin... ecco, Lenin: aveva davvero torto quando diceva "libertà sì, ma per chi? E per fare cosa?". Il giudice si passa tra le mani l'ordinanza con cui ha appena dovuto confermare il carcere per un trentottenne di origini slovene, di Capodistria, pizzicato dai Carabinieri a Trieste con quasi un chilo di marijuana nascosta nell'armadio dell'abitazione di un amico.
Il gip lo ha interrogato al Coroneo. Un chilo non è esattamente un uso personale. Ma per quel reato il magistrato era pronto a togliere il trentottenne dalla cella e dargli i domiciliari. Però non ha potuto farlo. "Sono troppo povero - ha spiegato il detenuto parlando a Tomassini - non ho dove andare. Non ho una casa, non ho da mangiare. Non ho nessuno. Sono troppo povero io, giudice per favore mi tenga qui".
La marijuana - Lo sloveno era finito in carcere dopo una rapida indagine scattata meno di una settimana fa. È giovedì scorso quando i Carabinieri sorprendono una donna e un uomo che si scambiano 13,5 grammi di marijuana. Prima fermano l'acquirente, poi rintracciano la donna (il pusher), e si fanno accompagnare nell'appartamento in cui lei è momentaneamente ospite. Ed è lì che, rovistando qua e là, i militari dell'Arma scoprono lo stupefacente. Quasi un chilo.
Tanto il padrone di casa, tanto la donna che poco prima aveva ceduto i 13,5 grammi, sostengono di non sapere nulla della presenza di quel quantitativo di marijuana. Ma in quell'alloggio è ospite anche il trentottenne sloveno. Che si assume tutta la responsabilità. "Sì, è roba mia", ammette, scagionando così i due amici, che vengono liberati. Per lui si aprono invece le porte del Coroneo.
La storia - Tocca a Tomassini, il gip di turno, occuparsi dell'interrogatorio di convalida, dove emerge la storia personale del trentottenne sloveno e la richiesta di restare in cella. Perché lui una casa per i domiciliari non ce l'ha. E non ha neppure da mangiare.
"Sono troppo povero, giudice. La prego, mi tenga qui". L'ordinanza del gip va letta. Perché va ben oltre la fredda giurisprudenza. "Egli (lo sloveno, ndr) - annota Tomassini - ha riferito di abitare a Capodistria, senza tuttavia essere in grado di indicarne la via, e ha palesato uno stato di profondissima difficoltà sotto vari punti di vista. È chiaro, pertanto, che la detenzione a fini di spaccio della sostanza stupefacente fosse, e sia, una necessità, ancor prima che una scelta di natura criminosa. Egli - osserva il gip - per forza di cose utilizzava la droga come unico possibile mezzo di sostentamento (...). La misura maggiormente adeguata e conforme alla effettiva gravità della situazione, cioè gli arresti domiciliari, è impercorribile per mancanza di un domicilio. Inevitabile, pertanto, l'applicazione della custodia cautelare in carcere".
La scelta difficile - Scelta sofferta, per il gip Tomassini. Ma non è la prima volta che si trova a fronteggiare situazioni analoghe. "Mi era successo con uno slovacco che dormiva sui treni. Disse che preferiva stare in cella, che non aveva mai mangiato così bene. E questo trentottenne sloveno, che non ha niente e che non ha nessuno da cui andare, si troverebbe ora nelle condizioni di dover delinquere ancora, o di fare l'elemosina, per sopravvivere. Il fatto incredibile è che questa cosa avviene a Trieste, tra di noi, tre le persone che incontriamo. Non alla periferia del mondo - riflette. Io mi domando, allora, la giustizia è roba da ricchi? O aveva ragione Lenin, sul concetto di libertà? "Libertà sì, ma per chi? E per fare cosa?".
castedduonline.it, 16 luglio 2020
"Finalmente compie un concreto passo il progetto di assegnare ai detenuti della Casa Circondariale di Cagliari un Medico di base. L'associazione SDR ha in più occasioni manifestato l'esigenza di garantire un punto di riferimento costante a quanti, avendo perso la libertà ma non il diritto alla salute, non potevano usufruire dell'assistenza medica personalizzata. La riforma promossa dal Coordinatore sanitario dell'Istituto sembra andare nel verso giusto ma occorre un intervento dell'assessore per garantire almeno due Medici del 118 la notte e durante i giorni festivi, oltre agli Infermieri.
Uno sforzo necessario da parte dell'assessorato regionale per una qualità dell'assistenza in un carcere dove sono reclusi in media circa 550 detenuti (27 donne e 130 stranieri). Lo afferma Maria Grazia Caligaris (Socialismo Diritti Riforme), con riferimento al progetto avviato dal Coordinatore sanitario della Casa Circondariale "Ettore Scalas" di assegnare ai Medici dei Servizi un numero fisso di pazienti e a quelli del 118 l'assistenza h 24.
"A caratterizzare la Casa Circondariale di Cagliari - osserva Caligaris - è la massiccia presenza (oltre il 30%) di persone private della libertà con problematiche psichiatriche e tossicodipendenze. Esiste però anche una larga fetta di persone anziane con disturbi quali cardiopatie, pneumopatie croniche, artrosi, arteriosclerosi, diabetici e perfino in dialisi. Senza dimenticare le cure odontoiatriche e otorinolaringoiatriche. Nel Centro Clinico, dove sono ricoverati i pazienti in condizioni più delicate da monitorare, il Medico di Base esiste già e grazie anche al lavoro degli Infermieri e degli Agenti della Polizia Penitenziaria, viene garantito un percorso più lineare".
"Rendere la sanità penitenziaria adeguata ai bisogni, così come ha previsto la riforma nazionale - ricorda ancora Caligaris - significa però anche pensare alle donne detenute che non hanno a disposizione un Centro Clinico e neppure uno studio ginecologico. Occorre quindi realizzare un programma che vuole migliorare le condizioni di salvaguardia della vita dei detenuti ma offrire anche garanzie ai Sanitari, con l'adeguamento dei compensi che tengano conto del fattore rischio in un ambiente che purtroppo non sempre è sereno.
Di queste problematiche deve farsi carico l'assessore regionale della Sanità che ne è il referente. Alle buone prassi, insomma, occorre affiancare strumenti adeguati e opportuni riconoscimenti, altrimenti - conclude - si corre il rischio di fomentare il malcontento e rendere vano anche il più piccolo gesto destinato a cambiare in meglio un sistema finora trascurato".