di Rossella Cadeo
Il Sole 24 Ore, 12 gennaio 2015
Il divario economico tra Nord e Sud e tra settori di popolazione non è una caratteristica solo italiana, ma investe l'intera Europa. In Italia, tuttavia, l'allarme disuguaglianze e indigenza è particolarmente elevato.
I fattori critici
Nel nostro Paese infatti - come ha osservato Luca Ricolfi nell'editoriale sul Sole 24 Ore del 2 gennaio scorso - oggi esiste "una terza società, la società degli esclusi", che negli anni della crisi è cresciuta di dimensioni, fino a superare quota dieci milioni di persone tra disoccupati, occupati in nero e inattivi ma disponibili a un impiego. Una schiera che più o meno coincide con l'ultima statistica Istat su quanti vivono in condizioni di povertà relativa (il 16,6% della popolazione sotto la soglia mensile di 972 euro di spese per nuclei con due componenti).
E che non accenna a diminuire, visto che nel novembre scorso il tasso di disoccupazione ha raggiunto il record del 13,4% (+0,9% rispetto a 12 mesi prima), sfiorando il 44% tra i giovani, quando invece a fine 2014 la Germania è riuscita a mettere a segno il minimo storico del 6,5 per cento. Ulteriore elemento che rende ancor più preoccupante lo scenario italiano: il nostro Paese - clandestini ed emergenza sbarchi a parte - è il quarto in Europa (dopo Germania, Spagna e Regno Unito) per presenza di immigrati regolari (sono circa 4,4 milioni, il 7,4% della popolazione residente totale), ma si tratta di soggetti prevalentemente con titoli di studio bassi e con scarsa qualificazione professionale.
Una recente ricerca realizzata dalla Fondazione Moressa su dati Eurostat, che mette a confronto le differenze di reddito e i tassi di povertà in Italia e in Europa, conferma ulteriormente la posizione critica in cui si trova il nostro Paese e spiega in parte la perdita di appeal dell'Italia (basti pensare che nel 2013 sono aumentati i trasferimenti all'estero,+ 21% tra gli italiani e +14% tra gli stranieri, mentre sono calati del 13% gli ingressi).
I flussi
Se le destinazioni più gettonate sono Regno Unito e Germania, la principale spinta a questi flussi in uscita è la possibilità di ottenere un reddito superiore. In questi due Paesi, infatti, l'importo medio per uno straniero può oltrepassare i 20mila euro, superando addirittura quanto possono guadagnare un italiano o uno spagnolo nei loro Paesi (rispettivamente 18.800 e 16.700 euro, si veda la tabella).
Ma non è tutto. Se si osserva il divario tra i redditi medi percepiti dai nativi e quelli cui possono aspirare gli stranieri, l'Italia si trova al 22° posto nella classifica Ue 28 elaborata dalla Fondazione Moressa: circa 6mila euro di differenza sia nel nostro Paese sia in Spagna (al 24° posto) rispetto ai 2mila euro della Germania (13°) e agli appena 332 nel Regno Unito (settimo).
Certo, anche in altre aree del Nord come Svezia, Francia o Austria si rileva una forte differenza di reddito tra autoctoni e immigrati, ma va osservato che nel "gruppo Nord" gli importi medi degli stranieri sono molto più alti di quelli percepiti da un immigrato nel "gruppo Sud" (Italia, Spagna, Portogallo e Grecia). Inoltre, in questi anni di crisi (dal 2008 al 2013), in Italia e in Spagna i redditi degli immigrati - impegnati in gran parte in settori come l'edilizia o i servizi domestici, poco remunerativi e più colpiti dalla congiuntura negativa - hanno subìto una contrazione del 10% circa; in Svezia, Francia e Austria sono invece aumentati con percentuali a doppia cifra. E poi nell'appeal di un Paese contano anche le chance lavorative: il tasso di occupazione degli autoctoni in Italia e in Spagna si aggira sul 55% (quasi dieci punti in meno della media Ue 28), mentre per tedeschi e inglesi supera il 70 per cento.
L'indigenza
Tutti fattori che concorrono a posizionare il nostro Paese in una situazione allarmante sul fronte dell'esclusione sociale. Secondo la ricerca della Fondazione Moressa, in Italia oltre il 26% degli italiani e il 43% degli stranieri si trova a "rischio di povertà" (secondo l'indicatore adottato nell'ambito della strategia Europa 2020, che deriva dalla combinazione del rischio di povertà, della grave deprivazione materiale e della bassa intensità di lavoro: in totale, oltre 16 milioni di persone). Valori che pongono l'Italia agli ultimi posti nella Ue assieme alla Grecia (unico Paese Ue privo di una misura nazionale contro la povertà, come evidenziato da Cristiano Gori sul Sole 24 Ore del 4 gennaio), Spagna e Portogallo. "A distinguersi positivamente sono, anche in questo caso, Regno Unito e Germania, con valori inferiori alla media Ue - osserva Stefano Solari, direttore scientifico della Fondazione Leone Moressa -. In conclusione: l'Europa è profondamente divisa tra Nord e Sud sul versante dei redditi, delle chance occupazionali, del trattamento economico riservato a nativi e stranieri, della quota di popolazione da considerare a rischio povertà". Una porzione di residenti che - in Italia, oltre a non aver trovato rappresentanza né risposte neppure nelle ultime manovre economiche, va a scalfire ulteriormente il grado di attrattività del Paese.
di Martina Tortosa
www.traniviva.it, 12 gennaio 2015
Nel 2003 il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha avviato un progetto sperimentale in dieci istituti penitenziari italiani. Tre le carceri di Siracusa, Ragusa, Rebibbia circondariale, Rebibbia reclusione, Torino, Milano-Bollate, Padova e Ivrea, spicca anche il recentemente "ambito" carcere di Trani.
Il progetto è nato per promuovere l'attività lavorativa in carcere, attraverso la ristrutturazione delle cucine e l'affidamento della gestione ad alcune cooperative sociali, con il compito di formare professionalmente i detenuti.
Gli "ospiti" sono assunti con paga regolare dalle cooperative, usufruiscono di periodi di formazione ed hanno a loro disposizione professionisti del settore. Anno dopo anno, i risultati del progetto sono stati giudicati molto positivi. In alcuni casi è stato possibile assistere alla nascita di una vera e propria realtà imprenditoriale. A Trani, infatti, i detenuti si sono dedicati alla produzione di taralli, raccogliendo, senza difficoltà, l'apprezzamento di consumatori esterni.
Un grande progetto con grandi obiettivi. Alla base della sperimentazione vi è l'idea che, anche nella nostra città, l'impiego dei detenuti in attività lavorative possa aumentare le loro possibilità di reinserimento nella società ed eventualmente abbattere l'eventualità di recidiva. Nonostante i riscontri molto positivi e una proroga che ha rimandato il termine dell'attività di qualche mese, la chiusura della sperimentazione è prevista per il 15 gennaio, con il ritorno della gestione delle cucine all'amministrazione penitenziaria.
In vista dell'imminente scadenza, i deputati Rossomando, Amoddio, Sorial e Iacono hanno chiesto al ministro della giustizia "quali iniziative intende avviare per dare continuità all'esperienza del progetto, anche con forme di finanziamento diverse da quelle adottate finora, al fine di non vanificare gli importanti risultati fin qui ottenuti negli istituti penitenziari interessati". Ma lasciamo parlare i numeri. Il lavoro dei detenuti è passato dal 20,87 per cento del 2011, al 26,25 per cento del 2014. Un piccolo, grande traguardo raggiunto anche grazie al contributo del carcere di Trani.
di Tito Giuseppe Tola
La Nuova Sardegna, 12 gennaio 2015
Detenuti e agenti di custodia hanno lasciato il carcere di Macomer meno di un mese fa e nei locali semivuoti è già iniziato il degrado. Sulle proposte alternative di utilizzo della struttura avanzate dall'amministrazione comunale di Macomer, intanto, non è arrivata nessuna risposta né dai parlamentari coinvolti né dalla Regione. Sta accadendo ciò che si temeva.
Il carcere non è un edificio riciclabile se non demolendo tutto per costruire qualcosa di diverso, per cui non è ipotizzabile un impiego con destinazione molto diversa da quella per il quale era stato costruito. Ancora non si segnalano atti di vandalismo, ma con la partenza dei detenuti è rimasto il degrado, al quale pare contribuisca anche l'abbandono di rifiuti di ogni tipo, compreso del cibo ormai guasto che richiamerebbe topi e insetti.
Questo, almeno, è quando riferito da voci che sarebbero giunte in comune. La preoccupazione è che si creino problemi igienici. È per questo motivo che l'amministrazione comunale ha chiesto e ottenuto l'autorizzazione a effettuare un sopralluogo nella struttura. Lunedì mattina il sindaco e il vice sindaco, accompagnati da un tecnico dell'ente, visiteranno il carcere per vedere come stanno effettivamente le cose. La paura, intanto, è che la struttura rimanga in abbandono. Ancora non vengono segnalati atti di vandalismo, anche perché è rimasta al lavoro una parte del personale civile, che comunque andrà via entro il 15. Temporaneamente è rimasto a Macomer anche il nucleo cinofili della polizia penitenziaria. Ci rimarrà finché non sarà completata un'apposita struttura nel carcere di Nuoro, attualmente in corso di realizzazione, nella quale il reparto sarà poi trasferito.
"Per realizzare la struttura di Macomer destinata al nucleo cinofili - dice il sindaco, Antonio Succu, - sono stati spesi negli anni scorsi 200 mila euro. Soldi bruciati. Realizzarne un altra per trasferire il reparto mi sembra uno spreco ingiustificato. Se si è chiuso il carcere di Macomer con l'obiettivo di ridurre la spesa, mi chiedo dove sia il risparmio".
L'amministrazione comunale di Macomer, intanto, avanza anche un altra proposta di utilizzo del carcere. "L'idea sarebbe quella di utilizzarlo per detenuti tossicodipendenti - prosegue il sindaco -, presso il distretto sanitario di Macomer opera un servizio per il trattamento delle dipendenze che potrebbe fornire un supporto sanitario importante. Restano in piedi anche tutte le altre proposte che abbiamo presentato al senatore Giuseppe Luigi Cucca, della commissione Giustizia del Senato, e al presidente Pigliaru, che finora non hanno risposto". Tra le proposte di utilizzo avanzate la creazione di una struttura alternativa all'ospedale psichiatrico.
www.info.fvg.it, 12 gennaio 2015
Si chiama Circolo Filatelico "26" perché ha residenza al medesimo numero civico di via Coroneo dove è sito il carcere. Ne fanno parte alcuni ospiti della struttura di detenzione e rieducazione che hanno aderito già dall'anno scorso al progetto "Filatelia nelle carceri" promosso da Poste Italiane.
Si tratta della seconda iniziativa di questo tipo nel Paese, a seguire il progetto pilota realizzato nel carcere milanese di Bollate. La prima in assoluto per il Friuli Venezia Giulia. L'idea è semplice: dare agli ospiti del Coroneo la possibilità di approfondire i temi legati alla Filatelia con l'intento di aiutarli a realizzare una propria collezione.
Un percorso didattico utile a fornire nuovi elementi di rieducazione e reinserimento per chi inizia già dalla detenzione a reimpostare la propria esistenza. Allo Spazio Filatelia di via Galatti 7/d, nel Palazzo centrale delle Poste, una mostra delle collezioni realizzate dagli ospiti della struttura carceraria verrà inaugurata sabato 17 gennaio alle ore 11.00. Saranno presenti, oltre alla responsabile dello spazio filatelico Daniela Catone, Igor Tuta e Claudio Bacco del Circolo Filatelico triestino Laurenc Kosir, che hanno contribuito in qualità di insegnanti alla riuscita del progetto.
I tre mentori hanno condotto una serie di lezioni filateliche all'interno del Coroneo. Gli ospiti che hanno aderito all'invito hanno potuto conoscere gli elementi fondamentali della storia della Filatelia e apprendere tecniche e rudimenti per creare una collezione di francobolli, utilizzando strumenti appropriati: lenti di ingrandimento, pinzette, manuali e cataloghi filatelici. Allo Spazio Filatelia, dopo l'esposizione dello scorso anno, avrà corso la seconda parte del progetto con l'allestimento delle collezioni di Luca sul tema dello Sport, quella di Francesco con "Le donne nell'arte", Massimo con le "Auto d'epoca", Rossano con i francobolli dedicati al Vaticano, Saimon con una collezione dedicata a Walt Disney. E ancora quelle di Franco sui "Fiori e farfalle", Giuseppe e i suoi "Paesaggi", Mauro con la "Vita degli scout".
Gli orari per la visita alla mostra sono i seguenti: dal lunedì al venerdì dalle 8.20 alle 13.35, il sabato dalle 8.20 alle 12.35. "Filatelia nelle carceri" è frutto di un protocollo d'intesa sottoscritto da Poste Italiane, Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, Ministero per lo Sviluppo Economico, Federazione tra le società filateliche italiane e l'Unione Stampa Filatelica Italiana. L'inedita rassegna triestina sarà visitabile sino alla giornata di sabato 31 gennaio. Per informazioni, il telefono è lo 040.6764305.
Il Centro, 12 gennaio 2015
Note di solidarietà oggi pomeriggio nel penitenziario San Donato di Pescara. Per il 21esimo anno consecutivo tornerà l'appuntamento canoro con il Festival della Melodia che vedrà una particolare giuria di detenuti nelle vesti di giudici per assegnare al più votato degli artisti in gara il lasciapassare per le finali nazionali del concorso previste a metà febbraio a Sanremo.
Musica di qualità con giovani e talentuosi artisti che si alterneranno sul palco con brani editi o inediti cercando di conquistare le simpatie della speciale commissione. L'evento è promosso dalla direzione del carcere e dall'agenzia Promozione Spettacoli di Montesilvano. Sarà una sfida all'ultima nota per Emanuele Cestari, Piera Luisi, Giacinto Ceroni, Ioara Fanfoni, Carlo Di Fabbio, Silvia Vicario, Cristian Bevilacqua, Priscilla Di Benedetto, Maria Luigia Tacconelli, Angelica Pompeo e Gaia Anglani.
Lo spettacolo, poi, sarà impreziosito dagli interventi della vincitrice nazionale in carica Danira Micozzi, dal cantautore Franco Midiri, reduce da una tournée in Romania, dal "Vasco Rossi d'Abruzzo" Marco Corneli e dal cantante partenopeo Genny Cusopoli per un doveroso omaggio all'indimenticato Pino Daniele.
"È uno dei primi spettacoli ospitati in questa casa circondariale", ha riferito il direttore Franco Pettinelli, "con tanti artisti che abbiamo visto crescere nel tempo. È un evento di qualità molto atteso e che ripetiamo ogni anno con piacere".
www.italiachiamaitalia.it, 12 gennaio 2015
Massimo Romagnoli, ex parlamentare di Forza Italia, è detenuto nel carcere di Podgorica da prima di Natale, accusato di traffico d'armi.
L'arresto è avvenuto su richiesta degli Stati Uniti. ItaliaChiamaItalia, che segue il caso fin dall'inizio, oggi vi propone ampi stralci dell'intervista che il quotidiano "il Garantista" ha voluto fare a Nicola Pisani, avvocato italiano di Romagnoli.
Fra le altre cose, Pisani ricorda di essere stato in carcere a visitare il suo cliente, insieme al senatore Aldo Di Biagio. E poi spiega: "Romagnoli sta abbastanza bene sul piano fisico, ma è letteralmente devastato sul piano psicologico da questa vicenda e durante il nostro incontro ha pianto tutto il tempo, protestando con forza la sua innocenza".
Quali sono gli elementi di prova a oggi resi noti dall'accusa?
"Vorrei precisare che a oggi quella che noi chiamiamo la discovery degli elementi di accusa è solo parziale: le carte della Procura statunitense verranno scoperte integralmente solo con la formale richiesta di estradizione che ancora non è pervenuta alle autorità montenegrine dagli Stati Uniti. Nell'atto di accusa (Indictment) - che è pubblicato sul sito della Procura di Manhattan - si parla di una serie di incontri videoregistrati tra due cittadini rumeni, Vintila e Georgescu, e tre agenti sotto copertura della Dea, nel corso dei quali questi ultimi, interessati all'acquisto di armi, avrebbero dichiarato che le armi erano destinate al compimento di atti di terrorismo contro cittadini statunitensi. A Romagnoli si contesta un unico incontro dell'8.10.2104 a Tivat in Montenegro, durato pochi minuti".
Come ha reagito Massimo Romagnoli alle accuse?
"Ripete ossessivamente di essere innocente ed estraneo a questa vicenda e di non aver avuto neanche per un attimo il sospetto che le armi fossero destinate ad azioni terroristiche, contro il governo americano o contro cittadini americani; dice che era sicuro che l'operazione commerciale - perché per lui di questo si trattava - si sarebbe svolta in piena trasparenza e nel rispetto delle regole. Un dato emerge comunque dalla lettura degli atti: non vi è stata nessuna vendita di armi ma neanche il benché minimo accordo finalizzato a una vendita; si può forse parlare di una generica disponibilità al reperimento di armi? E comunque, al momento degli incontri incriminati, la merce non solo non era stata acquistata dai fornitori ma neanche definita per qualità e quantità. Inutile dire che di passaggi danaro in questa vicenda non v'è neppure l'ombra".
Eppure gli americani dicono di avere le prove di una consapevolezza di Romagnoli e degli altri due rumeni che queste armi fossero destinate alle Farc.
"Senta io questi video non li ho ancora visti. Ha idea di quante accuse si smontano solo dopo aver ascoltato registrazioni, intercettazioni etc.? Ma poi di quali armi parliamo, se non si era deciso nulla? Qui c'è un dato: Romagnoli ha una conoscenza davvero rudimentale della lingua inglese, mi creda. Non vorrei scendere troppo nei particolari in questa fase: mi chiedo comunque come sia possibile incriminare con accuse così pesanti una persona solo sulla base di un colloquio preliminare, e senza che ci siano stati sviluppi concreti della vicenda. Dalle nostre parti, si direbbe - traducendo un brocardo latino che esprime uno dei cardini del garantismo penale - che nessuno può essere punito per la manifestazione di un mero proposito. Ma c'è di più: ci troviamo di fronte a comportamenti (incontri, riunioni etc.) tenuti su istigazione, per così dire, di agenti provocatori con tutte le conseguenze immaginabili sul piano della correttezza e lealtà nel processo di formazione della prova".
Si spieghi meglio.
"Sembra, almeno dalla lettura dell'atto di accusa, che gli incontri incriminati si siano svolti su input degli agenti della Dea sotto copertura, che, come dire, avrebbero "provocato" la trattativa allo scopo preciso di acquisire la prova e successivamente arrestare i tre. La Corte europea dei diritti dell'uomo si è espressa in proposito affermando un precedente per noi importantissimo nel caso Furcht c. Germania deciso con la sentenza del 23 ottobre 2014: l'interesse pubblico alla lotta al crimine, ha detto la Corte di Strasburgo, non può giustificare l'uso in sede processuale di prove ottenute all'esito di istigazioni compiute da agenti di polizia, poiché ciò esporrebbe l'imputato al rischio di una irreparabile lesione del diritto a un equo processo".
Professore ci può spiegare allora su che basi la Procura di Manhattan afferma la sua giurisdizione in questo caso?
"Guardi questa è una domanda da un milione di dollari! A ben vedere nessuno dei comportamenti che vengono contestati a Romagnoli e agli altri due rumeni sarebbero stati compiuti - sempre stando all'Indictment - sul territorio degli Usa. Gli Stati Uniti però come si sa, affermano la loro giurisdizione soltanto perché il reato sarebbe commesso in loro danno; e la giurisdizione è esercizio di sovranità".
Cosa rischierebbe Romagnoli se venisse estradato negli Stati Uniti?
"Negli Usa, per la partecipazione a questa pre-trattativa - perché niente di più sembra emergere dall'atto di accusa della Procura di Manhattan, ove fosse provata la sua consapevolezza di questo fantomatico collegamento con le Farc, Romagnoli rischierebbe l'ergastolo. Pre-trattativa, lo si ripete, che sembra essersi avviata su input di agenti provocatori. Fatto sta che le pene previste nella legislazione statunitense per i reati contestati al Romagnoli, in ogni caso andrebbero da un minimo di 17 anni sino all'ergastolo".
Ci sono differenze rilevanti tra il trattamento previsto dalla legislazione statunitense e quello previsto in Italia? E con quali conseguenze?
"Differenze rilevantissime direi. Nel nostro ordinamento, ad esempio, esiste una fattispecie criminosa punita con la pena fino a quattro anni di reclusione (quindi da quindici giorni a quattro anni), per il sol fatto di prendere parte a trattative commerciali che hanno ad oggetto la vendita di armi, senza aver preventivamente comunicato al ministero degli Affari esteri e al ministero della Difesa l'inizio delle trattative contrattuali. Insomma se fosse giudicato secondo la legislazione statunitense, il Romagnoli sarebbe trattato in modo gravemente discriminatorio rispetto a qualunque altro cittadino italiano giudicato in Italia, e direi anche in Europa, per fatti analoghi".
Lei ritiene che ci siano i presupposti per affermare la giurisdizione italiana e per far sì che il Romagnoli venga estradato e processato secondo la legislazione nazionale?
"Ne sono convinto e sto facendo di tutto perché ciò avvenga. Dall'atto di accusa emesso dalla procura di Manhattan emergono elementi chiarissimi per affermare la giurisdizione italiana in base alla Convenzione di Palermo e alla disciplina del cosiddetto 'crimine transnazionalè. Per parte mia sono convinto che se fosse processato secondo le nostre leggi, Romagnoli sarebbe certamente giudicato innocente, perché, come ho detto prima, manca del tutto la materialità dei comportamenti".
Quali sono le iniziative intraprese dalle istituzioni nazionali e, in particolare, dalla magistratura italiana nei confronti del Romagnoli?
"Preferirei mantenere il riserbo sulla situazione processuale in Italia. Posso solo dire che allo stato non ci risulta che la procura della Repubblica di Roma abbia iscritto un procedimento penale in senso stretto nei confronti di Romagnoli per un reato giudicabile secondo la nostra legislazione".
Quale pensa che sarà l'esito della richiesta di estradizione dal Montenegro agli Usa?
"La risposta deve essere articolata. Bisogna considerare che la decisione finale sull'estradizione spetta al ministro della Giustizia in Montenegro: è quindi inevitabile che la questione si sposti sul terreno politico, dei rapporti tra Stati. Da avvocato dico solo che mi sentirei molto più tranquillo a difendere un cittadino americano davanti a una richiesta di estradizione avanzata dal Montenegro! Ma sono anche convinto che esistono molte buone ragioni per i Giudici del Montenegro per negare l'estradizione richiesta dagli Usa. Anzitutto perché, nella peggiore delle ipotesi, questo fantomatico reato si sarebbe consumato in parte anche sul territorio del Montenegro e quindi andrebbe giudicato in quello Stato. Inoltre, la concessione dell'estradizione del Romagnoli verso gli Usa, per reati che secondo la legislazione statunitense sarebbero puniti con una pena assolutamente sproporzionata alla gravità del fatto (da 17 anni all'ergastolo) violerebbe l'art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, come di recente affermato nel caso Trabelsi c. Belgio dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Lo stesso discorso vale in relazione alla potenziale violazione dell'art. 6 della Convenzione europea e al principio del giusto processo. A questo punto resta solo da chiedersi se, come spero, la Corte di Podgorica sia realmente intenzionata ad applicare la Convenzione europea dei diritti dell'uomo alla quale il Montenegro, almeno sulla carta, ha aderito. Sarebbe un bel visto d'ingresso nell'Unione europea".
Adnkronos, 12 gennaio 2015
La Corte Suprema dell'India oggi non si è pronunciata sulla richiesta di estensione del soggiorno in Italia per Massimiliano Latorre, sottoposto il 5 gennaio scorso ad un intervento al cuore. La Corte ha infatti trasferito ad altri giudici la decisione che dovrebbe essere presa mercoledì prossimo. All'indomani della storica manifestazione contro il terrorismo di Parigi, il governo francese oggi inizia a varare una serie di misure coordinate con una nuova riunione convocata da Francois Hollande questa mattina all'Eliseo. Tra le misure che saranno adottate, la mobilitazione di 5mila agenti per la protezione delle scuole ebraiche e l'isolamento per i detenuti estremisti islamici.
Adnkronos, 12 gennaio 2015
Il primo ministro, Hayat Boumeddiene probabilmente in Turchia o in Siria Parigi, 12 gen. () - Isolamento per i detenuti estremisti islamici nelle carceri francesi. È quanto ha annunciato il primo ministro Manuel Valls, secondo Le Figaro. "Separeremo questi detenuti dagli altri" nelle prigioni, "bisogna rendere generale" questa misura ma, ha affermato Valls, "bisogna farlo con "giudizio e intelligenza". Il primo ministro francese ha poi precisato che "il lavoro della giustizia" prosegue: "Stiamo considerando come effettivamente probabile l'esistenza di altri eventuali complici" dei fratelli Kouachi e di Amedy Coulibaly. Valls ha anche confermato che Hayat Boumeddiene, compagnia di Coulibaly, si trova probabilmente "in Turchia o in Siria".
Ansa, 12 gennaio 2015
Secondo il presidente della Associazione dei giornalisti turchi Tgc Nami Bilgin la situazione della libertà di stampa in Turchia è la peggiore degli ultimi 60 anni. In dichiarazioni riferite da Zaman online, Bilgin ha denunciato in particolare gli arresti e i licenziamenti di giornalisti e il rifiuto di accreditare media di opposizione da parte delle autorità governative. Secondo le organizzazioni internazionali della stampa, la Turchia è il paese del mondo con il maggior numero di giornalisti in carcere. Diversi cronisti e i direttori di due importanti testate di opposizione - il quotidiano Zaman e una rete televisiva - vicine al movimento Hizmet dell'imam Fetullah Gulen, ex-alleato ed ora arci-nemico del presidente islamico Recep Tayyip Erdogan sono stati arrestati ancora in dicembre. Diverse organizzazioni fra cui Reporter Senza Frontiere hanno contestato la presenza ieri alla grande manifestazione di Parigi contro la strage di Charlie Hebdo e per la libertà di espressione del premier di Ankara Ahmet Dautoglu, denunciando la situazione della stampa in Turchia.
di Giusy Regina
www.arabpress.eu, 12 gennaio 2015
Dopo l'attentato suicida del 10 gennaio scorso avvenuto in un bar a Tripoli, le forze di sicurezza libanesi hanno fatto irruzione in una delle più grandi prigioni del Paese, quella di Roumieh, in cui sono detenuti molti militanti islamisti. Pare che la polizia stesse cercando oggetti vietati che collegassero gli islamisti detenuti ai due attacchi suicidi. I detenuti dal canto loro, hanno bruciato materassi per protesta, senza causare fortunatamente feriti. Roumieh è stato originariamente costruito per contenere circa 1.500 detenuti, anche se ora ne contiene circa 3.700.
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