Il Mattino di Padova, 12 gennaio 2015
Finire in carcere all'età in cui, conclusa l'adolescenza, si dovrebbe cominciare a godere del piacere della libertà è una delle cose più tristi che possa accadere. Non sappiamo molto di quel ragazzo di 19 anni che si è tolto la vita nel carcere di Venezia, ma gli dedichiamo un pensiero e due testimonianze di ragazzi altrettanto giovani, che, proprio per dare un senso alla loro carcerazione, hanno chiesto di far parte della nostra redazione e di affrontare con noi il progetto di confronto con le scuole, che fa entrare in carcere ogni settimana centinaia di studenti.
di Carmelo Musumeci
Ristretti Orizzonti, 12 gennaio 2015
"Gelida desolata vuota vita piatta / Eternamente uguale / Che fare? / Morire o fare il pazzo/ E levarsi in volo per essere liberi?". (Diario di un ergastolano, www.carmelomusumeci.com).
Non so perché, ma penso che le brutte notizie in carcere fanno più male che fuori. L'altro giorno commentando il suicidio di un giovane detenuto di appena diciannove anni ho pensato che il carcere non è poi cosi bestiale e cinico come appare, perché esegue solo il suo compito per cui gli uomini l'hanno creato.
Ristretti Orizzonti, 12 gennaio 2015
"Non c'è dubbio che crescere per strada mi abbia aiutato in questo mestiere: io conoscevo la psicologia dei boss mafiosi, capivo cosa pensassero quando dicevano qualcosa in un determinato modo. È stato un vantaggio, anche se le minacce o i momenti di paura non sono mancati".
di Elisabetta Laganà (Presidente Cnvg)
Ristretti Orizzonti, 12 gennaio 2015
L'auspicio della Cnvg è che l'appello dello scorso 7 gennaio di Stefano Anastasia per una rapida nomina del Garante nazionale dei detenuti non cada nel vuoto, e auspica che tra i favoriti alla carica vi sia un esponente dell'Associazione Antigone, da sempre impegnata nella tutela dei diritti delle persone private della libertà e promotrice di importantissime azioni e proposte sui temi del carcere e della pena.
dal "Gruppo emergenza lavoro detenuti"
Ristretti Orizzonti, 12 gennaio 2015
- VEDI IL PROVVEDIMENTO DI RIPARTIZIONE FONDI DELLA LEGGE SMURAGLIA (PDF)
È stato pubblicato sul sito internet del Ministero della Giustizia il provvedimento del 17.12.2014 a firma del Capo del Dap che ha approvato la ripartizione del credito d'imposta fruibile dalle cooperative sociali che impiegano detenuti. La ripartizione discende dall'applicazione dell'art. 6, comma 1, del Decreto del Ministro della Giustizia 24 luglio 2014 n. 148 attuativo della Legge 193/2000 "Smuraglia" (Regolamento recante sgravi fiscali e contributivi a favore delle imprese che assumono detenuti).
di Ilaria Sesana
Avvenire, 12 gennaio 2015
Lo hanno fatto ogni giorno, per dieci anni, con passione e competenza. Ma giovedì 15 gennaio, i detenuti impiegati dalle cooperative sociali che gestiscono le mense di dieci carceri italiane scenderanno in cucina per l'ultima volta: una volta terminato il servizio, dovranno riconsegnare le chiavi all'amministrazione penitenziaria.
di Pietro Vernizzi
www.ilsussidiario.net, 12 gennaio 2015
"La riconciliazione tra chi ha commesso un crimine e la società è il terreno su cui occorre costruire, mettendo da parte obiezioni che nascono da una gestione meramente burocratica delle carceri".
di Fausto Cerulli
Il Garantista, 12 gennaio 2015
"La carcerazione preventiva deve considerarsi un atto illecito, illegale ed immorale". A pronunciare queste parole non è stato Napolitano, e neppure quel Renzi che all'inizio della carriera di premier si sbracciava a quel modo che gli è così convulsamente congenito, e non l'ha pronunciata la Corte Costituzionale, che pure dovrebbe conoscere il dettato, appunto costituzionale, della presunzione d'innocenza fino a condanna definitiva.
di Francesco Grignetti
La Stampa, 12 gennaio 2015
"Spesso il carcere diventa un luogo di reclutamento e proselitismo. Bisogna armonizzare le legislazioni Ue per un'azione più efficace".
Ministro Andrea Orlando, dopo fin troppi anni di discussione, è arrivato il momento di una superprocura antiterrorismo?
"È vero, se ne parla da molto tempo. Ma ora un coordinamento unico nazionale è divenuta un'esigenza riconosciuta da tutti. Non è più questione di discutere del se, del quanto, del come. Il punto di partenza è un ddl presentato alla Camera dall'onorevole Stefano Dambruoso, che allarga alla procura nazionale antimafia le competenze antiterrorismo. Procederemo, come annunciato da Angelino Alfano, a un tavolo di confronto tra governo e le grandi procure italiane, comunque è chiaro che occorre un salto di qualità, essendo il terrorismo islamista un fenomeno sovranazionale e la dimensione locale delle singole procure è sempre più in difficoltà".
Lei è più favorevole a raddoppiare le competenze dell'Antimafia oppure a creare un'analoga struttura antiterrorismo?
"Prima di prendere decisioni, è necessario un confronto, quindi ci incontreremo con i magistrati che si occupano di terrorismo per poi procedere in tempi rapidi".
Perché ha segnalato l'opportunità di coordinare tra i Paesi Ue le norme di contrasto al terrorismo, in particolare contro i "foreign fighters". Ci sono problemi?
"Abbiamo toccato con mano, nel corso del Semestre a guida italiana, le resistenze ai processi di integrazione europea. Siamo riusciti a portare il tema del terrorismo internazionale al tavolo dei ministro della Giustizia, essendo stato finora un tema trattato esclusivamente dai ministri dell'Interno nella consapevolezza che non può essere sufficiente la dimensione di polizia, ma è necessario uniformare le legislazioni. È troppo pericoloso ricadere negli errori che si sono fatti in passato; a lasciare discrasie tra le legislazioni europee, si rischia di creare delle maglie nelle quali il terrorismo può agire. Queste organizzazioni sono fin troppo abili ad inserirsi tra le pieghe. Abbiamo operato quindi per una parziale cessione di sovranità per investire del tema antiterrorismo le istituzioni comunitarie. Di pari passo nel confronto è emersa anche la questione dell'esecuzione della pena. Il carcere, come s'è visto, rischia di essere un veicolo di proselitismo, motivo per il quale si è posto il problema di come una misura repressiva rischi di trasformarsi in un aiuto per queste organizzazioni".
Risultato?
"Diversi Stati europei sono gelosi dei propri ordinamenti, temono fortemente ogni cessione anche minima di sovranità alle istituzioni europee. Riconoscono che il problema di una risposta comune al terrorismo internazionale esiste, ma diventano molto timidi, per non dire di più, quando si tratta di accedere a una dimensione comunitaria. Al termine della discussione, siamo giunti a un approdo realistico che costituirà il punto di partenza per la nuova presidenza lettone: l'impegno a un confronto costante tra ministri della Giustizia affinché ci sia una progressiva armonizzazione dei singoli ordinamenti".
Torniamo all'Italia. Delle tante riforme annunciate sulla giustizia, quali vedremo convertite in legge per prime?
"A febbraio, subito dopo l'elezione del nuovo Capo dello Stato, potrebbe diventare legge la responsabilità civile dei magistrati. Poi verranno tante altre riforme. Segnalo infine che è ripresa la discussione al Senato sui reati ambientali, che prevede la riconfigurazione del disastro ambientale: approvarlo rapidamente sarebbe la nostra migliore risposta alla vicenda dolorosa del processo Eternit".
di Roberto Galullo
Il Sole 24 Ore, 12 gennaio 2015
Se, come ha detto ieri il ministro dell'Interno Alfano, l'Italia non è esposta a forme di rischio terroristico di matrice islamica è anche perché mai come nel 2014 sono state dispiegate attività di vigilanza e intelligence. La mappa del rischio jihadista in Italia vede solo il Molise escluso dall'apertura di dossier su personaggi o cellule e sui loro collegamenti terroristici .
La mappa aggiornata del rischio jihadista in Italia vede la sola regione Molise esclusa, al momento, dall'apertura di dossier delle forze di polizia e dei servizi segreti su singoli personaggi o cellule e sui loro collegamenti terroristici nazionali e internazionali. Le regioni maggiormente seguite nel 2014 sono state Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana e Lazio mentre al Sud a destare allarme sono state la Sicilia e la Calabria, ricche di approdi nei quali gli sbarchi possono portare a riva anche manovali del terrore, messaggeri e intermediari. La Calabria da tempo è considerata un fronte sensibilissimo, al punto che già nel 2002 l'allora procuratore di Catanzaro Mariano Lombardi ebbe modo di dolersi di alcune scelte politiche nel corso dell'audizione in Commissione parlamentare antimafia del 6 maggio 2002. Rispondendo a una domanda del senatore Donato Veraldi affermò che "pur non avendo sentore preciso in zona di attività riconducibili al terrorismo, ho allertato tutte le Forze di polizia avvertendole che da quel momento il procuratore competente sarebbe stato il procuratore distrettuale. Sono in contatto con molti operatori di polizia, ma non per il censimento dei palestinesi o dei credenti nell'Islam, bensì per individuare i gruppi maggiormente presenti sul territorio e per sviluppare nei loro confronti un'azione conoscitiva che miri al controllo e al collegamento con altre zone. Ho appreso con sgomento che l'ufficio del Sisde veniva smantellato proprio quando da altre mie fonti sapevo che anche in Calabria vi erano grosse comunità islamiche".
Quello appena passato è stato un anno in crescendo, tanto che a fine 2014 il Comitato di analisi strategica antiterrorismo (Casa) ha messo in fila 53 riunioni (in media una a settimana) e da alcuni mesi è convocato in seduta permanente a causa della recrudescenza internazionale di atti terroristici di matrice jihadista di cui i criminali fatti francesi rappresentano solo l'ultimo anello. La prima riunione del Comitato si è tenuta all'indomani della strage di Nassiriya del 12 novembre 2003, mentre la sua costituzione e composizione è stata formalizzata il 6 maggio 2004, con il decreto del ministro dell'Interno che ha disciplinato il Piano nazionale per la gestione di eventi di natura terroristica.
Da allora l'impegno è stato crescente. Negli ultimi 12 mesi il Comitato - che nel semestre europeo a conduzione italiana è stato preso a modello dalla Ue - ha affrontato 465 casi (in media nove a riunione) e, tra questi, in particolare, ha vagliato 255 segnalazioni relative a criticità da approfondire, delle quali 212 hanno riguardato il contesto internazionale, Italia inclusa.
Per dare l'idea del crescendo di questo tavolo permanente - presieduto dal Direttore centrale della Polizia di prevenzione Mario Papa con Carabinieri, le due Agenzie di intelligence, Gdf e Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e nel cui ambito vengono condivise e valutate le informazioni sulla minaccia terroristica interna ed internazionale - al 9 settembre 2014 aveva passato al vaglio 162 casi, di cui 129 relativi a gruppi terroristici internazionali. Nel dettaglio 81 segnalazioni hanno riguardato specificamente l'Italia e l'altra metà gli Stati occidentali, Italia compresa. Un altro dato esemplificativo: in appena tre mesi (da giugno a fine agosto) il Comitato ha diramato 25 allerte relative a possibili minacce riconducibili in Italia all'"Islamic State".
La maggior parte dei dossier viene aperta grazie al monitoraggio sistematico e costante dei siti web. Accedere senza conoscere l'arabo sarebbe praticamente inutile perché sono soprattutto i forum che diventano scambio, spesso cifrato, di informazioni e notizie e, dunque, le forze di polizia e di intelligence hanno affidato questo delicatissimo compito a persone che conoscono l'arabo.
Attenzione viene inoltre dedicata alle carceri, nelle quali sono recluse decine di migliaia di stranieri, molti dei quali provenienti dal mondo arabo. Per dare un'idea del potenziale di reclutamento, basti riferirsi a quanto ebbe modo di dire nel 2010 l'allora capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria Franco Ionta, che parlò di circa 40mila detenuti sensibili al richiamo integralista islamico.
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