www.radicali.it, 11 gennaio 2015
Nei giorni scorsi, il carcere di Rossano (Cosenza), è nuovamente ritornato in Parlamento. Come al solito, ad occuparsi delle reiterate violazioni dell'Ordinamento Penitenziario commesse dallo Stato in danno dei cittadini privati della libertà personale, è l'Onorevole Enza Bruno Bossio, Deputato del Partito Democratico e membro della Commissione Bicamerale Antimafia che, da circa un anno, unitamente ai Radicali, sta effettuando numerose ispezioni nelle Carceri della Calabria. Questa volta, gli atti di Sindacato Ispettivo, non riguardano però pestaggi o maltrattamenti come nelle precedenti occasioni ma, viceversa, il mancato rispetto - da parte del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria - del principio della territorialità della pena e cioè della possibilità per i detenuti condannati di espiare la propria pena o, per gli imputati di trascorrere la misura cautelare inframuraria, in Istituti Penitenziari prossimi alla residenza delle famiglie. Ma non è tutto perché l'attenzione della Parlamentare Democratica è stata rivolta anche all'operato della Magistratura di Sorveglianza di Cosenza, del Direttore dell'Istituto Penitenziario di Rossano e del Provveditore Regionale dell'Amministrazione Penitenziaria della Calabria.
Al Guardasigilli Andrea Orlando, il Deputato Bruno Bossio, con due distinte Interrogazioni (le nr. 5/04399 e 5/04400 del 08/01/2015), la cui risposta sarà fornita nella Commissione Giustizia di Montecitorio presieduta dall'On. Donatella Ferranti, ha chiesto di conoscere esaustive informazioni in merito ai fatti riscontrati durante l'ultima visita ispettiva svolta nel giorno di Natale al Carcere di Rossano insieme ad Emilio Quintieri dei Radicali e Gaspare Galli e Francesco Adamo dei Giovani Democratici di Cosenza.
In parte, sia le lamentele afferenti il mancato rispetto del principio della territorialità della pena che le problematiche con la Magistratura di Sorveglianza, erano state già oggetto di altra Interrogazione Parlamentare al Governo Renzi (la nr. 5/03559 del 16/09/2014), allo stato rimasta inevasa e per la quale l'On. Bruno Bossio ha sollecitato risposta essendo ampiamente decorsi i termini previsti dal Regolamento della Camera dei Deputati.
La popolazione ristretta nel Penitenziario rossanese ha denunciato alla delegazione in visita la scarsa presenza del Magistrato di Sorveglianza nell'Istituto e, nello specifico, la mancata attività ispettiva da parte dello stesso all'interno dei locali di detenzione; altre lamentele hanno riguardato l'impossibilità di avere colloqui con il Direttore dell'Istituto e con il Provveditore Regionale dell'Amministrazione Penitenziaria come prevede la normativa vigente in materia. Per questi motivi è stato chiesto di conoscere se e quali informazioni disponga il Ministro della Giustizia, se non ritenga opportuno disporre degli accertamenti e se e quali iniziative di competenza intenda assumere anche con riferimento alla possibilità di incrementare l'organico dell'Ufficio di Sorveglianza di Cosenza (composto soltanto da 2 magistrati) avente giurisdizione su ben 4 Istituti Penitenziari (Rossano, Cosenza, Paola e Castrovillari).
Per quanto riguarda, invece, la territorialità della pena, il Deputato ha chiesto al Ministro della Giustizia di conoscere se e quali informazioni disponga in merito e quale sia il suo orientamento al riguardo, quante siano le istanze di trasferimento - definitivo o temporaneo - formulate nell'anno appena trascorso ed indirizzate ai competenti Uffici del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria o, in alternativa, con reclamo giurisdizionale, all'Ufficio di Sorveglianza di Cosenza, quante tra queste siano state accolte e quante ne siano state rigettate nonché quante siano, allo stato, quelle rimaste inevase e quali siano i motivi di tale ritardo; quante siano le istanze di trasferimento pendenti innanzi detti Uffici ed entro quali tempi si prevede che le stesse possano essere definite. In conclusione, l'On. Enza Bruno Bossio, ha chiesto "cosa si intenda fare per garantire ai detenuti che l'espiazione della pena o, l'esecuzione della custodia per gli imputati, avvenga in Istituti prossimi alla residenza delle famiglie e, qualora esistano valide ragioni che non consentano di poter rispettare il principio di territorialità dell'esecuzione penale, se non si ritenga doveroso consentire agli stessi di ottenere dei trasferimenti temporanei - a giudizio dell'interrogante non inferiori ai 6 mesi - per poter fruire dei colloqui riconosciutigli dalla Legge Penitenziaria al fine di mantenere e migliorare i contatti ed i legami con i propri familiari e le altre persone autorizzate e, comunque, aventi diritto".
di Vincenzo Pane
La Sicilia, 11 gennaio 2015
Un parapiglia non da poco quello che si scatenò all'interno del carcere di San Cataldo il 17 giugno 2010, quando venti detenuti vennero alle mani, scatenando una mega rissa nella quale rimasero contusi sei ospiti della casa circondariale e tre agenti della Polizia penitenziaria.
Adesso i venti detenuti sono chiamati a rispondere dell'accusa di rissa davanti al giudice monocratico Simone Petralia, a conclusione dell'indagine coordinata dal sostituto procuratore Santo Distefano. E sarà il processo, attualmente in corso, a fare luce sulle cause che scatenarono la maxi rissa, che venne sedata grazie all'intervento della Polizia penitenziaria, e sulle dinamiche con cui si è svolta.
Davanti al Tribunale monocratico sono imputati Giuseppe Mirulla (23 anni, catanese), Antonino Cattareggia (28 anni, di Messina), Giovanni Clemente (35 anni, di Catania), Francesco Leotta (49 anni, di Catania), Vincenzo Lafata (nato in Tunisia 54 anni fa), Mariano Calabrò (29 anni, di Barcellona Pozzo di Gotto), Pietro Musarra (27 anni, di Catania), Rosario Laudani (41 anni, nato in Germania), Costantino Talio (27 anni, di Taormina), Giovanni Moccia (33 anni, di Napoli), Massimo Ascione (25 anni, di Napoli), Angelo Paraninfo (26 anni, di Licata), Alessio Virzì (35 anni, di Palermo), Gianmario Zanca (39 anni, di Palermo), Giuseppe Viglianesi (35 anni, di Catania), Andrea Belladonna (47 anni, di Mussomeli), Angelo Passalacqua (31 anni, di Catania), Mario Marghella (45 anni, di Catania).
A difenderli gli avvocati Massimiliano Bellini, Letterio D'Andrea, Pietro Luccisano, Giuseppe Ragazzo, Donatella Singarella, Antonia Lo Presti, Renato Penna, Rosalba Murgio Liuzzo, Viviana Giugno, Carmela Zarcone, Gaetano Giunta, Domenico Laudani, Alessandro Billè, Salvatore Falzone, Vania Giamporcaro, Giuseppe Glicerio, Vito Melfi, Salvatore Ferrante, Maurizio Abbascià, Giuseppe Antoci ed Angelino Alessandro. A marzo si torna in aula per ascoltare alcuni testimoni.
di Fausto Cerulli
Il Garantista, 11 gennaio 2015
Per essere garantista, stavolta mi tocca prendere le difese di Berlusconi, nei confronti del quale non nutro, per usare un eufemismo, soverchia simpatia. Mi riferisco alla vicenda della depenalizzazione della evasione fiscale nel caso in cui l'evasione non superi il tetto del 3% dell'imponibile. Non voglio entrare nel merito del decreto, che fa comunque parte di quelle norme che agevolano l'evasione invece di combatterla, Voglio invece intervenire sul fatto che un decreto, da valere fino a prova contraria, erga omnes, venga sottoposto a censura solo perché agevola, tra gli altri, anche Berlusconi.
Passiamo, con queste censure, dalle leggi ad personam alle leggi contra personam... Non mi importa se questo decreto faccia parte del patto del Nazareno, anche se il funambulo Renzi, pensandoci su per qualche giorno, lui che è cosi veloce nelle decisioni "confindustriofile", ha infine ammesso non solo di essere a conoscenza dell'articolo sospetto del decreto, ma di averlo escogitato proprio lui. Ma torno al garantismo: Berlusconi è stato condannato a quattro anni di reclusione per il reato di evasione fiscale, con conseguente diminuzione dei diritti civili o almeno di parte di essi.
A guardare anche fuggevolmente la giurisprudenza in merito, non si trova traccia di una pena così gravosa per questo tipo di reato. E qui scatta la prima violazione del garantismo: una pena speciale per un imputato speciale, alla faccia della Costituzione che prevede l'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Io sono dell'opinione che le norme contro l'evasione fiscale debbano prevedere pene più severe di quelle attuali, ma debbano prevederle, come dice la parola, per i reati futuri e soprattutto le debbano prevedere per tutti.
Ricordo che i difensori di Berlusconi sostenevano che, essendo il loro cliente uno dei maggiori contribuenti di questo Stato per sua natura "elusivo", non sarebbe stato giusto condannarlo per una evasione tutto sommato quasi insignificante rispetto alle somme da lui versate, come tasse, nelle casse dello Stato. Ma Berlusconi è stato condannato, e oggi il famoso e discusso decreto prevede proprio che si debba fare un rapporto tra imponibile dichiarato e l'evasione.
Un rapporto che, se applicato al Cavaliere, gli avrebbe evitato la condanna. Arrivo a dire che se il decreto dovesse passare, Berlusconi potrebbe chiedere i danni per condanna ingiusta, ma non voglio giungere a tanto. Quello che importa rilevare è che la stampa e la cosiddetta sinistra della sinistra fantasma, sono insorti contro quell'articolo del decreto non perché poteva agevolare l'evasione, ma soltanto e perché finiva per favorire, tra tutti i cittadini, anche Berlusconi.
Viene così ventilata l'idea che una legge può essere considerata giusta o ingiusta non in considerazione della sua valenza, ma in considerazione di chi ne viene colpito e di chi ne viene agevolato. Siamo con questo all'incredibile, sul piano legale e su quello del buon senso. Un quotidiano come La Repubblica, che non può essere considerato neppure per celia berlusconiano, ammette qualcosa: cita la sentenza di condanna di Berlusconi, ed è costretto a ricordare che in essa si legge come il Cavaliere, nell'anno incriminato, abbia dichiarato un imponibile di 397 milioni di euro, beato lui, mentre gli accertamenti puntualmente condotti sulle sue dichiarazioni, abbiano accertato un reddito effettivo di 410 milioni, con una evasione dunque del 4,9 per cento.
Una magra evasione, ancora più magra per il 2003: reddito dichiarato 312 milioni, reddito accertato 320 milioni, una differenza ancora minore della precedente; 0,70 per cento. Queste percentuali sono costate a Berlusconi una condanna a quattro anni di reclusione. Ma il funambolo Renzi, dopo molto cogitare, ha promesso che cambierà quell'articolo del decreto, articolo da lui stesso incluso nel decreto. Siamo in un paese in cui le norme vengono cambiate a furore di popolo e di stampa. Sembrerà, questo, un articolo che manco Sallusti, ma è il giusto prezzo da pagare al garantismo.
Adnkronos, 11 gennaio 2015
"Nel carcere bolognese della Dozza, ieri pomeriggio, un detenuto ha aggredito due ispettori e un agente della polizia penitenziaria. I due ispettori hanno riportato lesioni giudicate guaribili in quindici giorni, mentre l'agente in sette giorni". A riferirlo, in una nota, Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe e Francesco Campobasso, segretario regionale.
Il detenuto, si legge nella nota, "era ricoverato in infermeria, da dove era stato appena dimesso e doveva rientrare nel reparto detentivo, ma all'invito più volte rivoltogli dal personale di polizia penitenziaria ha risposto con una violenta aggressione. I due ispettori e l'agente sono stati colpiti più volte ed hanno dovuto fare ricorso alle cure mediche".
Nel carcere di Bologna i detenuti presenti sono 680. "Riteniamo - sottolineano ancora Battista e Durante - che debbano essere assunte le necessarie iniziative disciplinari a carico del detenuto, oltre a quelle penali che l'autorità giudiziaria riterrà opportuno intraprendere, dopo la denuncia del personale di polizia penitenziaria coinvolto".
Ansa, 11 gennaio 2015
Quali risultati sono stati ottenuti? Quali criticità permangono? Cosa fare per migliorare la qualità dei servizi di chi vive ristretto? La Comunità di Sant'Egidio e il Provveditorato dell'Amministrazione penitenziaria della Campania hanno organizzato un convegno per parlare dei problemi della salute nel carcere dopo la riforma che ha sancito il passaggio della medicina penitenziaria dal ministero di Giustizia alle Asl. L'appuntamento è per martedì 13 gennaio alle 10 nel carcere di Poggioreale.
Tra gli interventi: Roberto Di Giovanpaolo, presidente nazionale Forum Salute dei detenuti; don Virgilio Balducchi, ispettore generale dei cappellani delle carceri; Francesco Cascini, vicecapo Dipartimento Amministrazione Penitenziaria; Stefano Caldoro, presidente della Regione Campania. Conclude Andrea Orlando, ministro della Giustizia.
www.siracusanews.it, 11 gennaio 2015
I brani degli Stadio saranno interpretati, rigorosamente dal vivo, giovedì 22 gennaio alle ore 14, dalla cover band "Ultimo Stadio" in concerto presso la casa circondariale di Siracusa "Cavadonna". Un concerto pensato per i detenuti al fine di creare un momento di sincera vicinanza nel pieno delle emozioni e sensazioni che solo la musica può regalare a chi vive un momento particolare della sua vita. Due diverse realtà che trovano un punto di incontro nella musica, perché la musica può abbattere qualsiasi tipo di confine. Un momento conviviale per offrire serenità e divertimento a tutti, da coloro che la musica la portano sempre dentro. L'idea del concerto era nata per il periodo natalizio ma purtroppo per motivi organizzativi è stato posticipato a gennaio.
La band nasce dalla voglia di un gruppo di amici di suonare insieme, ispirandosi alla grande musica italiana degli anni 80 e 90. I membri del gruppo sono: Salvatore Correnti - bassista - la cui attività di musicista risale agli anni 70 dopo un periodo di fermo di qualche anno ricomincia la sua attività musicale con varie formazioni locali dove da il suo contributo e mette a disposizione la propria esperienza ai vari gruppi.
Loris Amato - batterista - già membro del pluripremiato "Trio amato" di Canicattini Bagni, il citato Trio porta al seguito incisioni di parecchi album musicali nonché un enorme bagaglio di concerti nelle varie città d'Italia. Sandro Sciascia - Piano Tastiere e Sint - Palermitano di origine con una lunga carriera musicale alle spalle sia con gruppi musicali sia di intrattenimento serale piano-bar, nonché proveniente da una famiglia di musicisti.
Nuccio Russo - chitarra elettrica ed acustica - inizia a suonare da ragazzo da autodidatta, partecipa a diverse formazioni e dopo una pausa musicale riprende la propria attività in diversi gruppi e Carmelo Castobello - voce solista - cantante dalla lunghissima esperienza e dalla voce strepitosa ed inconfondibile.
Ansa, 11 gennaio 2015
Le vittime di violenza, in particolare di violenze domestiche o di stalking come le donne, da oggi saranno più sicure in tutta Europa. Entrano infatti in vigore da oggi le nuove norme Ue che fanno sì che gli ordini di restrizione, protezione e allontanamento siano validi in tutti i 28 paesi Ue.
Una volta emessi da uno stato membro, infatti, mediante una semplice certificazione saranno riconosciuti in tutta l'Ue in modo rapido e immediato. Ora, infatti, ha spiegato la commissaria Ue alla giustizia Vera Jourova, "la nuova procedura garantirà alle vittime di violenza, siano esse donne o uomini, la protezione che meritano per andare avanti con la propria vita". Secondo i dati citati da Bruxelles, una donna su tre almeno una volta nella sua vita è vittima di violenze.
Queste invece, da adesso in poi, ha sottolineato la commissaria, "potranno scegliere di vivere in un altro stato membro dell'Ue o di andare in vacanza senza temere per la propria sicurezza". Le misure europee, in vigore dall'11 gennaio 2015 dopo essere state adottate tra il 2011 e il 2013, consistono in due strumenti distinti, rispettivamente la direttiva sull'ordine di protezione europeo e il regolamento sul riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia civile. Insieme, garantiscono il riconoscimento degli ordini di protezione emessi per tutelare le vittime di violenza in qualsiasi stato membro (solo la Danimarca non vi partecipa, in linea con l'opt-out sui temi della giustizia concessole con il Trattato di Lisbona).
In questo modo chi ha subito abusi domestici potrà d'ora in avanti viaggiare in sicurezza al di fuori del proprio paese di origine grazie al semplice trasferimento dell'ordine di protezione che lo tutela dall'aggressore. Fino ad oggi, invece, le vittime dovevano avviare procedure complesse per estendere gli effetti di una misura di protezione nazionale agli altri paesi Ue, ed erano costrette ad avviare una procedura diversa per ogni paese. "Le vittime di violenza - ha concluso Jourova - ora potranno far valere i propri diritti anche al di fuori del loro paese, ovunque vadano in Europa".
www.cn24tv.it, 11 gennaio 2015
Un detenuto, proveniente dall'Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), avrebbe aggredito violentemente un agente di polizia penitenziaria che è dovuto ricorrere alle cure del pronto soccorso. Il fatto, che è avvenuto ieri, sabato 10 dicembre, intorno alle 14.30 nel carcere di Arghillà (Reggio Calabria) è stato denunciato da Angelo Macedonio, Segretario Regionale del sindacato degli agenti penitenziari, il Sippe.
Secondo la ricostruzione fornita da Macedonio il detenuto, dopo aver effettuato una telefonata, si sarebbe improvvisamente scagliato contro l'agente del reparto, procurandogli delle contusioni multiple al torace e al polso destro; ferite considerate guaribili in cinque giorni. Grazie all'intervento di un altro agente, è stato possibile chiamare i rinforzi e calmare l'uomo.
"Il Carcere di Arghillà - affermano dal Sippe - doveva essere il fiore all'occhiello dell'Amministrazione Penitenziaria ma, a quanto pare, non può considerarsi tale vista la gravissima carenza del personale che non consente una gestione ottimale della struttura. Il carcere ... infatti, ospita 220 detenuti uomini e 38 detenute donne che vengono gestiti solo da 85 poliziotti penitenziari, molti dei quali distaccati da altri istituti".
"Questo carcere - aggiunge il segretario Macedonio - inaugurato nel 2013, fu definito una 'struttura di civiltà' ma ogni giorno, proprio per la grave carenza di risorse umane, i poliziotti sono costretti a lavorare 12 ore al giorno e vedere sacrificati i loro diritti di lavoratori".
Il Sippe, nei prossimi giorni, invierà una nota alle autorità competenti per chiedere quali iniziative si intendano adottare per scongiurare che il penitenziario "possa trasformarsi in una polveriera", così come - conclude il segretario del sindacato - "quello di Velletri (Roma) dove quasi ogni giorno si registrano gravi eventi critici".
di Davide Angelilli
Il Manifesto, 11 gennaio 2015
La tecnica della "dispersione" è utilizzata con lo scopo preciso di disintegrare i legami politici e umani dei prigionieri e rimarcare la differenza tra i detenuti "sociali" e quelli "politici".
Come accade ogni gennaio, quando l'anno è ancora in punta di piedi, il movimento popolare basco già prende la rincorsa. Ieri, per i diritti dei detenuti e delle detenute, sono scese in piazza centomila persone. A Bilbao sono arrivati oltre 250 autobus provenienti da tutti gli angoli dei Paesi Baschi, anche numerosi solidali dall'Italia e da altri stati europei. Sono passati più di tre anni dalla decisione di Eta di porre fine alla lotta armata. Lo scorso maggio alle elezioni europee, la sinistra indipendentista - raccolta nella coalizione Bildu - si è consolidata come seconda forza politica nella Comunità Autonoma Basca e in Navarra, unendo proposte politiche alternative.
Mentre gli ultimi sondaggi in terre basche danno in traiettoria ascendente Bildu, con Podemos, la cittadinanza vive con sempre maggior disapprovazione l'atteggiamento repressivo dello Stato spagnolo che - dicono - boicotta il processo di pace. Lo scorso dicembre, la Ertzaintza, la polizia autonoma basca, ha fatto irruzione nel tradizionale mercato di Gernika per arrestare la giovane Jone Amezaga, accusata di "apologia del terrorismo" per aver attaccato uno striscione. Di fronte alla resistenza di compagni e amici della ragazza, la violenta attuazione poliziesca aveva causato diverse ferite a un'anziana di 94 anni, evidenziando l'atteggiamento ostile al dialogo delle istituzioni spagnole e il "lavoro sporco" del Partido Nacionalista Vasco.
Sare - la rete di solidarietà con i prigionieri politici - è stata la principale promotrice della giornata. Nata lo scorso anno, raccoglie cittadine e cittadini con diverse sensibilità politiche ma accomunati dall'impegno per costruire socialmente una risoluzione del conflitto che tenga conto di tutte le sue conseguenze. Chiedono un cambio radicale nella politica penitenziaria adottata dal governo spagnolo: la fine dell'isolamento e della dispersione; la messa in libertà dei prigionieri gravemente malati e sopra ai settanta anni; la fine di misure eccezionali che non rispettano i diritti umani. "Siamo coscienti che la sofferenza derivata da tanti anni di scontro rimane sulla pelle di chi ne ha sofferto le conseguenze - scrivono - però, mentre qui scompaiono le cause di nuove sofferenze, persiste e si aggrava il dolore di migliaia di persone: le detenute e i detenuti baschi, i loro cari e le loro famiglie".
"Bisogna sottolineare questa incongruenza - dice con fervore Iratxe Urizar, avvocatessa dell'Osservatorio basco per i Diritti Umani - tra la direzione che si ostina a prendere il governo spagnolo, con quello basco che gli va dietro, e la cittadinanza che non smette di lottare, tanto per il riconoscimento istituzionale di tutto ciò che ha significato il conflitto, quanto per la fine di queste insensate e persistenti misure d'eccezionalità che si accaniscono sui detenuti".
Ad oggi, sono 463 le detenute e i detenuti politici baschi. Sparsi in 44 prigioni, principalmente in territorio spagnolo e francese. Tra loro ci sono una dozzina di malati gravi, e casi di lungo isolamento totale. Questo, per esempio, il caso di Jon Enparantza, detenuto perché "avvocato di Eta", che vive da più di dieci mesi una condizione d'isolamento totale.
Il corteo è soprattutto una manifestazione civica di vicinanza a chi non solo è privato della libertà, ma anche di diritti fondamentali come la salute. "Sare, come nuovo movimento popolare, spiega Iratxe - s'è fatta promotrice della giornata di lotta, ma a scendere in piazza è un estratto sociale ancora più ampio, che oltre a dimostrare il consenso per la risoluzione sociale del conflitto, rende visibile la tragedia della dispersione per le famiglie, che questo fine settimana rinunciano alle visite per marciare dietro lo striscione". Nell'applicare la politica penitenziaria, il governo spagnolo e francese utilizza la tecnica della dispersione per disintegrare i legami politici e umani dei prigionieri e rimarcare la differenza tra i detenuti sociali e politici. Nella pratica, la dispersione estende la condanna ai cari di chi è dietro le sbarre.
Proprio lo scorso ottobre, ha compiuto quindici anni Mirentxin: una rete popolare di trasporto solidale che, grazie a un'associazione che si occupa di condurre e mantenere dei furgoncini, permette ad alcuni famigliari di visitare i loro cari nelle lontane prigioni dove si trovano.
E solo un mese prima, uno studio realizzato da diversi medici e psichiatri aveva applicato il Protocollo di Istanbul, una metodologia elaborata dall'Onu, alle quarantacinque denunce di tortura di attivisti politici baschi, dichiarandole "veritiere". La commissione contava anche della partecipazione di alcuni esperti dell'Onu per la promozione e protezione dei diritti umani nella lotta contro il terrorismo, Ben Emmerson e Juan E. Méndez, che hanno definito lo studio come un passo in avanti "verso la trasparenza e il riconoscimento dei diritti".
"Ma il governo spagnolo si gira dall'altra parte o ignora completamente anche questi organismi: firmano gli accordi internazionali ma non li rispettano", spiega ancora Iratxe. "Lo scorso sette ottobre, il Tribunale dei diritti di Strasburgo ha condannato per l'ennesima volta il regno di Spagna per non indagare sulle denunce presentate dai cittadini baschi, Oihan Ataun e Bea Etxebarria. Così siamo giunti a cinque condanne emesse da questo tribunale contro il governo spagnolo e in difesa di cittadini baschi".
Nello sguardo della giovane Iratxe si legge lo spirito della manifestazione, con appassionata determinazione ci tiene a precisare che la denuncia della giovane attivista ha colpito molto per la brutalità dei fatti. "Beatriz Etxebarria denunciò al Cpt (Committee for the Prevention of Torture, del Consiglio europeo) di essere stata aggredita sessualmente durante le prime ore dell'arresto, quando le assurde misure d'eccezionalità permettono di tenere il detenuto senza contatti con nessuno". Invece, Oihan Atun, l'altro prigioniero che ha presentato la denuncia, ancora deve essere processato.
Per il fiume umano che scende verso la parte storica di Bilbao, si incrociano mille correnti. Dall'allegra ribellione delle ragazze più giovani, alla fermezza incallita dei nonni col baschetto; dalla curiosità dei bambini che si guardano intorno dal passeggino alla compostezza delle anziane donne che nascondono tenerezza.
Sono i mille volti solidali di questi indigeni d'Europa; sono le facce della complessità, della pluralità e della molteplicità di un movimento che riesce a farsi popolo in un corteo, delle sue nuove sfide in questo nuovo ciclo che si è aperto. Sorridendo emozionata arriva Nerea. "Perché noi giovani attivisti baschi siamo cresciuti in una situazione d'eccezionalità. Siamo arrivati a ritenere normali cose che sono assurde: per ultimo il processo a ventotto giovani accusati di appartenere a Segi", la vecchia organizzazione giovanile basca. "Li abbiamo accompagnati a Madrid al processo, e per fortuna alcuni già sono stati dichiarati innocenti. Ma per altri sedici ancora deve arrivare la sentenza. È un continuo trauma, per noi, per le nostre famiglie, per ciò vogliamo con determinazione che finisca questa situazione repressiva".
Mentre si guarda intorno orgogliosa per la partecipazione, Nerea, che ha ventidue anni, spiega: "Non mi sento nazionalista, ma indipendentista e per questo rivoluzionaria, come i giovani curdi che oggi combattono a Kobane per la loro indipendenza". Più parla, più crolla la timidezza che si trasforma in fervore.
"Si è aperto un nuovo ciclo e dobbiamo continuare a lottare, perché siamo orgogliosi della nostra storia di sinistra e volenterosi per il nostro futuro".
L'ottobre scorso, Adolfo Pérez Esquivel - l'argentino premio Nobel per la pace - ha dichiarato che mantenere in prigione Arnaldo Otegi (leader storico della sinistra indipendentista) e i suoi compagni del partito socialista Herri Batasuna (Unione Popolare), reso illegale nel 2003, rappresenta una "offesa contro l'umanità".
Mentre in un altro delicato processo di pace, quello colombiano, il negoziatore della Farc ha lanciato un monito: "La pace non è il silenzio dei fucili". Lo sa bene chi lotta per la liberazione nazionale e sociale nei Paesi Baschi. Qui dietro, nell'Europa liberale, dove spesso dietro lo Stato di diritto si cela il diritto dello Stato a castigare il cambiamento.
di Mara Cacace
www.savonanews.it, 11 gennaio 2015
Un altro compleanno in carcere per Tomaso Bruno accusato insieme ad Elisabetta Boncompagni di avere ucciso l'amico Francesco Montis, l'augurio quello che possa essere l'ultimo compleanno vissuto da detenuto. Un altro compleanno in Carcere a Varanasi per Tomaso Bruno detenuto in India insieme ad Elisabetta Boncompagni con la terribile accusa di aver ucciso l'amico Francesco Montis.
Sulla pagina Facebook dedicata a Tommy imperversano da questa mattina gli auguri e nel cuore di tutti una speranza, quella che possa essere l'ultimo compleanno trascorso in carcere. Una vicenda che sta andando avanti ormai da troppo, da anni, la condanna all'ergastolo e le vicende giudiziarie che, dopo i numerosi rinvii della Corte Suprema di Nuova Delhi hanno portato finalmente alla chiusura del procedimento giudiziario.
Resta oggi l'attesa, l'attesa per la sentenza che ci si augura possa, finalmente, mettere la parola fine alla triste vicenda e possa permettere a Tommy di tornare, finalmente a casa dove ad aspettarlo ci sono gli amici che in tutti questi anni, invece che perdere la speranza, hanno portato avanti un messaggio: "Forza Tommy. Ti vogliamo Libero".
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