comune.lecco.it, 23 giugno 2019
Presentato con l'occasione il nuovo Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Lecco. Si è svolta ieri, presso la Casa Circondariale di Pescarenico, la presentazione della donazione di attrezzature da palestra per l'attività fisica effettuata dalla signora Rita Di Vivo ai detenuti della struttura. In questo modo, insieme ai figli Francesca e Luca, la signora ha voluto ricordare il marito, e padre, Ciro Cesarano, imprenditore e politico di Cinisello Balsamo.
Alla celebrazione ha presenziato la Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Milano Giovanna di Rosa che con la propria allocuzione ha chiuso gli interventi del Direttore della Casa Circondariale di Pescarenico Antonina D'Onofrio, del Sindaco di Lecco Virginio Brivio, del Garanti regionale dei diritti dei detenuti Carlo Lio e del Garante locale dei diritti dei detenuti Marco Bellotto. Alla presentazione hanno partecipato anche il Comandante, Commissario Coordinatore della Casa Circondariale Giovanna Propato, don Marco Tenderini e i collaboratori del Garante comunale dei diritti dei detenuti, Lucia Buizza, Micaela Furiosi e Paolo Casu, nonché i detenuti della Casa Circondariale.
Questa donazione esprime attenzione nei confronti della realtà delle strutture di detenzione, supporta la possibilità di creare attività di recupero e condivisione e favorisce lo sviluppo della pratica dell'attività fisica che, in un contesto di detenzione, risulta essere di grande importanza. Le attrezzature saranno distribuite nei diversi reparti e sezioni del carcere, che ricaveranno spazi al loro interno, per facilitare un clima favorevole al recupero dei detenuti, che passa anche attraverso attività di svago e ricreazione sportiva.
L'inaugurazione è stata anche l'occasione per presentare il nuovo Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Lecco Marco Bellotto [nella foto, al centro, a fianco del Sindaco], nominato lo scorso 22 marzo.
Nato a Torino nel 1965, risiede a Lecco dal 2008, psicologo e psicoterapeuta a orientamento interattivo-cognitivo, si è formato negli ambiti della devianza, della criminalità e della psicologia clinica. Ha sviluppato esperienze e competenze nell'intervento psico-sociale nell'ambito delle dipendenze, della criminalità minorile, della marginalità sociale e nel lavoro con la comunità territoriale. Dal 2005 al 2012 ha operato come psicologo consulente presso l'Istituto Penale Minorile "Ferrante Aporti" di Torino. Dal 2000 collabora con l'Associazione Comunità Il Gabbiano in qualità di psicologo psicoterapeuta e come operatore territoriale in progetti di welfare di comunità. Dal 2012 è componente del Tavolo lecchese per la Giustizia Riparativa e dal 2014 è componente del Forum Salute Mentale di Lecco.
Il momento di ieri ha inoltre consentito di avviare un percorso di collaborazione tra la Casa Circondariale, il Garante regionale dei diritti dei detenuti Carlo Lio, che svolge anche le funzioni di Difensore civico, il Garante comunale dei diritti dei detenuti Marco Bellotto e il suo gruppo di lavoro, nella logica della giustizia riparativa. Il tutto nel pieno rispetto dei principi normativi sanciti dall'articolo 27 della Carta Costituzionale e dell'Ordinamento Penitenziario.
L'Osservatore Romano, 23 giugno 2019
Medici senza frontiere denuncia situazioni sanitarie catastrofiche nel Gebel Nefusa a sud di Tripoli. Negli ultimi nove mesi, almeno 22 persone sono morte per malattie, probabilmente tubercolosi, nei centri di detenzione di Zintan e Gharyan, situati nel Gebel Nefusa, una regione montagnosa a sud di Tripoli. A denunciare la catastrofica situazione sanitaria sono gli operatori di Medici senza frontiere (Msf) impegnati in questi due centri.
Per mesi, in alcuni casi addirittura per anni, centinaia di persone, bisognose di protezione internazionale e registrate come rifugiati o richiedenti asilo dall'Unhcr sono state abbandonate in queste strutture praticamente senza assistenza. Dal settembre 2018 a oggi sono morte in media da due a tre persone ogni mese. Quando Msf si è recata sul posto per la prima volta lo scorso maggio, circa 900 persone erano detenute a Zintan, di cui 700 in un capannone sovraffollato, con a malapena quattro servizi igienici funzionanti, accesso irregolare ad acqua non potabile e nessuna doccia. "È stata una catastrofe sanitaria", ha dichiarato Julien Raickman, capomissione di Msf in Libia.
Msf chiede che le evacuazioni dalla Libia siano immediatamente rafforzate. "Questo è possibile solo se i paesi sicuri in Europa o altrove rispettano i loro obblighi in materia di asilo e se gli stati europei interrompono la loro orribile e illegale politica di respingimento forzato in Libia", sottolinea Raickman, secondo il quale "questo sistema di detenzione, alimentato dall'Europa, sta mettendo in pericolo la vita dei rifugiati".
E avevano trascorso più di un anno nei centri di detenzione in Libia molti dei 131 rifugiati che sono stati evacuati nella notte del 19 giugno dalla Libia al Niger nell'ambito del Meccanismo per il transito di emergenza (Emergency transit mechanism - Etm) gestito dall'Unhcr, l'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Le persone evacuate provenivano da Eritrea, Somalia e Sudan, e fra di loro si contano 65 minori. "È davvero impossibile non riconoscere quanto siano importanti queste evacuazioni salva-vita", ha affermato Jean-Paul Cavalieri, capo missione dell'Unhcr in Libia, ricordando che per la prima volta dopo tanto tempo questi rifugiati potranno andare a dormire sapendo che loro stessi e le loro famiglie sono fuori pericolo. Cavalieri sottolinea che si deve fare di più. "È necessario che gli stati si rendano disponibili ad aiutarci a evacuare altri rifugiati vulnerabili fuori dalla Libia", avverte.
Prima dell'evacuazione il gruppo è stato ospitato presso il Centro di raccolta e partenza (Gathering and departure facility - Gdf) di Tripoli, dopo che l'Unhcr ne aveva assicurato il rilascio da diversi centri di detenzione del paese. L'Unhcr esprime gratitudine per il sostegno ricevuto dal ministero degli interni libico e dal proprio partner LibAid per assicurare il rilascio e il trasferimento dei detenuti al di fuori dei centri. Presso il Gdf, l'Unhcr ha fornito loro cibo, riparo, assistenza medica e sostegno psicosociale nonché indumenti e kit igienici. Le persone evacuate riceveranno ora assistenza umanitaria nell'ambito dell'Etm, mentre si cercheranno nuove opzioni quali il reinsediamento.
Con questa evacuazione, nel 2019 l'Unhcr ha aiutato 1.297 rifugiati vulnerabili a uscire dalla Libia, dei quali 711 trasferiti in Niger, 295 in Italia, e 291 reinsediati in Europa e in Canada. Tuttavia, poiché sempre più persone sono condotte nei centri di detenzione dopo essere state soccorse o intercettate nel Mediterraneo centrale, è necessario trovare con urgenza altri posti disponibili. Considerato che il conflitto in corso a Tripoli non accenna a placarsi, oltre 3.800 rifugiati e migranti trattenuti nei centri di detenzione rimangono a rischio di essere coinvolti negli scontri. L'Unhcr ribadisce il proprio appello alle autorità libiche affinché tutti i rifugiati e i richiedenti asilo siano rilasciati e i centri di detenzione chiusi.
rainews.it, 23 giugno 2019
Il cardinale Simoni ha visitato il carcere e ha consegnato la lettera del Pontefice. "Tutti noi facciamo sbagli nella vita e tutti siamo peccatori. E tutti noi chiediamo perdono di questi sbagli e facciamo un cammino di reinserimento, per non sbagliare più. Quando andiamo a chiedere perdono al Signore, Lui ci perdona sempre, non si stanca mai di perdonare e di risollevarci dalla polvere dei nostri peccati".
Lo scrive Papa Francesco in una lettera inviata ai carcerati dell'isola della Gorgona (Livorno) spiegando di conoscere "la situazione non sempre facile delle carceri, pertanto non manco di esortare sempre le comunità ecclesiali locali a manifestare concretamente la vicinanza materna della Chiesa in questi luoghi di dolore e redenzione".
Da parte mia, vi incoraggio a guardare al futuro con fiducia, proseguendo con il prezioso aiuto del vostro cappellano e degli altri educatori il percorso di cambiamento e di rinnovamento interiore, sostenuti dalla fede e dalla speranza che il Signore, ricco di misericordia, ci è sempre accanto", prosegue il Papa nella lettera che si chiude con i suoi "cordiali e affettuosi saluti. Vi sento vicini nella preghiera e vi affido alla materna protezione della Madonna e mi compiaccio per l'impegno di tante persone che a Gorgona sono al vostro fianco ed operano a vostro conforto e sostegno".
La lettera del Pontefice è stata consegnata dal cardinale Ernest Simoni che ha visitato il carcere e celebrato la messa a cui hanno partecipato gli agenti della polizia, i carcerati e gli abitanti dell'Isola. Simoni ha poi raccontato gli oltre 20 anni di prigionia e lavori forzati in miniera trascorsi da lui perseguitato in Albania dal regime comunista di Hoxha. Attualmente l'isola-carcere ospita circa 90 detenuti e 50 agenti di polizia penitenziaria.
di Carlo Lania
Il Manifesto, 23 giugno 2019
Lungo il confine a partire da luglio. Fedriga: "Valutiamo la possibilità di chiedere la sospensione di Schengen". A partire dal prossimo primo luglio agenti di polizia italiani e sloveni pattuglieranno insieme il confine tra i due Paesi per fermare i migranti in arrivo dalla rotta balcanica.
L'iniziativa è frutto di un accordo bilaterale tra Roma e Lubiana e prevede anche l'identificazione veloce di quanti verranno fermati per stabilire chi ha diritto di richiedere la protezione internazionale (diritto che in realtà hanno tutti) e chi, invece, verrà respinto. "Abbiamo bloccato gli ingressi via mare e ora rafforziamo la vigilanza per proteggere le frontiere terrestri. Dopo anni, l'Italia non è più il campo per clandestini dell'Europa", ha detto ieri il ministro degli Interni Matteo Salvini.
Tanto entusiasmo per i nuovi controlli lascerebbe intendere l'esistenza di un'emergenza al confine italo-sloveno che invece non c'è, anche se i numeri delle persone arrivate negli ultimi mesi è cresciuto rispetto agli anni passati. Dai 448 migranti fermati infatti nel corso di tutto il 2018 (dati del Dipartimento della Pubblica sicurezza), si è passati ai 652 intercettati nei primi cinque mesi di quest'anno. 121 sono invece le persone bloccate nelle zone di confine con l'Austria. Il totale non fa neanche il doppio rispetto a un anno fa, e anche considerando che si tratta dei dati relativi a soli sei mesi stiamo parlando sempre di numeri molto contenuti.
Del resto solo pochi mesi fa era stato proprio il governatore leghista del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedrica, a dirsi soddisfatto della flessione registrata negli arrivi. "Le presenze di migranti dalla rotta balcanica nella regione sono diminuite del 20% in un anno", aveva spiegato a marzo parlando di un risultato straordinario rispetto a quelli che "ci dicevano che è un flusso inarrestabile". Ieri invece Fedriga è arrivato a non escludere la possibilità che la Regione possa "valutare di richiedere al governo la sospensione di Schengen", il trattato di libera circolazione tra i Paesi Ue.
C'è da dire che - per quanto limitati - i numeri degli arrivi lungo la rotta balcanica qualcosa devono pur significare. Un'indicazione potrebbe arrivare dalla Guardia di Finanza che segnala una ripresa dei passaggi nel Mediterraneo centrale, dalla Turchia alla Grecia. Aumento confermato anche dai dati forniti nei giorni scorsi dal ministero degli Interni di Ankara e che parlano di 27.536 migranti fermati dalle autorità turche nel solo mese di maggio mentre tentavano di raggiungere l'Europa.
Incremento che nulla sembra avere a che fare con la politica dei porti chiusi dell'Italia, visti i Paesi di origine delle persone fermate, la maggior parte delle quali provenienti da Pakistane e Afghanistan. Come i 100 pachistani che polizia e carabinieri hanno fermato venerdì mattina a Trieste e nel comune di San Dorligo della Valle, vicino al confine con la Slovenia, mentre camminavano divisi in piccoli gruppi. Quasi tutti, stando a quanti riferito dalla questura del capoluogo, hanno chiesto la protezione internazionale.
Critiche per la dichiarata intenzione di voler chiedere la sospensione di Schengen sono arrivate a Fedriga dall'ex presidente della Regione, oggi deputata, la dem Debora Serracchiani. "L'incapacità totale di Fedriga e del suo governo di gestire situazioni difficili si rivela da idee folli come questa", ha detto. "Senza considerare che non ricorrono assolutamente le condizioni, rialzare il confine tra Italia e Slovenia significa creare problemi alla popolazione, al commercio ai traffici transfrontalieri e ai flussi turistici senza fermare i migranti".
La Repubblica, 23 giugno 2019
"Il cinema è uno strumento di cittadinanza che serve anche ad ampliare i propri desideri di conoscenza. I detenuti sono cittadini quanto noi, stanno scontando una pena ma hanno gli stessi nostri diritti, gli stessi che aveva Stefano Cucchi. Magari ci fosse anche lui, tra loro".
Alessio Cremonini, regista del pluripremiato Sulla mia pelle, cronaca degli ultimi giorni del geometra romano morto nel 2009, entrerà in un carcere per raccontare come si fa cinema. Il 5 luglio terrà una masterclass presso la Casa circondariale di Trieste nell'ambito dello Shorts International Film Festival. Ad ascoltarlo, un gruppo di detenuti che sta seguendo un corso professionale e che a fine festival premierà il miglior cortometraggio, anche Cremonini è in giuria.
Per lui è la prima volta in un carcere, "andrò per ascoltare, il tema della masterclass sarà il rapporto fra cinema e comparto della giustizia, credo che ciò che queste persone hanno da dire sia più importante di quanto possa dire io".
Un confronto impegnativo per l'autore che ha raccontato una vicenda, come quella di Cucchi, fatta anche di carceri "ma con la differenza che gli uomini che incontrerò hanno subìto un processo mentre Stefano è morto prima. La giustizia ha fallito due volte: perché non abbiamo giudicato un uomo che aveva commesso un reato, e perché se era davvero colpevole avremmo potuto recuperarlo, come dice la Costituzione si va in carcere per essere riabilitati alla società".
Cremonini sarà alla proiezione di Sulla mia pelle il 4 luglio alle 20 al teatro Miela di Trieste, il lungo viaggio di un film partito un anno fa dalla Mostra del Cinema di Venezia, che ha contribuito alla ricerca di nuove verità sulla morte di Cucchi. "Come diceva Rossellini - conclude il regista - non mi interessa il cinema in sé, mi interessa il cinema utile. Un film dev'essere strumento di riflessione sulla realtà che viviamo. Peccato che in Italia questa funzione gli venga attribuita così poco".
di Roberto Saviano
L'Espresso, 23 giugno 2019
Lo scrittore turco è prigioniero da mille giorni, con accuse grottesche. In un paese antidemocratico con cui l'Europa continua a collaborare. Ci sono vicende delle quali parlerei ogni giorno e con chiunque, senza stancarmi mai e non per sottolineare l'atrocità dell'ingiustizia, ma per quella ingenuità che deve appartenere a chi scrive e che consiste nel credere che il racconto possa cambiare le cose, migliorarne il corso, stimolare consapevolezza, coinvolgere nuovi lettori che poi a loro volta potranno approfondire e raccontare.
E che ancora crederanno di poter cambiare le cose. A volte vale la pena dimenticare quanto siamo finiti, quanto siamo piccoli, deboli, quanto le nostre voci siano in fondo flebili, perché se lo dimentichiamo, continuiamo a parlare. A parlare per noi e per chi ha meno spazi di noi, meno voce, meno libertà.
C'è uno Stato antidemocratico ai confini dell'Europa, uno stato cui abbiamo assurdamente delegato anche la gestione delle nostre frontiere orientali, questo Stato è la Turchia. E in Turchia in carcere ci sono prigionieri politici. Dopo il fallito golpe del 2016, secondo un rapporto di Amnesty International, furono arrestati più di 120 giornalisti. Le loro famiglie sono spaventate, i loro avvocati minacciati. Tutto questo mentre le democrazie occidentali diventano sempre più deboli, tutto questo mentre anche da noi il potere spavaldo, con apparente leggerezza, minaccia scrittori, sequestra telefonini e striscioni, dileggia i contestatori in piazza, li isola, li espone alla violenza della folla. La Turchia è ciò che stiamo diventando, ma mentre scivoliamo verso l'inferno, prendiamo consapevolezza che c'è chi l'inferno lo sta vivendo sulla propria pelle e sta provando a raccontarlo.
Lo scrittore turco Ahmet Altan è rinchiuso nel carcere di Silivri dal 23 settembre 2016 per aver espresso le sue opinioni. Il 19 giugno ha superato l'orrido traguardo dei 1000 giorni di detenzione.
Ahmet Altan è stato arrestato dopo il fallito golpe del 15 luglio 2016 con accuse fantasiose che lui stesso riassume cosi: "A parte qualche mio articolo e un'unica apparizione in tv, l'imputazione di golpismo nei nostri riguardi si basa sulla seguente asserzione: si ritiene che noi conoscessimo gli uomini accusati di conoscere gli uomini accusati di essere a capo del colpo di Stato".
La situazione è grottesca e mentre osserviamo con impotenza l'esperienza di cittadini per cui non valgono gli stessi diritti di cui noi - chi sa per quanto ancora - godiamo, le persone verso cui rivolgiamo il nostro sguardo, per le quali scriviamo e firmiamo petizioni, le persone i cui destini sentiamo essere indissolubilmente legati ai nostri, continuano il loro calvario come se le loro tragedie non esistessero, come se le nostre parole non esistessero, come se non fosse tutto assurdo. E allora i 1000 giorni di Ahmet Altan in carcere in Turchia si sono piantati qui, nella mia testa, come una macchia nera, una macchia che si espande e che non arretra. E più passa il tempo, e i giorni si aggiungono a giorni, più le accuse diventano intollerabili. Accuse per reati che nemmeno esistono: dalla diffusione di "messaggi subliminali" alle "minacce intangibili", al terrorismo.
Ahmet Altan in "Non rivedrò più il mondo", il suo ultimo libro dato alle stampe praticamente dal carcere, fa delle considerazioni importanti che voglio condividere qui per mostrare cosa significhi essere uno scrittore. Altan scrive: "Loro avranno anche il potere di mettermi in carcere, ma nessuno ha il potere di tenermi in carcere. Sono uno scrittore. [...] Dovunque mi rinchiudiate, io viaggerò per il mondo sulle ali infinite della mia mente. Inoltre ho amici in tutto il mondo che mi aiutano a viaggiare: la maggior parte non li ho mai incontrati. Ogni occhio che legge quello che ho scritto, ogni voce che ripete il mio nome, mi tiene la mano come una piccola nuvola e mi fa volare sulle pianure, le sorgenti, le foreste, i mari, le città e le loro strade. Viaggio per tutto il mondo da una cella in carcere".
Ma queste parole non siano per noi consolazione. Non le ho riportate per dirvi: guardate, uno scrittore anche in carcere riesce a sopravvivere. No. Le ho riportate perché non possiamo permettere che Ahmet Altan resista un giorno di più in carcere. Nel carcere di Silivri, negli oltre 1000 giorni di detenzione, insieme ad Ahmet Altan c'è la nostra sconfitta e la prova che più forte dello Stato di Diritto e della Democrazia è la loro mancanza. Tutto questo funga per noi da monito.
rai.it, 23 giugno 2019
Con Rai Ragazzi la musica arriva oltre le sbarre. Un carcere pieno di musica e canzoni, dedicate ai figli e alle famiglie dei detenuti: è accaduto oggi pomeriggio - sabato 22 giugno - tra le mura di della Casa Circondariale "Lorusso e Cutugno" di Torino, nel concerto organizzato da Rai Ragazzi con il Sermig - Arsenale della Pace, l'Unicef e la Direzione della Casa Circondariale di Torino in occasione della Giornata Internazionale della Musica.
Ospiti d'onore, una sessantina di bambini - tra i 2 e i 14 anni - figli dei detenuti, e le loro famiglie. L'incontro, nell'auditorium del carcere, è stato scandito dai brani eseguiti dall'Orchestra e Coro del Laboratorio del Suono del Sermig, diretti da Mauro Tabasso e presentati da uno dei volti più noti di Rai Ragazzi, dalla Melevisione a Happy Dance: Lorenzo Branchetti.
"Un modo diverso per passare un poco di tempo insieme: andare a trovare il proprio papà in carcere ed assistere ad un concerto con lui. Rai Ragazzi - dice Mussi Bollini, vicedirettore di Rai Ragazzi - oltre all'impegno nel produrre, acquistare e trasmettere programmi di qualità, cerca di essere presente sul territorio con eventi che coinvolgono le diverse realtà torinesi o nazionali, in un impegno costante per una cultura dell'infanzia che deve essere sempre più incentrata sui reali bisogni dei bambini e dei ragazzi".
In scaletta, applauditissime, alcune sigle e canzoni storiche di Rai Yoyo: "Ninna Nanna Bumbi" e "Il bassotto e la giraffa" dal programma "Bumbi"; "La rabbia va in vacanza", "Sulle ali del coraggio" e "Amici!" da "L'albero azzurro", ma non mancheranno altri brani come tre movimenti dalla Kindersinfonie (la "Sinfonia dei giocattoli") di Angerer-Mozart-Haydn, "Song of Hope" di Susanna Lindmark, "The final countdown" degli Europe e "Viva la vida" dei Coldplay.
"Oggi grazie a Rai Ragazzi e all'Orchestra e Coro dell'Arsenale della Pace del Sermig - aggiunge Antonio Sgroi Presidente provinciale per l'Unicef di Torino - possiamo affermare di aver adempiuto a quanto previsto dalla Convenzione dei diritti dell'infanzia, di cui quest'anno ricorre il trentennale, agevolando il consolidamento di rapporti personali e contatti diretti con i genitori. Promuovere il mantenimento di relazioni familiari di qualità incide positivamente non solo sul genitore recluso, ma soprattutto sullo sviluppo del bambino
Corriere Veneto, 23 giugno 2019
Per festeggiare il primo posto nel campionato di terza categoria della Polisportiva Pallalpiede, la squadra dei detenuti, ieri il terreno di gioco della Casa di Reclusione Due Palazzi ha ospitato una partita tra la squadra allenata da Fernando Badon e una rappresentativa di giornalisti e consiglieri comunali, guidati dall'assessore allo Sport, Diego Bonavina. Nell'occasione, quest'ultimo ha consegnato una targa ai giocatori e ai dirigenti della Polisportiva Pallalpiede.
Redattore Sociale, 23 giugno 2019
Un dvd interattivo a fumetti aprirà le porte del carcere agli studenti delle scuole superiori di Bologna. Cinque storie di detenuti, donne e uomini, italiani e stranieri, video-testimonianze, testi, giochi, quiz e immagini, aiuteranno gli studenti a conoscere il mondo dietro le sbarre ed a formarsi una propria opinione al riguardo.
Con questo intento nasce "Wunderkammer - La Camera delle Meraviglie", dvd interattivo sul tema dell'esecuzione della pena e della fase post-penitenziaria, frutto di un percorso di collaborazione iniziato nel 2001 tra Comune di Bologna, Istituto di ricerca e formazione Iress, e associazione Gruppo Elettrogeno. Stampato in 1.000 copie, Wunderkammer verrà inviato a tutte le scuole superiori bolognesi, e presentato a giugno ai presidi, che da settembre prossimo potranno inserirlo nei percorsi formativi, integrando così le attività che gli ideatori del progetto svolgono già negli Istituti. Il dvd riassume infatti in un unico supporto multimediale le varie esperienze che Iress ha realizzato nel corso degli anni in classe, centri sociali, sedi di Quartiere e altri luoghi di aggregazione sociale della città.
Grazie al nuovo strumento, le scuole potranno quindi formare autonomamente gli studenti sul tema del carcere e della detenzione, al fine di portare i ragazzi a "costruirsi un proprio pensiero, una propria formazione", spiega Elena Di Gioia, di Gruppo Elettrogeno, oggi a Palazzo D'Accursio per presentare il dvd. Iress e Gruppo Elettrogeno, mettono inoltre a disposizione delle scuole i propri operatori, per una presentazione accompagnata del dvd, una vera e propria conferenza spettacolo con attori che recitano la parte dei cinque carcerati.
Wunderkammer renderà dunque più accessibile il complesso argomento della detenzione, non solo fornendo informazioni sulla storia ed i significati della pena e del carcere e sulle figure e le istituzioni ad essi collegate, ma consentirà anche di visualizzarne alcuni degli aspetti più significativi, a partire da personaggi, racconti, opinioni e punti di vista.
Gli studenti impareranno ad esempio cosa si può portare in cella, quali sono le strutture di detenzione a Bologna, ma anche quelle di sostegno, i progetti e le aziende che si attivano dopo che si è scontata la pena. Focus anche su tutti i numeri sulla giustizia bolognese, anche quella minorile.
Per Massimo Ziccone, responsabile Area pedagogica della Dozza, è molto importante "sensibilizzare la città, perché il carcere è sempre più visto come un luogo dove depositare i rifiuti della società".
Per Ziccone invece "una società matura deve essere capace non di espellere ma di integrare; solo con il recupero sociale infatti si possono risolvere i problemi, se li continuiamo ad espellere ritornano moltiplicati: un detenuto che esce senza ricevere aiuto è destinato a commettere altri reati". Il dvd verrà presentato domani al Teatro S. Martino: a momenti di rappresentazione teatrale si alterneranno brani video estratti da Wundrkammer.
Sempre al Teatro S. Martino, dal 28 al 31 maggio, Gruppo Elettrogeno presenta il secondo appuntamento con Il Teatro delle Necessità: verrà proiettato "Il Decalogo delle Donne", video realizzato nella sezione femminile della Dozza. Giovedì e venerdì verrà proiettato in anteprima "Storie di Montesole, ovvero l'incredibile": racconta per immagini l'esperienza del concerto "Canzoni e canzonette", a Monte Sole, nata dal laboratorio di musica condotto nella sezione penale maschile della Dozza, che ha coinvolto detenuti e non.
di Elisabetta Reale
Gazzetta del Sud, 23 giugno 2019
Un incontro di note, parole, sogni ed emozioni per la pace e contro ogni pregiudizio. Condivisione in musica, ieri mattina, alla casa circondariale di Gazzi che, in occasione della Festa europea della Musica e nel giorno del solstizio d'estate, ha accolto un evento pensato per regalare speranza e libertà, grazie al potere dell'arte che abbatte le barriere e unisce i cuori.
"Un mare di libertà in musica", il nome dell'evento, voluto fortemente dal direttore del carcere, Angela Sciavicco, dal comandante della polizia penitenziaria Antonella Machì e dal direttore artistico del "Piccolo Shakespeare" Daniela Ursino, che hanno illustrato le finalità dell'evento svoltosi nel campo da calcio dell'istituto, spazio teatrale "sotto le stelle" che raccoglie la potenza del Piccolo Shakespeare, il teatro del carcere. Musica e versi per un appuntamento che è stato subito sposato e sostenuto da molteplici realtà del territorio, civili e militari, per un sempre più fruttuoso dialogo col carcere.
"Una performance - ha sottolineato Daniela Ursino -, molto particolare grazie all'impegno di tanti, per lanciare, attraverso la suggestione della musica, un messaggio di rispetto, riscatto, senso del dovere, libertà, unione, sacrificio, fratellanza. La musica unisce e ci aiuta a sintetizzare il concetto del non giudicare l'altro. Anche verso chi ha sbagliato va tesa una mano per aiutarlo a risollevarsi". Questo lo spirito che ha animato i tanti protagonisti dell'evento, applaudito da detenuti e detenute di alta e media sicurezza. Spazio a parole di libertà e speranza, arrivate dalla voce dell'attore della compagnia della Fortezza Pippo Venuto, poi l'inno d'Italia eseguito dalla Banda della Brigata Meccanizzata Aosta diretta dal maestro Fedele De Caro che si è esibita insieme al coro "Note Colorate" diretto dal maestro Giovanni Mundo.
Musica e parole della tradizione grazie ai versi di Maria Costa, in collaborazione col centro Studio dedicato alla poetessa, presieduto da Lillo Alessandro. Versi dedicati al mare dello Stretto, alla terra di Sicilia e a Messina, tanto amata dalla poetessa, recitati dagli attori della "Libera Compagnia del Teatro per Sognare" e da altre voci d'eccezione, "attori per un giorno" scelti tra il personale del Corpo della Polizia penitenziaria, di Marina militare e Arma dei carabinieri.
A preparare gli attori l'aiuto regia del Progetto "Il Teatro per Sognare", l'attore messinese, Antonio Previti, a seguire l'allestimento Francesca Cannavò, tecnico luci Dino Privitera. Cresce la forza aggregativa di un progetto che vede la collaborazione del ministero della Giustizia, Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, Provveditorato regionale, Tribunale di sorveglianza e la presenza costante e il sostegno di Curia, Caritas diocesana (presenti ieri l'arcivescovo Giovanni Accolla e il direttore Nino Basile). Intervenuti, tra gli altri, il generale di corpo d'armata Luigi Robusto, il comandante distaccamento Brigata Aosta colonnello Luigi Lisciandro, il capitano di vascello Giuseppe Catapano, il capitano di fregata Antonio Ciacio D'Arrigo.
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