di Emilio Pucci
Il Messaggero, 9 settembre 2024
I meloniani lavorano da pontieri tra FI e Lega: l’ipotesi del taglio dei tempi per la cittadinanza agli studenti stranieri. “Guai se abbiamo paura di concedere diritti meritati: saremmo un centrodestra oscurantista che non si rende conto dei cambiamenti della società”. Antonio Tajani, alla festa di Forza Italia Giovani a Bellaria, è tornato a rilanciare il tema dello Ius scholae. Attribuire la cittadinanza dopo dieci anni di scuola per integrare figli di persone immigrate regolari o persone rifugiate come ucraini: la proposta di legge, annunciata nelle scorse settimane, dovrebbe essere presentata entro fine mese. Ma la posizione di FI, confermata ieri dal segretario azzurro, fa capire che non c’è alcun arretramento in vista. Anche se Raffaele Nevi, portavoce del partito, sottolinea che non è una priorità al momento, si penserà prima all’economia e alla legge di bilancio. Soltanto che i toni del ministro degli Esteri sono perentori e hanno dato non poco fastidio alla Lega.
di Camilla Conti
La Verità, 9 settembre 2024
Per il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, la Bossi-Fini “non è modificabile” prima di tutto “perché è una regola europea che è valida in tutti gli Stati europei e non solo europei” e poi perché “l’esperienza pratica ci induce a ritenere che l’alternativa per molti giovani sia venire qui soprattutto attratti dalla prospettiva economicamente più vantaggiosa di fare le sentinelle delle zone di spaccio”. Lo ha sottolineato ieri al forum Thea di Cernobbio anche in replica alle richieste della sinistra, evidenziando che “il sistema dell’ingresso con i contratti di lavoro ha segnato una qualche difficoltà, pure un qualche fallimento. Ecco perché Meloni parla di modifiche alla Bossi Fini”, perché il sistema previsto si prestava ad alcune elusioni.
di Marco Pili
luce.lanazione.it, 9 settembre 2024
Secondo Gennarino de Fazio, del sindacato Uil-pa Polizia penitenziaria, la sproporzione rispetto agli istituti penitenziari in Italia costituisce uno spreco di denaro pubblico. Carceri e immigrazione, alla luce degli attuali movimenti intra-parlamentari che stanno quotidianamente balzano agli onori della cronaca, costituiscono due tematiche particolarmente calde tra quelle affrontate dall’opinione pubblica italiana. E il Cpr annunciato da Giorgia Meloni e Edi Rama nei mesi scorsi su suolo albanese, in seguito alla denuncia di Gennarino de Fazio, riesce ad unire a pieno questi due argomenti, innestandosi nel complesso alveo dei diritti dei carcerati e degli immigrati.
Le carceri sono una polveriera. Rivolte, detenuti psichiatrici e senza dimora: la crisi inizia fuori
di Andrea Nobili*
Il Fatto Quotidiano, 8 settembre 2024
“Le carceri italiane sono una polveriera”. Un’affermazione che definisce il drammatico stato del nostro sistema penitenziario, con il suo inaccettabile numero di detenuti suicidi, e che, tuttavia, rischia di essere poco più di un grido nel vento, se non si accompagna a una ponderata analisi della situazione, finalizzata a comprendere le cause del degrado, nel tentativo di provare a individuare i possibili rimedi. Purtroppo, non sempre si parla di carcere con cognizione di causa, soprattutto nel contesto politico, ove, spesse volte, emerge un approccio ideologico bipolare che non aiuta ad affrontare il problema. Un tema così delicato richiede, invece, competenza ed equilibrio. Elementi assenti nel dibattito estivo che ha accompagnato l’adozione di provvedimenti poco incisivi, incautamente definiti da qualcuno “svuota carceri”; provvedimenti che non hanno contribuito ad alleggerire le tensioni presenti negli istituti penitenziari. Una lettura circostanziata del fenomeno carcerario suggerisce di prendere in considerazione alcuni punti critici.
di Renato Brunetta*
Avvenire, 8 settembre 2024
Serve una vera collaborazione tra società civile, imprese e sistema della giustizia per dare attuazione al principio costituzionale della “rieducazione del condannato”. Non integrare le persone abitualmente escluse dai processi di creazione di valore sociale ed economico significa trasformarle in costi sociali per le nostre comunità, in termini sia di utilizzo di risorse pubbliche che di riduzione di sicurezza sociale. Negli ultimi mesi si è riproposto in modo dirompente il problema del sovraffollamento delle carceri italiane e dell’evidente disfunzionalità del sistema penitenziario, intesa come difficoltà a svolgere la propria funzione: garantire l’equilibrio tra la sicurezza nell’esecuzione penale e la rieducazione delle persone detenute. La crisi del sistema carcerario non è connotabile come una questione di destra o di sinistra, men che mai è risolvibile con una ricetta - per così dire - politica, in cui il dato squisitamente scientifico ne risulti oscurato. Piuttosto sappiamo che l’efficienza del sistema penale è, invece, un indicatore della qualità di una democrazia, del suo livello di sviluppo e della sua capacità di riconoscere e tutelare i diritti individuali anche dove e quando il patto sociale sia stato temporaneamente infranto dalla violazione di una norma penale.
di Giorgio Paolucci
Avvenire, 8 settembre 2024
Il modello della Comunità educante e la sua efficacia con i “recuperandi”. La riforma del sistema carcerario è una sfida in cui si sono cimentati tanti governi con alterni risultati, e quello attuale non fa eccezione. Le ricette si sprecano, nessuna probabilmente è risolutiva, certo è che la soluzione non può venire dalla moltiplicazione dei penitenziari, come qualcuno continua a sostenere. Anche perché per molti proprio il periodo della detenzione diventa una scuola del crimine: anziché incontrare occasioni di rieducazione, come dice a chiare lettere l’articolo 27 della Costituzione italiana, si incontrano cattivi maestri e si esce peggiori di quando si è entrati, o si vive in condizioni tali da aumentare il senso di inimicizia nei confronti della società.
di Federico Giusti
osservatoriorepressione.info, 8 settembre 2024
I dannati della terra possono anche morire nel silenzio, dimenticati in vita e in morte. Parliamo dei detenuti che una volta varcati i cancelli di un istituto di pena vengono letteralmente dimenticati, condannati a espiare una pena che dimentica qualsiasi percorso riabilitativo. Quanto accaduto pochi giorni fa, con la morte di un giovane di 18 anni arrivato in Italia dopo il solito estenuante viaggio per l’Africa, dopo avere subito i maltrattamenti nei campi in Libia dovrebbe invece indurci a qualche riflessione. Parliamo di un giovane di appena 18 anni morto carbonizzato nella sua cella, era stato arrestato mesi fa per una rapina, era in attesa di giudizio. Non è dato sapere la dinamica dei fatti, la sta ricostruendo la Procura di Milano, ma parliamo di un caso particolare, di un giovane considerato non condannabile, da minorenne, dopo una perizia psichiatrica che lo aveva dichiarato incapace di intendere e di volere.
di Antonella Mascali
Il Fatto Quotidiano, 8 settembre 2024
L’abolizione dell’abuso d’ufficio? “Un favore ai raccomandati”. La paura della firma dei sindaci? “Una foglia di fico, la verità è che il potere non vuole essere controllato”. Le riforme della giustizia del governo di Giorgia Meloni? “Fatte senza tenere conto della realtà, in carcere ci vanno sempre i soliti noti: tossicodipendenti che delinquono a causa della loro tossicodipendenza e delinquenti abituali”. Le modifiche al reato di traffico d’influenza del ministro Carlo Nordio? “Servono a impedire che si possa dimostrare un reato come questo”. È un Nicola Gratteri a ruota libera quello che è intervenuto alla Festa del Fatto Quotidiano. Intervistato dai giornalisti Marco Lillo e Antonio Massari, il procuratore di Napoli è intervenuto su diversi argomenti: dalle riforme della Giustizia alle carceri.
di Anna Maria Greco
Il Giornale, 8 settembre 2024
L’ex pm di Mani pulite: “Non si può considerare lo stesso spazio pro capite di un’abitazione normale, cioè 9 metri quadrati”. “Se il sistema può evitare di far varcare la soglia del carcere ad una persona che non lo merita deve farlo e invece il 50% dei condannati in primo grado poi viene assolto e paghiamo al 30% dei richiedenti la riparazione per ingiusta detenzione”, dice Enrico Costa. Piercamillo Davigo lo interrompe irruento: “Anche a costo di perderne 3 mila, magari assassini?”. “Sì - insiste Costa - anche una sola persona innocente non può essere sacrificata”. Eccoli, sul palco della Festa del Fatto quotidiano, i due campioni del garantismo e del giustizialismo, a confronto sul tema: “Giustizia leggi e bavagli”.
di Giulia Merlo
Il Domani, 8 settembre 2024
In consiglio è scoppiato il caso della laica Natoli, mai dimessa, con la resa dei conti nel prossimo plenum. In Corte costituzionale ancora non è stato nominato il giudice vacante, circola l’ipotesi di nomine “a pacchetto”. Settembre sarà un mese di fuoco per due istituzioni nevralgiche nella galassia della giustizia. L’11 settembre si svolgerà il primo plenum del Consiglio superiore della magistratura e si preannuncia un corpo a corpo tra la componente laica e quella togata sul caso della consigliera in quota Fratelli d’Italia, Rosanna Natoli. Il 17 settembre, invece, è convocato il parlamento in seduta comune per tentare di eleggere il giudice costituzionale mancante ormai da novembre scorso, ma le possibilità di arrivare a un nome appaiono scarse. In entrambi i casi, il vero cuore della vicenda è il modo con cui il centrodestra di governo intende il ruolo di queste istituzioni e come si sta muovendo per gestire il suo ruolo di maggioranza, anche in relazione alla funzione di garanzia invece svolta dal Quirinale.
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