di Donatella Stasio
Il Sole 24 Ore, 2 gennaio 2015
Il rapporto dell'Europa e le "specifiche raccomandazioni" all'Italia. Il semestre europeo di presidenza italiana doveva essere decisivo per "rafforzare il quadro giuridico di contrasto alla corruzione", almeno secondo l'Ue, che nel Rapporto sull'Italia del 3 febbraio 2013 ci aveva richiamato all'attuazione di "specifiche raccomandazioni" (in primis sulla prescrizione), dopo un'analisi sul "dilagare della corruzione" e sui rapporti tra questa e criminalità mafiosa.
di Piero Sansonetti
Il Garantista, 2 gennaio 2015
Se davvero c'è un magistrato che ha deciso di incriminare per mafia una bambina di 14 anni, è chiaro che quel magistrato sta male. Bisogna aiutarlo. Lo dico davvero, senza ironia. Una persona che pensa sia una cosa giusta accusare di mafia una bambina, sicuramente non è un malfattore, indiscutibilmente è in buona fede: è solo travolto da una passione fanatica, dovuta a tante cose, che lo spinge a credere che il suo dovere sia quello, essere inflessibile, punire, reprimere, scovare criminali ovunque, e pensa che questa sua inflessibilità sia la sostanza dell'eticità della sua professione e il bastione intorno al quale radunare un esercito in grado poi di affrontare il male, e la mafia, e di sgominarli.
di Mario Di Vito (conduttore di Radio Città Aperta)
Il Garantista, 2 gennaio 2015
I poliziotti lo ammanettarono, usarono filo di ferro per le caviglie e un bavaglio: dopo le botte i suoi polmoni si fermarono. Per la Cassazione si è trattato di un omicidio "pacificamente evitabile".
www.radicali.it, 2 gennaio 2015
Nell'ambito del "Satyagraha di Natale con Marco Pannella", che prevede numerose visite negli istituti penitenziari italiani, i militanti radicali veneti aderenti alle associazioni Nessuno tocchi Caino, Luca Coscioni e Veneto Radicale visitano tre carceri del Veneto: il Due Palazzi di Padova venerdì 2 gennaio h. 10,30; il San Pio X di Vicenza sabato 3 gennaio h. 9,30; il carcere di Montorio di Verona lunedì 5 gennaio h. 9,30.
Tra gli obiettivi dell'iniziativa, l'affermazione della legalità nell'amministrazione della giustizia (da anni straziata insieme alla vita di milioni di persone a causa dell'irragionevole durata dei processi penali e civili) e la rimozione delle cause strutturali che fanno delle nostre carceri luoghi di trattamenti inumani e degradanti.
Amnistia e l'indulto sono gli unici provvedimenti strutturalmente in grado, da subito, di riportare nella legalità costituzionale e sovranazionale il nostro Paese. In particolare, il digiuno nonviolento, al quale hanno aderito oltre 600 persone, riguarda la garanzia delle cure in carcere, l'abolizione dell'ergastolo, il regime del 41bis, la nomina del garante nazionale dei detenuti e l'introduzione del reato di tortura.
Il Fatto Quotidiano, 2 gennaio 2015
Il Pontefice è tornato sui fatti di Mafia Capitale durante l'ultima omelia del 2014, invitando i protagonisti della vicenda a convertirsi. Poi ha citato Benigni: "Non abbiate paura di essere liberi".
di Angelo Amante
Giornale di Sicilia, 2 gennaio 2015
Nella struttura vivono 361 detenuti: 342 uomini e 19 donne. La capienza massima è di 239 unità. In 241 attendono il processo; 74 sono appellanti, 11 i ricorrenti in Cassazione e 35 condannati definitivi. Il 2014 catanese, segnato dall'emergenza umanitaria legata alla politica dell'immigrazione, si conclude con una giornata dedicata ad un'altra questione di attualità e scottante rilievo sociale: quella delle carceri, con in prima linea i Radicali di Marco Pannella.
Per San Silvestro, una delegazione del gruppo territoriale del partito si è recata in visita alla Casa circondariale di "Catania Piazza Lanza", nell'ambito dell'iniziativa: Satyagraha di Natale con Marco Pannella, che prende il nome dal movimento di resistenza non violenta lanciato da Gandhi in India allo scopo di conquistare l'indipendenza dalla Gran Bretagna.
Quella intrapresa dai Radicali e dal loro storico leader è una forma di lotta altrettanto pacifica che ha come obiettivo quello di migliorare le condizioni di vita nelle carceri italiane. Tra gli obiettivi della campagna figurano l'abolizione dell'ergastolo, una maggiore trasparenza nella gestione dei luoghi di detenzione, l'introduzione del reato di tortura nell'ordinamento giuridico italiano e l'ottenimento della nomina di un garante nazionale e di un garante regionale dei detenuti.
"È innegabile - dice il segretario catanese del movimento, Luigi Recupero, subito dopo la visita al carcere etneo - che vi siano stati dei miglioramenti rispetto alla situazione riscontrata un anno fa in occasione della nostra ultima visita. Diversi locali sono stati sistemati e c'è un senso di minore affollamento negli ambienti interni, nonostante da ferragosto ad oggi il numero dei detenuti sia aumentato da 340 a 361 (di cui 342 uomini e 19 donne; 341 come risulta dal sito del ministero della Giustizia al 31 luglio 2014), in un carcere che allo stato attuale potrebbe accoglierne un massimo di 239. Di questi 241 in attesa di giudizio; 74 appellanti, 11 ricorrenti in Cassazione e 35 condannati in via definitiva".
Giornale dell'Umbria, 2 gennaio 2015
Il personale del reparto di Polizia penitenziaria della Casa circondariale di Terni, diretto dal Commissario Fabio Gallo, ha rivenuto, in un pacco postale proveniente dall'esterno il cui destinatario era un detenuto ternano, due panetti di sostanza stupefacente del tipo "hashish" del peso complessivo di 63,38 grammi. La sostanza era abilmente occultata all'interno di due confezioni di formaggio a pasta molle, confezionate sottovuoto.
Grazie all'intuito degli operatori di polizia penitenziaria addetti al controllo dei pacchi in arrivo, si è potuto rinvenire tale sostanza ben celata all'interno di generi vittuari. Tali attività di controllo sono state ulteriormente intensificate in questo periodo, in occasione delle Festività Natalizie, proprio al fine di prevenire l'introduzione di oggetti e/o sostanze non consentite all'interno dell'istituto penitenziario ternano
Il personale del reparto di Polizia penitenziaria della Casa Circondariale di Terni, diretto dal Commissario Fabio Gallo, ha rivenuto, in un pacco postale proveniente dall'esterno il cui destinatario era un detenuto ternano (L.J.), due panetti di sostanza stupefacente del tipo "hashish" del peso complessivo di 63,38. La sostanza era abilmente occultata all'interno di due confezioni di formaggio a pasta molle, confezionate sottovuoto. Grazie all'intuito degli operatori di polizia penitenziaria addetti al controllo dei pacchi in arrivo, si è potuto rinvenire tale sostanza ben celata all'interno di generi vittuari. Tali attività di controllo sono state ulteriormente intensificate nel periodo delle festività natalizie.
www.tusciaweb.eu, 2 gennaio 2015
Mammagialla carcere inumano? Decisamente no. Il tribunale di sorveglianza di Viterbo lo spiega a chiare lettere: parlare di sovraffollamento nel penitenziario viterbese, in base alla metratura delle celle, è fuori luogo. La fotografia di Mammagialla è nelle ordinanze del giudice di sorveglianza, in risposta ai reclami dei detenuti che si lamentano di tutto: dalla mancanza di acqua calda agli spazi troppo angusti da dividere con i compagni di cella.
È il decreto carceri (dl 92/2014), diventato legge ad agosto (legge 11 agosto 2014, numero 117). Una conseguenza diretta della sentenza Torreggiani della Corte europea dei diritti umani, che sanzionava l'Italia per i detenuti stipati in una cella tripla da meno di quattro metri quadrati. Risultato? Risarcimento per danni morali da 100mila euro a detenuto e una legge che dà la possibilità di presentare il conto per trattamenti inumani o degradanti.
Una valanga di reclami arriva ogni giorno sulla scrivania del giudice di sorveglianza. La buona notizia è che, per Mammagialla, tantissimi sono quelli respinti. Le pronunce del tribunale tracciano un quadro rassicurante, di un penitenziario a prova di Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che all'articolo 3 recita: "Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti".
"La direzione della casa circondariale di Viterbo ha comunicato che tutte le camere detentive dell'istituto hanno una superficie complessiva di 9,27 metri quadrati escluso il bagno", si legge su una delle tante pronunce del tribunale di sorveglianza che bocciano i ricorsi dei detenuti. In questo caso è un 29enne rinchiuso a Mammagialla dal 2012 a protestare per lo scarso spazio vitale della cella.
La sentenza Torreggiani, scrive il giudice di sorveglianza Albertina Carpitella, "ha indicato in 3 metri quadrati pro capite la soglia minima al di sotto della quale vi è sicuro pregiudizio". Per pregiudizio si intende la detenzione in condizioni disumane.
Ma "a Viterbo ogni detenuto ha a disposizione oltre 4 metri di spazio personale": dunque, il problema sovraffollamento delle celle, a Mammagialla, non si pone. Anche grazie all'organizzazione interna del carcere: "In alcuni reparti è in atto un regime a cosiddette celle aperte, che prevede la permanenza fuori della camera per circa otto ore al giorno, oltre al tempo impiegato per partecipare alle varie iniziative".
Certo. Mammagialla non è mai stato un grand hotel. Né è opportuno che lo sia. Ma, per la dottoressa Carpitella, "non può sostenersi che la detenzione in tale istituto sottoponga i detenuti a una prova di intensità superiore all'inevitabile livello di sofferenza inerente alla detenzione e che essi siano sottoposti a una detenzione inumana e degradante". Ricorso inammissibile, quindi. Non solo per la metratura (idonea) delle celle, ma anche per l'acqua calda, a disposizione dei detenuti sei giorni su sette, anche se non nel bagno privato.
di Silvia Bia
Il Fatto Quotidiano, 2 gennaio 2015
Ad ascoltare l'avvocatessa di Urbino sfigurata con l'acido dal suo ex fidanzato, una trentina di detenuti che tra qualche anno, dopo aver scontato la loro pena, potranno tornare a inserirsi nella società. "Un'esperienza interessante anche da un punto di vista personale".
Lucia Annibali per la prima volta racconta la sua esperienza di donna vittima di violenza all'interno di un carcere. L'avvocatessa di Urbino che nel 2013 è stata sfigurata dall'acido su mandato dell'ex fidanzato che non voleva accettare la fine della loro storia, ha portato all'interno delle mura dell'istituto di massima sicurezza di Parma il suo vissuto dopo il tragico episodio che ha cambiato la sua vita.
"Ho accettato l'invito perché ho ricevuto molta solidarietà da parte dei detenuti in questi mesi - ha raccontato la Annibali. Mi hanno scritto in tanti per esprimermi vicinanza ed il loro sdegno per quanto mi è stato fatto. Inoltre ho pensato da subito che potesse essere un'esperienza interessante anche da un punto di vista personale, una forma di apertura da parte mia verso una realtà in parte distante da me ed un modo per avere una prospettiva d'insieme e nuovi spunti di riflessione".
Dopo oltre un anno di lotta, oggi Lucia si è rialzata ed è una donna nuova. Il carcere è un luogo dove anche i suoi aggressori e soprattutto il mandante, l'ex fidanzato Luca Varani, stanno scontando le pene per quanto le hanno fatto. Ma questo non la blocca, anzi. "Il fatto che i miei aggressori siano in carcere sicuramente mi infonde sicurezza per la mia incolumità e mi permette di vivere ogni giorno con maggiore serenità" spiega, ammettendo però che non per tutti esiste un percorso di rieducazione dai reati commessi.
"Non so se per il mio aggressore sia possibile una rieducazione; fino ad ora non ha mostrato pentimento per quello che ha fatto, non ha mai assunto le sue responsabilità e continua a pensare che la sua attuale condizione sia un'ingiustizia che lui ha subito. In generale penso che una possibilità di rieducazione ci sia, per chi la desidera e la ricerca. Bisogna certo partire dalla consapevolezza di quello che si è fatto, decidere di mettersi in discussione ed imparare l'empatia".
Ad ascoltare la donna nel carcere di Parma, una trentina di detenuti che tra qualche anno, dopo aver scontato la loro pena, potranno tornare a inserirsi nella società, in un percorso non facile di ritorno alla normalità e al mondo fatto anche di affetti lasciato fuori dalla cella. L'obiettivo dell'incontro, organizzato dalla cooperativa sociale Sirio, con un'esperienza di 30 anni nella rieducazione dei detenuti, insieme al Centro Antiviolenza e all'associazione ConVertere Aps, era proprio quello di far riflettere sul tema della violenza delle donne visto dagli occhi di chi la subisce.
E l'esempio di Lucia, che nel giorno contro la violenza alle donne è stata nominata cavaliere della Repubblica da Giorgio Napolitano per il suo coraggio e la sua dignità, è ancora più importante, perché è quello di una vittima che non si è mai rassegnata a essere tale, così come ha cercato di esprimere con la sua testimonianza.
"Posso provare a comunicare il dolore che prova chi subisce un atto così violento, quali sono le ripercussioni sulla sua vita, sulla sua famiglia, quali i segni che si porterà dentro per sempre, quanta fatica richieda risollevarsi da una violenza così profonda. Posso cercare di far mettere l'autore della violenza, per un momento, nei panni della vittima".
Le cure al Centro grandi ustionati di Parma, il processo che ha visto la condanna a vent'anni per l'ex fidanzato e l'accettazione di un volto cambiato per sempre sono solo alcuni passi del calvario affrontato dalla Annibali per ritornare alla sua vita.
"Ho raccontato prima di tutto la mia storia, cercando di spiegare l'origine dell'aggressione che ho subito, le sue conseguenze sul mio fisico e sulla vita mia e di tutte le persone che mi vogliono bene - ha continuato. Ho raccontato del mio lungo e doloroso percorso di guarigione ma anche delle risorse che ho trovato dentro di me, che mi hanno permesso di reagire, di sopportare e di guardare avanti, nonostante tutto".
Gli spunti di riflessione e confronto durante l'incontro non sono mancati, non solo per l'avvocatessa di Urbino. Anche i detenuti e agenti della polizia penitenziaria hanno ascoltato con grande interesse la storia della donna, che non ha mai smesso di lottare e ha affrontato con forza esemplare le difficoltà, confrontandosi con lei ed esprimendole vicinanza.
"Mi hanno colpito la loro vicinanza e la loro solidarietà - conclude - Mi hanno ringraziato per l'incontro e per avere condiviso la mia esperienza con loro; alcuni hanno raccontato qualcosa di sé, altri sono riusciti a fare delle battute scherzose per sdrammatizzare un po'. Penso che sia stata una bella esperienza per entrambe le parti; sicuramente per me è stato un incontro intenso che spero di poter ripetere".
di Viviana De Vita
Il Mattino, 2 gennaio 2015
Un regalo di Capodanno speciale per un detenuto di Fuorni: un telefonino, munito di carica batterie, lasciato nel bagno adiacente la sala colloqui del penitenziario cittadino. A rinvenirlo sono stati gli agenti della polizia penitenziaria del carcere cittadino, insospettiti dall'anomalo atteggiamento di alcuni visitatori. L'episodio, sul quale sta ora indagando la Procura, si è verificato nel giorno di San Silvestro quando il personale preposto ai controlli, già in sottorganico a causa degli atavici problemi, è ridotto per via delle festività.
Una circostanza che, con tutta probabilità, sperava di sfruttare qualche detenuto che ha così pensato di incaricare i propri familiari della speciale consegna. A denunciare l'episodio è il segretario provinciale della Uil penitenziaria Lorenzo Longobardi che evidenzia "gli enormi sforzi del personale che, nonostante le gravi carenze di organico, riesce comunque a mantenere i normali livelli di sicurezza".
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