Ansa, 11 febbraio 2015
"Al Cie di Torino non ci sono jihadisti, ma il centro è uno spreco di soldi e va chiuso": è quanto afferma l'assessore di Diritti e all'Immigrazione del Piemonte, Monica Cerutti, che ha visitato il Centro di Identificazione ed Espulsione di Torino oggi, insieme al garante regionale dei detenuti, Bruno Mellano.
"Sono sempre più convinta - dice Cerutti - dell'inutilità di quella struttura e dello spreco di risorse pubbliche che rappresenta. I soldi che verranno spesi da parte del Ministero per la ristrutturazione del centro potrebbero essere utilizzati per vere politiche di integrazione". "Il Consiglio regionale del Piemonte - aggiunge - mi ha dato mandato di operare per la chiusura del Cie e per questo lavorerò, ma è anche mio interesse verificare che le condizioni degli ospiti siano il più dignitose possibili. Ho potuto riscontrare una continuità tra la gestione della Cri e la nuova gestione privata di Gepsa-Acuarinto, un dato che ci rassicura".
Attualmente gli ospiti della struttura sono 21, di cui circa il 50% è richiedente asilo, e tutti hanno precedenti penali. La capienza attuale è di 21 posti, ma sono quasi finiti i lavori di ristrutturazione che la faranno salire a 70. Però la capienza massima potenziale è di 180 posti, ed è su questi numeri che è stata lanciata la gara d'appalto.
La nuova gestione potrà quindi chiedere al Ministero di pagare lo stesso il servizio offerto fino a 90 posti. "La Croce Rossa non ha mai chiesto il pagamento di questa differenza - rimarca Cerutti - ma siamo consapevoli che è nell'interesse di un privato farlo. Il Ministero si trova davanti a due vie, o pagare la differenza, aumentare la capienza e riempire la struttura, oppure chiudere. E io sono convinta che si debba chiudere".
La Presse, 11 febbraio 2015
I diritti umani di oltre un migliaio di detenuti nelle carceri britanniche sono stati violati dal governo che ha impedito loro di votare nelle consultazioni elettorali. È quanto ha stabilito la Corte europea dei Diritti umani affermando che il divieto di fare esercitare il diritto di voto ai detenuti viola la Convenzione europea dei diritti umani che garantisce ai cittadini dell'Unione europea di partecipare alle elezioni.
La Corte di Strasburgo ha però respinto le richieste di risarcimento dei danni e delle spese legali avanzate dai 1.015 detenuti che si erano rivolti alla Corte perché non era stato loro consentito di votare in varie consultazioni svoltesi tra il 2009 e il 2011. Come ricorda la stampa britannica, quella odierna è la quarta sentenza di condanna della Corte di Strasburgo su questo argomento nei confronti di Londra.
Sia il precedente governo laburista che l'attuale governo di coalizione tra conservatori e liberal democratici non hanno prodotto provvedimenti legislativi in linea con le richieste della Corte europea. Un portavoce del ministero della Giustizia britannico ha ribadito che la questione è di competenza del governo britannico, esprimendo però soddisfazione per la decisione della Corte di respingere le richieste di risarcimento avanzate dai detenuti.
www.globalist.it, 11 febbraio 2015
È successo in Ohio, la ragazzina avrebbe picchiato a morte una bimba di due mesi, figlia di amici di famiglia. È la storia di una ragazzina dell'Ohio colpevole di aver picchiato a morte una bimba di due mesi. La tragedia si è consumata alla periferia di Cleveland.
La bambina, la cui identità non è stata rivelata, era in casa con la madre che stava facendo da babysitter alla figlia di un'amica. Sia madre che figlia erano sul divano nel soggiorno. Ad un certo punto la donna si è addormentata nel cuore della notte per poi essere svegliata dalla figlia che teneva in braccio la piccola ferita. Dopo poco si è accorta che la bimba sanguinava e aveva la testa gonfia. Immediatamente ha chiamato soccorsi ma la neonata è morta poco dopo in ospedale. La polizia del posto si è trovata ad avere a che fare con un caso del genere, vista la giovane età della sospettata.
Secondo il tribunale dello stato l'età minima per essere detenuti in un riformatorio è di 13 anni. Tuttavia pare che episodi del genere non sono una cosa del tutto inconsueta negli Stati Uniti. Secondo i dati dell'Fbi, infatti, nel 2012 ci sono stati 20 casi di bambini al di sotto dei 12 anni ad essere accusati di omicidio. La ragazzina al momento non può essere neanche processata come un adulto perché secondo la legge dell'Ohio bisogna avere 14 anni. Pare inoltre che non si sia resa conto della gravità di ciò che ha fatto, perché secondo gli agenti non mostra alcun segno di rimorso.
www.tgitalia.com, 11 febbraio 2015
Certo, la proposta sembra un po' cruenta, ma sicuramente l'esperienza può essere unica, e se si decide di trascorrere una notte in carcere, non ci sarà bisogno di colpi di testa o bravate. Infatti, sembrano essere sempre più numerosi nel mondo, secondo Repubblica, gli istituti detentivi trasformati per accogliere turisti ed amanti dei romanzi del crimine.
Si può così partecipare a speciali tour alla scoperta di celle leggendarie, come quelle dell'Eastern State Penitentiary di Philadelphia o di Alcatraz, dove per esempio trascorse numerosi anni Al Capone, della Prigione Pawiac di Varsavia o del Gedenkstätte Berlin-Hohenshönhausen di Berlino, dove la polizia segreta soleva sottoporre ad estenuanti interrogatori i detenuti. Restando nei confini nazionali, invece, si può visitare il carcere Le Nuove di Torino, dove è possibile scoprire le storie dei prigionieri politici e visitare le celle e il tenebroso bunker sotterraneo. Ma chi ha voglia di una vacanza alternativa può optare, addirittura, di trascorrere alcuni giorni "tra le sbarre". È il caso per esempio del Carcere della Corona di Stoccolma, trasformato in albergo di lusso nel 1975, prendendo il nome di Hotel Langolmen, dove si può scegliere di soggiornare in celle singole o doppie, oltre ad avere la possibilità di visitare il museo. Altri casi analoghi si hanno anche in Svizzera con il Jailhotel Löwengraben, o nel Regno Unito, dove la struttura di detenzione di Oxford è stata trasformata nel lussuoso Malmaison.
di Errico Novi
Il Garantista, 10 febbraio 2015
Il ministro della Giustizia: i reclusi protagonisti dell'evento di aprile. A parlarne erano stati proprio i penalisti. Pochi giorni dopo l'annuncio degli "Stati generali del carcere" fatto dal ministro Orlando, l'Unione Camere penali aveva chiesto allo stesso Guardasigilli, con un intervento sul Garantista, di aprire l'evento ai detenuti.
di Beniamino Migliucci (Presidente Unione Camere Penali)
Il Garantista, 10 febbraio 2015
Dopo le consuete anticipazioni su Micromega, abbiamo avuto notizia che il dottor Nicola Gratteri, Procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica di Reggio Calabria e ministro ombra del governo Renzi, ha depositato una relazione di 266 pagine con la sua proposta di riforma antimafia. Non ne conosciamo ancora il contenuto, ma già quanto riportato dagli organi di stampa conferma le preoccupazioni espresse a suo tempo dall'Ucpi, sia riguardo al metodo, sia riguardo al merito.
Ansa, 10 febbraio 2015
C'è un "evidente dualismo" tra Nicola Gratteri, "ministro ombra del governo Renzi", e il Guardasigilli Andrea Orlando, che "reca grave danno alla credibilità della Politica e all'autorevolezza del Ministro della giustizia".
Il Velino, 10 febbraio 2015
Da un mese nelle mense sono tornati a lavorare i detenuti gestiti direttamente dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. È passato poco meno di un mese, ma quel mercoledì 15 gennaio 2015, il D-Day della cooperazione sociale in carcere, ha lasciato il segno: la brusca interruzione dei servizi di mensa inframuraria nei dieci istituti di pena in cui dal 2004 altrettante coop danno lavoro a detenuti ha rappresentato un colpo dall'impatto clamoroso per le realtà coinvolte.
di Gaia Bozza
www.fanpage.it, 10 febbraio 2015
Il 17 marzo l'Osservatorio dell'associazione Antigone presenterà i dati sugli stranieri in carcere nel 2014. Ma quella dei detenuti stranieri non è l'unica emergenza, perché dietro le sbarre si continua a morire ed è presente una forte negazione dei diritti. Con il pericolo sovraffollamento per niente sventato, soprattutto "se si confondono immigrazione e terrorismo".
di Arrigo Cavallina (Volontario dell'Associazione "La Fraternità")
L'Arena, 10 febbraio 2015
L'articolo "Servono più strumenti per monitorare il carcere", sull'Arena del 24 gennaio, apre prendendo ingenuamente per buona la versione degli incidenti nella casa di reclusione di Padova data dal Sappe, sindacato della polizia penitenziaria. Scelta comprensibile: perché dubitare di quella fonte?
Riprendo dal quotidiano di Padova "Il Mattino" le affermazioni virgolettate del segretario del Sappe: "Quel che è accaduto giovedì sera è gravissimo, anche in relazione all'atteggiamento assunto da molti detenuti di nazionalità araba. Nella sezione si respirava alta tensione, con atteggiamenti palesemente provocatori da parte di buona parte dei detenuti verso i poliziotti.
All'atto dell'ingresso nel Reparto detentivo di due poliziotti penitenziari questi sono stati aggrediti e feriti senza alcuna giustificazione e le cose sono drammaticamente degenerate con urla e grida. Molti dei detenuti, di origine araba, inneggiavano ad Allah e all'Isis. Era comunque qualcosa di organizzato visto che sono stati rinvenuti bastoni e coltelli artigianali. Le manifestazioni di solidarietà e sostegno al gruppo islamista dell'Isis da parte dei detenuti arabi sono inquietanti e preoccupanti."
Tanto è bastato per scatenare immediatamente le reazioni degli esponenti leghisti. Il sindaco di Padova Bitonci: "Esprimo la mia solidarietà agli agenti aggrediti. Trovo molto preoccupante per la loro incolumità e per quella di tutti i padovani che alcuni detenuti arabi abbiano inneggiato all'Isis durante la rivolta di ieri".
Il capogruppo alla Camera Fedriga: "A Padova carcerati immigrati scatenano l'inferno inneggiando ad Allah e all'Isis, i servizi segreti israeliani dicono che il 70% delle moschee è a rischio terrorismo, ma Alfano sminuisce il problema con affermazioni irresponsabili." Il deputato Caon: "Preoccupante che, nel corso della rivolta, ci sia chi ha inneggiato all'Isis: è chiaro che il rischio è elevatissimo", occasione quindi per rilanciare gli slogan consueti: "La nostra ricetta è pronta da sempre: stop immigrazione, stop Triton, moratoria su nuove moschee e controlli ferrei su quelle esistenti, pene severissime e confisca del passaporto per chi fa apologia di terrorismo".
L'ispezione compiuta congiuntamente dal magistrato inquirente e dal capo della squadra mobile ha accertato che i fatti si sono svolti in modo completamente diverso e che l'assist del Sappe ai leghisti si basava su notizie false. Ci informa "Il Mattino", nello stesso articolo, che nel reparto dove è scoppiata una rissa tra detenuti sono alloggiate solo persone provenienti dall'est europeo, non ci sono arabi, detenuti in un altro reparto separato. Non c'era né provocazione né preordinazione; gli agenti intervenuti per sedare la rissa sono stati a loro volta aggrediti. E nessuno si è sognato di inneggiare all'Isis, che almeno in questa occasione non c'entra proprio.
Resta la ragionevole preoccupazione che dove le condizioni di vita, e tanto più se di vita incarcerata, costringono ai margini, all'esclusione, alla compressione dei diritti, alla scarsa comunicazione con la società circostante, lì potrebbero aprirsi un varco la lettura distorta e rabbiosa della religione e l'esempio terroristico.
Ci chiediamo come far emergere questo rischio eventuale, come prevenirlo o sanarlo. Probabilmente proprio chi ha la possibilità di pregare in libertà nelle moschee riconosciute, chi conosce e pratica la cultura islamica, chi è capace di guidare pubblicamente le letture religiose, chi già partecipa al pacifico confronto tra le fedi, ha la competenza e l'intuito, più di noi, di cogliere i segnali oscuri e di operare sul piano efficace delle spiegazioni, e non solo su quello dell'ulteriore compressione. Si tratterebbe quindi, per esempio, di intensificare la collaborazione con gli esponenti della comunità islamica, le cui posizioni sono state ampiamente esposte anche in precedenti articoli dell'Arena.
Gridare al lupo dove non c'è, per farne strumentalizzazione politica, e propagandare provvedimenti che andrebbero verso l'esasperazione, è il modo più certo per aggravare i fattori di rischio senza vedere e capire dove un'eventuale minaccia potrebbe invece annidarsi e in che cosa potrebbe consistere.
In questo senso sono molto apprezzabili gli interventi, citati nell'articolo dell'Arena, di due persone perfettamente informate sulla realtà del carcere di Montorio, la Direttrice Maria Grazia Bregoli, che parla di "ottimo esempio di convivenza e di capacità di integrazione, dove la solidarietà scatta subito nel momento del bisogno", e la Garante dei diritti dei detenuti Margherita Forestan, che aggiunge: "In questi anni hanno convissuto serenamente a Montorio persone di religione diversa, senza che vi siano mai state tensioni o scontri".
Anche l'associazione La Fraternità ritiene di aver dato un qualche contribuito alla costruzione di questo clima organizzando, negli anni scorsi, gruppi di dialogo interculturale, dei quali si possono scaricare e leggere ampie relazioni, per gli anni dal 2008 al 2013 alla pagina www.lafraternita.it/2011/03/progetto-intercultura. In proposito è doveroso fare memoria riconoscente di Silvana Pozzerle, che ci ha lasciati proprio un anno fa e che per prima aveva pensato e partecipato a quell'esperienza.
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