di Andrea Riccardi
Corriere della Sera, 26 settembre 2023
Centocinquantamila persone lasciano l’area dopo la resa alle truppe azere. La Russia, storica protettrice degli armeni, è impegnata altrove. Sembra una storia che si ripete: gli armeni in fuga dalle terre ancestrali, lasciando i loro abitati con le tipiche chiese dalle cupole coniche. Sta avvenendo nel Nagorno Karabakh, enclave armena di meno di 150.000 abitanti nel territorio dell’Azerbaigian, proclamatasi nel 1991, con la fine dell’Urss, Repubblica autonoma, appoggiata dall’Armenia. Le truppe azere ora hanno ottenuto la resa di quelle locali e si apprestano ad integrare la regione nell’Azerbaigian, dopo una grave crisi umanitaria che ha investito gli armeni isolati. È una storia quasi dimenticata, minore di fronte alla guerra in Ucraina. Ma legata a questa crisi. La Russia, storica protettrice degli armeni, è impegnata altrove. Nuove relazioni occidentali del governo di Erevan non colmano il vuoto della ex potenza “imperiale”, che ha 2.000 soldati in Karabakh e una base in Armenia. Ora gli armeni del Karabakh stanno partendo (attraverso l’unica via aperta pur con difficoltà), temendo per la sopravvivenza sotto il controllo azero.
di Vittorio Da Rold
Il Domani, 26 settembre 2023
120mila armeni sono in fuga dal Nagorno-Karabakh per timori di pulizia etnica, spettro che torna a terrorizzare un popolo segnato dal genocidio. Tutto questo perché Vladimir Putin ha deciso di punire l’Armenia che si è spostata verso la Nato e nel silenzio dell’occidente che difende la partnership energetica con l’Azerbaigian. Martedì le parti si siedono al tavolo a Bruxelles.
di Sergio D’Elia
L’Unità, 25 settembre 2023
Si è affacciato alla mia cella, triste perché un suo parente si è tolto la vita in carcere. Mi ha detto: “Basterebbe un gesto, poca cosa, a farci sentire ancora parte di questo mondo”.
di Antonio Pagliano
ilsussidiario.net, 25 settembre 2023
Non solo intercettazioni e separazione carriere: alla giustizia manca prima di tutto l’organizzazione. Bene Nordio a voler riformare il processo. Chiusi gli ombrelloni e in attesa che, dopo una calda estate, inizi, ahinoi, un autunno caldo, la giustizia torna a scaldare gli animi della maggioranza. La settimana appena conclusa ha infatti visto consumarsi un nuovo braccio di ferro sulle intercettazioni fra i partiti del Governo che si è concluso con il più classico dei compromessi all’italiana che salva, probabilmente solo all’apparenza, l’unità della maggioranza.
di Guido Camera
Il Sole 24 Ore, 25 settembre 2023
Nuovo strumento per la definizione anticipata del procedimento. Possibile per reati puniti al massimo con cinque anni di reclusione o con la multa. Debutta una modalità di definizione anticipata del procedimento minorile che si propone di agevolare il reinserimento e la rieducazione dell’autore di condotte criminose, premiando con l’estinzione del reato il ravvedimento operoso. A contenerla è il nuovo articolo 27-bis del Dpr 448/1988, rubricato “Percorso di rieducazione del minore”, introdotto dal decreto legge 123/2023, approvato dal Governo dopo le violenze di Caivano, Palermo e Napoli.
di Giulia Merlo
Il Domani, 25 settembre 2023
Femminicidi e violenze di genere sono un fenomeno criminale per certi versi più complessi delle mafie. Non sono legati al censo né contesto sociale e culturale, l’unico denominatore è che la vittima è una donna. Il Codice rosso è uno strumento efficace, ma il contrasto varia a seconda delle procure e della formazione.
di Luca Palamara
Il Giornale, 25 settembre 2023
Sono tornate le grida di allarme di una parte della informazione e di una opposizione movimentista pronta ad accaparrarsi una velleitaria difesa corporativa della magistratura? Quel nodo irrisolto chiamato intercettazioni. Sono tornate le grida di allarme di una parte della informazione e di una opposizione movimentista pronta ad accaparrarsi una velleitaria difesa corporativa della magistratura? Lo spunto l’ha offerto la imminente conversione del decreto legge del governo Meloni approvato lo scorso 10 agosto.
di Walter Veltroni
Corriere della Sera, 25 settembre 2023
Il figlio di Vittorio, ucciso dalle Br: “L’ultima volta che mi chiamò ero negli Usa. Disse: ti sento e sto bene”. Gli assassini: “La Braghetti l’ho conosciuta fugacemente a un incontro della Caritas. Tra noi e loro c’era una terribile asimmetria”. “Ho ucciso il professor Vittorio Bachelet il 12 febbraio del 1980 al termine di una lezione alla facoltà di scienze politiche. Lo aspettavo. Scese le scale seguito e circondato dai suoi studenti. Ero vestita come uno di loro, in giaccone, pantalone stivali, con un cappello di lana in testa. Gli andai incontro ed esplosi undici colpi. Fu un attimo. Solo mentre cadeva lo guardai, vidi i capelli grigi, gli occhiali, il cappotto blu…. Non ero stata io a individuare l’obiettivo né a condurre l’inchiesta. Il professor Bachelet era un bersaglio facilissimo, non aveva la scorta e faceva sempre gli stessi percorsi”.
di Giovanni Bianconi
Corriere della Sera, 25 settembre 2023
Sono molti i misteri destinati a rimanere tali con la sua morte: dall’assassinio “saltato” di Falcone alla strage di via dei Georgofili a Firenze, dal tentato omicidio di Maurizio Costanzo alla custodia dell’archivio del “capo dei capi”, Totò Riina. Il fatto di essere l’ultimo latitante della stagione stragista di Cosa nostra, rimasto in circolazione fino a otto mesi fa, aveva trasformato Matteo Messina Denaro in un forziere di segreti. Destinati a restare tali anche ora che è morto, dopo essere stati una dei punti di forza del suo potere. Autentico o virtuale che fosse. Un forziere che poteva aprire solo lui, cosa che s’è ben guardato dal fare quando s’è trovato faccia a faccia con i magistrati inquirenti dopo la sua cattura. “Io non mi farò mai pentito”, ha subito avvisato il pm nel primo interrogatorio. E quel “se ho qualcosa non lo dico, sarebbe da stupidi” pronunciato davanti al giudice a proposito dei beni patrimoniali posseduti, si poteva tranquillamente estendere ai retroscena delle trame mafiose di cui è stato protagonista. Comprese quelle che hanno insanguinato, inquinato e persino deviato la storia del Paese.
di Damiano Aliprandi
Il Dubbio, 25 settembre 2023
Ci sono voluti trent’anni per catturare il capo mandamento di Trapani. I tanti interrogativi sulla sua latitanza e quel blitz il 16 gennaio 2023 a Palermo mentre entrava nella clinica “Maddalena” per curarsi. L’ultimo super boss di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro, è morto. Il padrino, nato a Castelvetrano 61 anni fa, è deceduto presso l’ospedale San Salvatore dell’Aquila, un reparto adibito al 41 bis. Negli ultimi mesi, il peggioramento era inevitabile per il boss affetto da un tumore al colon al IV stadio. Non è un caso che sia stato tratto in arresto il 16 gennaio scorso, mentre stava per iniziare la seduta di chemioterapia alla clinica Maddalena di Palermo, una delle più note della città. Quando si è reso conto di essere braccato, ha accennato a allontanarsi. Non una vera e propria fuga, visto che decine di uomini del Ros, armati e col volto coperto, avevano circondato la casa di cura. I pazienti, tenuti fuori dalla struttura per ore, si sono resi conto solo dopo di quanto era accaduto e hanno applaudito i militari ringraziandoli.
- Pesaro. Radicali e +Europa in visita al carcere: “Sovraffollamento e manutenzioni necessarie”
- Reggio Calabria. Il sottosegretario Siracusano: “Nel carcere di Arghillà situazione molto critica”
- Alessandria. Visita nelle carceri Don Soria e San Michele da parte di Radicali Italiani
- Bologna. Una trasmissione radio e tv per il carcere
- Bergonzoni e Manconi, tra arte e politica, al Festival Festival del Pensare Contemporaneo di Piacenza