www.divisionecalcioa5.it, 26 novembre 2014
E nella Casa Circondariale di Lanciano venne il giorno del derby. Per il campionato di Serie D della Delegazione Territoriale di Vasto, detenuti e agenti di Polizia Penitenziaria si sono trovati di fronte in un campo di calcio a 5.
Ha vinto la Libertas Stanazzo, squadra composta dai detenuti e che quest'anno sta partecipando a un campionato federale nell'ambito del progetto "Mettiamoci in gioco" di Lnd-Cr Abruzzo, Divisione Calcio a cinque e Ministero della Giustizia. Sconfitte le Fiamme Azzurre Lanciano, squadra invece formata interamente da guardie carcerarie.
La Libertas è andata in vantaggio con Cristiano al 14', con una palla rubata in fase difensiva e appoggiata facilmente in porta. Di Fiorillo il raddoppio della squadra di Paolucci. Nel secondo tempo, il gol del 2-1 di Scopece, seguito però dalle reti di Fiorillo e Russo, che hanno portato il risultato sul 4-1. Inutile la doppietta per le Fiamme Azzurre di Di Rocco, perché ancora Fiorillo ha fissato il punteggio sul 5-3. Ma al di là del risultato del campo, a vincere è stato lo sport che si è ancora una volta dimostrato strumento di integrazione, all'insegna dei valori della correttezza e del fair play.
Il Centro, 17 novembre 2014
Le mie prime sensazioni positive sono legate alle persone che abbiamo incontrato durante il lavoro e che erano molto compiaciute di vederci, ci chiedevano informazioni e noi ben volentieri ci fermavamo a parlare con loro di noi. All'inizio non è stato semplice, io dicevo solo il mio nome e non dicevo di essere un detenuto di Castrogno, ma poi l'imbarazzo se n'è andato e ho parlato sinceramente di me.
Nonostante il nostro stato gli abitanti del posto ci facevano tanti complimenti per il lavoro che svolgevamo e ciò che mi ha più colpito è che ci portavano panini e bevande per dissetarci, ci chiedevano per quanto tempo saremmo rimasti a lavorare, dimostrandoci che avrebbero voluto vederci lì per tanto tempo, pur essendo dei detenuti.
L'atteggiamento positivo della popolazione è stata una sensazione bellissima, che raramente ho provato in questi anni. Posso dire che se ne avessi la possibilità ripeterei l'esperienza, perché rendere un servizio in maniera volontaria ti gratifica e ti dà soddisfazione.
Lavoravamo tante ore al giorno, pulivamo l'area da immondizia di ogni genere, maleodorante, anche pericolosa, ma alla fine, vedere tutta la zona pulita e rinata, poter dire "questo l'ho fatto io con i miei compagni" è stato un motivo di orgoglio.
A questo progetto ha collaborato il pastore della Onlus Angelo Bleve, che ci ha accompagnato. Vorrei ringraziarlo perché ci ha trattato da liberi, persone normali. Ringrazio tutti coloro che hanno voluto darci la possibilità di far conoscere il carcere, di far capire che anche da detenuti si può contribuire in maniera positiva alla società, dandoci la possibilità di un riscatto verso gli errori commessi.
Francesco
Io con altri tre compagni di "sventura", siamo stati scelti dalle istituzioni per prendere parte al progetto di reinserimento sociale "Ricominciamo dal verde". È stata un'esperienza stupenda, sotto tutti i punti di vista, sia sociale che personale. Il nostro lavoro consisteva nella pulizia di alcune pinete nel Comune di Martinsicuro-Villa Rosa.
Il lavoro si è svolto in otto uscite, dalle 7,30 alle 16,30, coadiuvato dalla onlus "Il Germoglio", e siamo stati accompagnati dal pastore Bleve, garante dell'iniziativa. Abbiamo svolto un buon lavoro, a detta di tutti e delle istituzioni, ma la gratificazione più significativa ci è stata data dai cittadini che ci hanno ringraziati, dimostrando il loro apprezzamento per il nostro operato.
A mio giudizio queste iniziative sono un viatico importante per il reinserimento nella società; infatti il fattore fondamentale emerso in questi giorni è stata la concreta percezione di "libertà" nell'essere utile. Noi siamo rinchiusi in un carcere e viviamo una vita inutile, priva di ogni prospettiva futura, viviamo aspettando e sperando che il domani, inteso giorno dopo giorno, arrivi al più presto. Ora potete ben capire il nostro stato d'animo nel poter partecipare ad una iniziativa del genere.
A noi si sono aperte le porte del paradiso, noi siamo stati i fortunati che hanno potuto toccare con mano la libertà. Chiudo questo mio pensiero dicendo che anche se nella nostra vita abbiamo sbagliato non è detto che non possiamo tornare sulla retta via.
Io personalmente posso dire con certezza che sono una persona diversa, sicuramente migliore di come ero quando sono entrato in carcere. Spero che questa esperienza non rimanga unica, ma possa essere seguita da altre, in modo da rinforzare la consapevolezza che gente come noi può essere ancora utile alla società e può avere una possibilità di riscatto.
Augusto
Ho 32 anni, sono detenuto da ormai 9 anni ed ho un fine pena ancora abbastanza lontano. Sono uno dei detenuti impegnati nel progetto "Ricominciamo dal verde", un'attività di volontariato al comune di Martinsicuro, che ci ha visti impegnati nella pulizia e nella manutenzione delle aree verdi. Magari ci fossero più progetti e iniziative di questo genere.
Per me è stata un'esperienza che darà suoi frutti, sono stati momenti di vita che mi hanno fatto capire che la vita continua e che gli errori che mi hanno portato in carcere devono essere la base per una riflessione che mi faccia ritrovare la strada quando il conto con la giustizia sarà saldato. Tutti nella vita possiamo sbagliare ma noi reclusi abbiamo il diritto ad un'altra possibilità, di rimediare agli errori commessi.
Questo progetto non è stato una goccia nel mare, ma un inizio verso un futuro migliore. Mi sento fortunato, e per questo vorrei ringraziare tutti coloro che mi hanno dato la possibilità di assaporare l'ambiente esterno e di sentirmi utile. La vicinanza dei residenti e dei turisti è stata così calorosa che mi hanno fatto tornare la voglia e la gioia di vivere. Ci hanno supportato con la loro presenza, le loro chiacchierate, cibo e bevande. Mi sono reso conto che esiste gente buona, capace di andare incontro anche a chi ha sbagliato e questo mi dà una consapevolezza nuova rispetto alla vita. Tornare a vivere prima mi sembrava difficile, ora mi sembra non solo possibile ma sono sicuro che accadrà, perché ho capito che niente muore finché non è sepolto.
Catello
di Francesca de Carolis e Nadia Bizzotto
Ristretti Orizzonti, 11 novembre 2014
Caro Papa Francesco, quelle che seguono sono le domande che tredici ergastolani hanno pensato di rivolgerle. Ergastolani "speciali", ostativi, che in seguito a un meccanismo di leggi nate con "l'emergenza mafia" degli anni 90, vengono esclusi dall'applicazione dei benefici di legge perché non collaboratori di giustizia.
www.giustizia.it, 7 ottobre 2014
VII Conferenza degli Stati parte della Convenzione delle Nazioni Unite sul crimine organizzato transnazionale. Vienna - 6-10 ottobre 2014. Intervento del Ministro della Giustizia, On. Andrea Orlando.
www.fanpage.it, 27 agosto 2014
Da venerdì mattina Rosa Della Corte non fa ritorno nel carcere di Lecce, dove era detenuta per aver ucciso il fidanzato nel 2003. Scomparso anche l'attuale compagno. Si ipotizza che la donna potesse aver pianificato la fuga da tempo. L'avvocato: "Preoccupato per le sue condizioni, era depressa".
Manca dal carcere da venerdì scorso Rosa della Corte, detenuta nel penitenziario di Lecce per l'omicidio del suo fidanzato, avvenuto a Casandrino (Napoli) nell'aprile 2003. La donna, che sconta una condanna a diciotto anni per omicidio, aveva lasciato il carcere per una licenza premio, ma dopo essersi allontanata, non ha più fatto ritorno nell'istituto penitenziario.
Risulta scomparso anche l'attuale fidanzato della giovane, conosciuto a Lecce nel corso dei permessi per buona condotta. A dare la notizia agli organi di stampa è stato il legale della donna, Carmine Gervasi, che si è detto preoccupato per la sua condizione di salute: negli ultimi mesi la ragazza appariva depressa e aveva perso circa 25 chili.
Rosa Della Corte era stata condannata per aver ucciso nel 2003 Salvatore Pollasto, all'epoca suo fidanzato. Il corpo del ragazzo ventenne era stato trovato a Casandrino, nel napoletano, in una Lancia Y10 parcheggiata in una zona isolata del comune della provincia napoletana e frequentata da prostitute e rapinatori. Il cadavere del ragazzo si trovava su uno dei sedili dell'auto, semisvestito. Si ritiene che l'accoltellamento fosse avvenuto dopo o durante un rapporto sessuale. Sebbene non fosse chiaro se si trattasse di un gioco erotico degenerato o di un delitto di gelosia, fu accertata la responsabilità della De Corte, che venne condannata a 25 anni. Nel corso dei successivi processi la pena fu poi mitigata a 18 anni.
Le ricerche della donna, che risulta evasa dall'istituto, sono state estese su tutto il territorio pugliese e in particolare e anche alle zone di origine della detenuta. Sembra plausibile l'ipotesi che la detenuta abbia pianificato di evadere d'accordo con il suo attuale compagno, probabilmente nel corso delle ultime licenze premio concessele dal tribunale per buona condotta.
Il Giorno, 24 luglio 2014
San Rocco al Porto, muore operaio in un'officina: l'uomo era detenuto nel carcere di Bollate, ma in questi mesi aveva ottenuto l'opportunità di tornare a lavorare. Oggi dopo le 13 è morto un uomo di 68 anni all'interno di un'officina a San Rocco al Porto, in località Campagna. L'uomo era detenuto dal 2000 nel carcere milanese di Bollate, ma solo in questi ultimi mesi aveva ottenuto il regime di semilibertà e l'opportunità di tornare a lavorare.
L'incidente è avvenuto nella carrozzeria per la quale lavorava, dove il detenuto è rimasto schiacciato da un muletto. A tradirlo una manovra errata mentre stava sollevando un peso. Ora la salma è stata portata all'istituto di medicina legale di Pavia a disposizione della procura lodigiana.
www.informatore.it, 19 luglio 2014
Questa mattina il corpo senza vita di Johnny Bianchi, 26 anni, il nomade residente a Gambolò che lo scorso 16 aprile aveva sparato a Driss Sabiri, 30 anni, marocchino, uccidendolo, è stato trovato morto nella sua cella del carcere di Pavia. Il giovane si è impiccato.
Era stato arrestato alla fine di aprile insieme al fratello con l'accusa di omicidio volontario.
I due fratelli sinti erano stati arrestati qualche ora dopo il fatto dai carabinieri del capitano Papaleo. Avevano raccontato che quello con Sabiri avrebbe dovuto essere solo un chiarimento per una questione di infedeltà.
Ma nella concitazione di quei minuti Johnny Bianchi aveva imbracciato un fucile da caccia calibro 10 e aveva fatto fuoco perché aveva sostenuto, il rivale era armato. Ma di quella presunta arma non era stata trovata traccia.
Il giovane si era subito auto-accusato dell'omicidio, scagionando in fratello Mike, 30 anni la cui fidanzata avrebbe dovuto contrarre un matrimonio fasullo con la vittima per fargli ottenere la cittadinanza italiana. Tra i due però le cose si sarebbero spinte oltre e sarebbe nata una relazione. Proprio quella su cui Mike e Johnny Bianchi avevano preteso chiarezza convocando il marocchino per un chiarimento.
www.24emilia.com, 9 luglio 2014
Dai 590 reclusi del dicembre 2013 ai 430 attuali: anche il carcere di Modena ha risentito positivamente delle misure anti sovraffollamento adottate dal Parlamento e dal governo nei mesi scorsi. L'introduzione della "liberazione anticipata speciale", la ridefinizione delle misure alternative alla detenzione e la recente sentenza della Consulta che ha dichiarato incostituzionale la legge Fini-Giovanardi hanno consentito alla casa circondariale di offrire condizioni di vita dignitose all'interno delle sue mura.
Le misure anti-sovraffollamento erano state assunte dopo che la Corte europea dei diritti umani aveva sanzionato l'Italia per il trattamento inumano e degradante dei suoi detenuti causato dalla eccessiva sovrappopolazione carceraria. Ora a Modena la situazione è molto diversa, come ha potuto verificare una delegazione di parlamentari modenesi del Partito democratico in visita alla struttura. Insieme alla responsabile regionale giustizia del Pd Giovanna Zanolini, hanno visitato il carcere i parlamentari modenesi Manuela Ghizzoni, Maria Cecilia Guerra e Stefano Vaccari, il senatore bolognese, componente della Commissione Giustizia, Sergio Lo Giudice, il sindaco di Castelfranco Emilia Stefano Reggianini e l'assessore modenese alle politiche sociali Giuliana Urbelli.
"La messa a regime del nuovo padiglione aperto nel febbraio 2013 ha consentito di separare i 121 ristretti in attesa di giudizio dai condannati in via definitiva - spiega l'avvocato Zanolini - Ad oggi nel padiglione ci sono addirittura posti vuoti rispetto alla capienza regolamentare, cosa che per un carcere italiano costituisce una vera rarità".
La sezione speciale dei sex offender (che raccoglie anche detenuti provenienti da altre parti della regione) ospita ben 100 detenuti sottoposti a percorsi trattamentali speciali e anche, come ha illustrate la direttrice Rosa Alba Casella, a sperimentazioni di integrazione con gi altri ristretti. II 60% degli ospiti è composto da extracomunitari, il 30% da tossicodipendenti. La sezione femminile ospita 27 detenute.
"La nota dolente - hanno sottolineato i parlamentari Pd - riguarda i trattamenti di recupero e in particolare il tema del lavoro. All'interno della struttura sono disponibili solo 80 posti di lavoro (cucina, pulizia, piccole riparazioni) che, grazie alle turnazioni, coinvolgono un centinaio di detenuti. I corsi di formazione professionale organizzati finora dalla Provincia hanno avuti effetti positivi, ma anche una controindicazione: non prevedendo indennità oraria, hanno messo spesso i reclusi nella difficile scelta fra formarsi o riuscire a guadagnare quella poche centinaia di euro che in carcere sono utili magari anche solo per comprarsi le sigarette".
Purtroppo gli effetti della crisi economica (aggravati da terremoto e alluvioni) hanno fatto calare le offerte di lavoro provenienti dal territorio. "Auspichiamo che un meccanismo virtuoso - continuano i parlamentari Pd - potrà essere innescato dalle recenti misure di incentivi fiscali per le aziende che assumono detenuti approvate di recente dal Parlamento".
Permangono, poi, anche a Modena i mali storici che affliggono il sistema carcerario italiano, dalla carenza degli organici della polizia penitenziaria alla scarsità delle risorse per la manutenzione ordinaria. "Va sottolineato però il dato positivo - conclude l'avvocato Giovanna Zanolini - da considerarsi pur sempre temporaneo, di una disponibilità di metri quadri per detenuto che non ci costringe più a vergognarci, come in passato, di fronte all'Europa".
di Francesco Anfossi
Famiglia Cristiana, 8 maggio 2014
Non si può dire che il tema del sovraffollamento disumano delle carceri in Italia stia a cuore al Governo Renzi: alle primarie, del resto, il futuro premier aveva detto di essere contrario all'indulto o all'amnistia. Nonostante i due messaggi alle Camere di Napolitano, i numerosi appelli del Papa, la telefonata di Francesco a Pannella, che continua a digiunare per questa causa, Renzi insiste a non farne alcun cenno nelle numerose interviste (né a dire il vero i suoi intervistatori si sognano di fargli domande sull'argomento).
Ansa, 13 ottobre 2013
Una nigeriana detenuta dal 2009 nel carcere femminile genovese di Pontedecimo è in gravidanza da tre mesi. La notizia è rivelata dal Corriere Mercantile. La donna, che sta scontando una pena per reati legati al mondo della prostituzione è sposata, ma da quando è reclusa non ha mai goduto di permessi che le abbiano dato la possibilità o di uscire dal carcere o di avere incontri privati con il marito che ha sempre e solo incontrato nella sala colloqui del carcere sotto la sorveglianza degli agenti penitenziari.
Nei giorni scorsi la donna ha rifiutato l’incontro con il marito. La notizia choc ha fatto subito scattare una indagine. le attenzioni si concentrano sugli operatori che lavorano nelle celle o negli spazi di socializzazione e sugli agenti. L’indagine, qualora la gravidanza fosse da attribuire ad un agente, dovrà anche appurare se il rapporto sessuale sia stato consenziente o se la donna sia stata costretta per avere benefici all’interno dell’istituto.
La vicenda fa riemergere il caso dell’ex direttore del carcere di Pontedecimo, Giuseppe Comparone, condannato a 30 mesi per concussione e violenza sessuale per aver concesso benefici e permessi in cambio di favori sessuali a una detenuta marocchina, reato aggravato dall’abuso di autorità La nigeriana incinta sarebbe un teste che permise di incastrate l’ex dirigente dell’istituto.