Agenzia Fides, 14 aprile 2015
Quasi 200 bambini dell'età di 3 anni vivono con le rispettive madri detenute nei 31 istituti penitenziari del Perù. La nota, diffusa dall'Istituto Nazionale Penitenziario (Inpe) e pervenuta all'Agenzia Fides, assicura che i piccoli, maschi e femmine, vivono in un contesto di reclusione, anche se ben attrezzato perché possano crescere serenamente senza subire maltrattamenti o aggressioni. Le carceri con il maggior numero di bambini sono quelle femminili di Chorrillos (43) e Anexo de Chorrillos (17), entrambe a Lima; e nelle regioni di Arequipa (15), Ica (14), Ayacucho (13), Cuzco (11) e Puno (10).
Sempre secondo l'Inpe un gruppo di professionisti mantiene un dialogo costante con le mamme detenute e incinte, per dare loro orientamenti e indicazioni sull'importanza del legame madre-figlio. Molte di loro provengono da famiglie problematiche e ripetono quei modelli negativi subiti e vissuti nella loro infanzia. Negli istituti penitenziari sono a disposizione dei piccoli servizi sanitari e alimentari particolari. Anche rappresentanti di istituti religiosi e civili contribuiscono alla loro assistenza, mentre le autorità penitenziarie donano pannolini, giocattoli, vestiti e medicine.
di Andrea Indiano
Il Giornale, 14 aprile 2015
Un nuovo programma di recupero del governo americano insegna ai carcerati i lavori più tecnologici con il computer.
Il problema del sovraffollamento delle carceri e della recidività dei criminali è una questione molto grave in Italia come nel resto del mondo. Diversi programmi e progetti hanno provato a porre rimedio a questi casi, ma la soluzione sembra lontana. Dagli Stati Uniti arriva ora un nuovo modello di recupero dei detenuti che unisce le necessità del mondo del lavoro di oggi alla voglia di riscattarsi di chi è in carcere. Si chiama The Last Mile ed è già stato provato con successo nella prigione di San Quintino, vicino San Francisco in California. Proprio la vicinanza della città più tecnologica al mondo è stato lo spunto del fondatore Chris Redlitz.
In un periodo storico dove tutto sta diventando digitale, nel quale gli uomini più potenti sono i creatori di Facebook e Google e dove ogni cosa passa attraverso uno schermo del computer, è scontato che la richiesta di manodopera per questo settore lavorativo sia in costante crescita. Dimostrazione ne è proprio il picco economico di San Francisco e dintorni, dove la nella famosa Silicon Valley hanno sede le più grandi aziende del web. "Ero venuto una volta a parlare con i detenuti solo per curiosità - ha detto il fondatore di The Last Mile - ma da subito ho trovato un gruppo di persone pronte ad ascoltare e imparare come non avevo mai visto nelle scuole". Redlitz lavorava come investitore in varie aziende della Silicon Valley ed aveva già aiutato varie start up come Whis, Level Up e Bottlenose ad avere successo. "La richiesta di programmatori e sviluppatori è in aumento nella zona e per questo le aziende cercano sempre persone fidate e competenti cui affidare i lavori più semplici in questo settore, come l'inserimento dati e la creazioni di programmi di base in Javascript e Html". Questo genere di lavori è spesso evitato da parte dei neolaureati. Anche nel relativamente giovane mondo del lavoro digitale si sono già create classi sociali ben distinte fra i (presunti) inventori di app e start-up e coloro che fanno il "lavoro sporco" sulla tastiera.
Ma naturalmente anche in questo campo c'è bisogno di vera manodopera e personale dedito. The Last Mile ha trovato una risposta nelle carceri. "Spesso chi è in prigione da tempo non sa nemmeno cos'è internet o come accendere un computer. Però qui le persone hanno molto tempo a disposizione e soprattutto tanta voglia di imparare. In passato questo tipo di programmi insegnava mestieri come il falegname e altri impieghi di fatica, ma è palese che ora il mondo ha bisogno di altro".
Anche per questo, pur se avevano imparato un lavoro in carcere, molti ex detenuti tornavano a commettere reati, perché trovare un impiego era molto difficile. Problema che non si pone se diventano dei programmatori. E molti non si fermano neanche qui. Un ex detenuto di San Quintino che aveva partecipato alle lezioni di The Last Mile è stato assunto dal colosso digitale Rocket Space, mentre altri stanno già lavorando su idee per lanciare una propria start-up. In questo modo è una doppia vittoria: per i carcerati, che imparano un impiego utile e al passo coi tempi, e per le aziende, che trovano facilmente persone volenterose. Un'idea, quella di The Last Mile, che sarebbe da importare in Italia per facilitare la situazioni delle carceri e incrementare la crescita digitale, finora solo millantata, del paese.
Aki, 14 aprile 2015
È stata assolta la giornalista olandese Frederike Geerdink sotto processo in Turchia con l'accusa di propaganda del "terrorismo" per il presunto sostegno al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk). La Geerdink, come riporta l'agenzia di stampa Dpa, è stata assolta oggi da un tribunale di Diyarbakir, nella Turchia sudorientale, dove la scorsa settimana si era aperto il processo.
Su Twitter la giornalista freelance, esperta della questione curda, ha annunciato la sentenza con un tweet in inglese e turco. La Geerdink, che ha sempre respinto ogni accusa, rischia fino a cinque anni di carcere. La cronista lavora come corrispondente da Diyarbakir ed era finita nel mirino per aver condiviso su Facebook la bandiera del Pkk e informazioni sulle attività del gruppo.
Il Mattino di Padova, 13 aprile 2015
"Per il vostro bene vi chiedo di cambiare vita": è l'appello che Papa Francesco lancia, nella Bolla di indizione del Giubileo, agli uomini e alle donne che appartengono a un gruppo criminale, qualunque esso sia. "Ve lo chiedo nel nome del Figlio di Dio che, pur combattendo il peccato, non ha mai rifiutato nessun peccatore". Le parole del Papa ci ricordano che non ci sono persone condannate a essere "cattive per sempre".
Ristretti Orizzonti, 13 aprile 2015
Ad Annamaria Alborghetti, della Camera Penale di Padova, abbiamo chiesto che cosa può fare una persona detenuta per tutelare i suoi diritti, in una situazione come quella di Padova, dove la chiusura delle sezioni di Alta Sicurezza sta provocando disagi, sofferenza, anche disperazione.
di Ilvo Diamanti
La Repubblica, 13 aprile 2015
Il Presidente Mattarella dopo il massacro avvenuto al palazzo di Giustizia, a Milano, ha lanciato un messaggio esplicito. Contro la campagna di discredito che, da tempo, investe i magistrati. Come, d'altronde, Gherardo Colombo, in passato pm di "Mani pulite", e il presidente dell'Anm, Rodolfo Sabelli. D'accordo nel denunciare il clima di rabbia e di veleni, non estraneo all'azione criminale dell'assassino. Il quale, non per caso, ha individuato il "luogo" responsabile del proprio fallimento (in senso letterale) proprio nel palazzo di Giustizia.
di Marzia Paolucci
Italia Oggi, 13 aprile 2015
È arrivata la volta buona per il Garante nazionale dei diritti dei detenuti: invocato e promesso dal ministro Cancellieri che l'aveva fatto inserire tra le diverse misure oggetto di un ddl governativo del 2013 ma portato a casa solo ora dal ministro Orlando con un più agile decreto ministeriale dell'11 marzo scorso, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 31 marzo scorso ed entrato in vigore già il giorno dopo, cita lo stesso dettato del decreto.
di Paolo Bozzacchi
Italia Oggi, 13 aprile 2015
Un altro passo verso la presunzione d'innocenza europea. La Commissione Libertà Civili dell'Europarlamento ha infatti blindato la nuova proposta di direttiva in materia, inserendo nuovi emendamenti che dissuadono le autorità giudiziarie nazionali dal fare dichiarazioni sulla colpevolezza di un condannato prima del giudizio definitivo, o che violino i principi dell'onere della prova (che spetta alla pubblica accusa), quello di rimanere in silenzio durante gli interrogatori e quello di essere presenti fisicamente al proprio processo.
"La presunzione d'innocenza è un diritto fondamentale e anzitutto un principio essenziale che intende garantire da abusi giudiziari e giudizi arbitrari nei procedimenti penali", ha dichiarato la francese Nathalie Griesbeck, relatore del provvedimento in Commissione. "La proposta di direttiva nasce dal fatto che notiamo un'erosione del principio di presunzione di innocenza in diversi Paesi membri", ha aggiunto la Griesbeck.
E i nuovi emendamenti richiedono ai Paesi membri di vietare alle autorità giudiziarie locali di dare informazioni "incluse interviste e comunicazioni in collaborazione con i media, che potrebbero creare pregiudizio o biasimo nei confronti di indagati o accusati prima della sentenza finale in tribunale". L'Europarlamento invita anche i Paesi membri a promuovere l'adozione di codici etici, in collaborazione con i mezzi d'informazione.
E il codice etico dovrebbe poter essere applicato anche all'operato dei professionisti della giustizia. Il rovesciamento dell'onere della prova dall'accusa alla difesa, poi, è giudicato "inaccettabile" dalla Commissione Libertà Civili. "Qualsiasi tipo di beneficio in merito", precisa il documento, "dovrà riguardare l'indagato o l'accusato".
Un altro aspetto precisato è quello che gli indagati o accusati non dovranno essere considerati colpevoli semplicemente perché esercitano il loro diritto di rimanere in silenzio". L'esercizio di questo diritto "non deve mai essere considerato come una conferma di una tesi sui fatti occorsi". Con l'approvazione della Commissione ora inizia il negoziato con il Consiglio Ue per poi arrivare alla formale proposta di direttiva.
di Paolo Bozzacchi
Italia Oggi, 13 aprile 2015
Diritti fondamentali meno garantiti in Italia, anche a causa della crisi. È una delle conclusioni del Rapporto "L'impatto della crisi sui diritti fondamentali nell'Unione europea", presentato in sede di Commissione Libertà Civili dell'Europarlamento.
Preso in esame dal 2008 al 30 giugno 2014, lo studio ha avuto come oggetto i Paesi più colpiti dalla crisi economica: Italia, Spagna, Grecia, Portogallo, Irlanda, Belgio e Cipro. E in generale ha sottolineato come i principali processi di riforme e le misure legislative adottate (spesso tagli lineari) per contrastare la crisi, abbiano impattato piuttosto negativamente sui diritti fondamentali presi in esame, cioè alla salute, all'educazione, al lavoro, alla pensione e alla proprietà. Ma anche sull'accesso e i costi della giustizia.
In Italia dal 2008 sono "aumentate del 92% le tasse per il disbrigo delle pratiche nei tribunali civili, contro un aumento di solo il 15% nei sei anni precedenti", e questo ha di fatto limitato il diritto di accesso alla giustizia. Non solo. Le parti in causa hanno visto anche lievitare altri costi aggiuntivi, tra cui "il doppio pagamento della tassa d'iscrizione per i ricorrenti quando il ricorso è irricevibile".
Sull'aumento delle tasse nei tribunali amministrativi, poi, è in corso un procedimento presso la Corte europea dei diritti dell'uomo e la Corte di giustizia europea. Stessa musica quando si richiede copia del fascicolo del caso, per la quale si sborsano "fino a 300 euro" di dazi aggiuntivi (quando si richiede copia salvata su cd o penna Usb). Inoltre il rapporto ha evidenziato come "l'accesso alla giustizia è stato complicato anche da una riforma delle condizioni di appello delle sentenze civili". In Italia è stato ridotto anche l'accesso fisico alle infrastrutture giudiziarie, visto che in questi anni sono stati chiusi o accorpati 31 tribunali, 31 pubblici uffici legali, 220 sezioni locali dei tribunali, 667 uffici di giudici di pace (su un totale di 850). Gli esperti europei invitano l'Italia "a ridurre le tasse e altri costi di accesso alla giustizia, perché non sono adatti per lo scopo dichiarato, cioè decongestionare". Per migliorare senza aumentare i costi "bisognerebbe spendere una quota maggiore del bilancio per l'informatizzazione".
di Lionello Mancini
Sole 24 Ore, 13 aprile 2015
A seguire le cronache su malcostume e corruzione che a ritmo serrato coinvolgono politici, amministratori e imprenditori, sale quel senso di vertigine e di malessere che precede la paralisi dell'ottimismo. In meno di un anno abbiamo assistito agli arresti milanesi di Greganti, Frigerio & Co. (maggio 2014), quelli per il Mose a Venezia (giugno), alla retata di "Mafia Capitale" e all'epidemia dei vigili di Roma (dicembre), al caso Incalza (Firenze, marzo 2015), per finire all'inchiesta su Ischia, tuttora scoppiettante di novità, confessioni e scenari inediti.
Mentre - come ogni altra volta - il tema centrale pare essere la pubblicizzazione degli atti giudiziari depositati, i media danno voce a personaggi pubblici indignati e offesi, sospinti a dimettersi se titolari di una carica, mentre altri si difendono ricordando di essere pensionati e dunque non capiscono "lo sputtanamento" orchestrato nei loro confronti.
Se è comprensibile la reattività delle persone non indagate, lo sono molto meno gli argomenti utilizzati per convincere l'opinione pubblica di essere soltanto vittime di inquirenti spregiudicati, di avversari che manovrano inquirenti spregiudicati, di giornalisti deontologicamente scadenti. In frangenti simili, nulla va escluso a priori: la gogna mediatica esiste e spesso la realtà dei fatti ha annichilito le fantasie più fervide.
Ma la stessa prudenza andrebbe posta nell'esporre scusanti e narrazioni taroccate, persino offensive dell'intelligenza degli italiani. Prendiamo le intercettazioni. Si invoca una legge che faccia cessare lo scandalo. Ma quale scandalo? Quello dell'utilizzo da parte dei pubblici ministeri?
Conviene ignorare per brevità la tiritera sull'abuso, i costi, la privacy violata eccetera eccetera, sempre - e solo - intonata quando le inchieste coinvolgono colletti bianchi di medio-alto livello.
Riguardo, invece, alla diffusione delle notizie, i giornalisti sanno benissimo quali intercettazioni, informative o verbali, è doveroso rendere noti e quali no perché sfregiano gratuitamente l'immagine e l'onore di qualcuno.
Non servono altre leggi: basta seguire la deontologia professionale - come peraltro dovrebbero fare pubblici ministeri, politici, amministratori, burocrati, imprenditori, consulenti, professionisti eccetera - rinunciando allo specioso paravento del "dovere di cronaca", dato che il giornalista non "deve" pubblicare, bensì "scegliere" cosa pubblicare.
Forse sarà dispiaciuta a Giulio Tremonti la notizia della richiesta di autorizzazione a procedere per corruzione, ma il suo disagio deve fermarsi un gradino prima di quello spettante al diritto di sapere che una Procura indaga su una parcella di 2,4 milioni incassata dal suo studio proprio mentre lui era un potente ministro. Lo stesso gradino dovrebbero occupare l'indignazione di D'Alema per l'accostamento fra i traffici degli indagati e i loro interessi enologici ed editoriali e quella di Maurizio Lupi, ormai ex ministro per il sostegno dato ai propri parenti.
Dice D'Alema che lui non indice gare, che il vino di famiglia è super e che ha tutti i diritti di coltivare allo stesso tempo vigneti e passione politica; inoltre, aggiunge, i sostenitori ischitani di Italiani Europei non sono che tre "delle migliaia di persone" che incontra battendo il Paese in lungo e in largo.
Appunto: dato che continua a contare migliaia di followers in carne, ossa e voti, qualche dettaglio etico andrebbe curato meglio per schivare ogni malignità. Ma da politici esperti e navigati (e dopo le sberle subìte dal Pd) ci si aspetterebbe qualcosa di più del solito "zero reati".
Sgomenta notare come dopo anni di mea culpa e promesse di rettitudine, possa resistere tanta autoreferenzialità. Forse molti uomini pubblici si sentono rassicurati dalla sperimentata certezza che - dove un normale cittadino rischia galera, beni e reputazione - essi non corrono il pericolo di vedersi emarginati dai network relazionali costruiti in anni di potere, né di perdere il diritto ai loro possenti vitalizi.
- Giustizia: Società Italiana Psichiatria; chiusura Opg, vero nodo assistenza su territorio
- Lettere: giustizia e cambiamento
- Lettere: fanno quel che vogliono, e chiamano informazione il circo mediatico-giudiziario
- Frosinone: Falanga (Fi) visita carcere e chiede di calenderizzare ddl indulto e amnistia
- Treviso: Ente Parco Sile, convenzione con i detenuti per i lavori sociali